L’esercito israeliano ha intensificato l’offensiva su Gaza City, avanzando con i carri armati nei quartieri orientali e facendo esplodere veicoli blindati carichi di esplosivo nella zona di Sheikh Radwan, provocando la distruzione di abitazioni e un nuovo esodo di civili. Secondo le autorità sanitarie locali, almeno 98 palestinesi sono stati uccisi nelle ultime 24 ore, mentre 19 persone – tra cui donne e bambini – sono morte in raid aerei su abitazioni civili.
Il Ministero della Salute di Gaza ha inoltre denunciato la morte di altri nove civili per malnutrizione, inclusi tre bambini, portando il bilancio delle vittime per fame a 348, di cui 127 minori. Israele contesta queste cifre, attribuendo i decessi a «cause mediche diverse» non direttamente correlate alla scarsità di cibo registrata nella Striscia di Gaza.
Nel quartiere di Sheikh Radwan, testimoni palestinesi hanno riferito che l’esercito ha fatto esplodere da remoto veicoli blindati dismessi, causando panico tra la popolazione e danni materiali alle strutture limitrofe. Non è ancora chiaro il perché di queste azioni ma l’ipotesi più probabile, al momento, è che si tratti di una necessità tattica volta a limitare la permanenza sul territorio di Gaza di hardware militare israeliano, potenzialmente recuperabile da parte dei miliziani di Hamas.
L’escalation militare, comunque, arriva mentre Israele persegue il suo obiettivo dichiarato: conquistare l’intera Striscia di Gaza, partendo da Gaza City, roccaforte storica di Hamas, al fine di mettere in sicurezza l’intera area e renderla una zona sottoposta ad occupazione militare diretta.
Il piano include anche il salvataggio dei 48 ostaggi, di cui circa la metà vivi, ancora nelle mani dell’organizzazione armata palestinese. Tuttavia, i vertici militari israeliani, da tempo ai ferri corti con l’amministrazione civile del Paese ed in particolare con il governo, hanno avvertito il primo ministro Benjamin Netanyahu che una nuova offensiva nel cuore della città potrebbe mettere a rischio la vita degli ostaggi.
Forse proprio a causa di queste preoccupazioni domenica sera il primo ministro Netanyahu ha riunito il gabinetto di sicurezza del governo per discutere la nuova fase dell’operazione. In Israele, però, continuano a tenersi proteste contro la guerra e in favore della liberazione degli ostaggi.
Sul piano internazionale, intanto, l’International Association of Genocide Scholars – la più importante associazione internazionale di studiosi dell’argomento – ha approvato una risoluzione in cui afferma che «sono soddisfatti i criteri legali per affermare che Israele sta commettendo un genocidio a Gaza». Una decisione forte che mette Tel Aviv ulteriormente in imbarazzo di fronte alla Comunità Internazionale.
Al momento, però, non è arrivata una risposta ufficiale da parte del governo Netanyahu su questo punto ma è molto probabile che, come del resto già successo, le autorità di Tel Aviv rifiuteranno e condanneranno l’accusa con veemenza. Del resto, il governo Netanyahu anche in passato ha sempre respinto tutte le accuse di genocidio.