Home / Mondo / Bombe e allarme carestia: i bambini di Gaza muoiono di fame

Bombe e allarme carestia: i bambini di Gaza muoiono di fame

Proteste in Francia contro la crisi umanitaria a Gaza

La Knesset vota a favore dell’annessione delle comunità ebraiche in Cisgiordania. Crisi umanitaria si aggrava, condanna della Meloni

di

«A Gaza oggi non c’è una carestia causata da Israele. C’è una carestia artificiale, progettata da Hamas». A rispondere all’accusa di star usando la fame come arma per piegare la volontà combattiva dei palestinesi è il portavoce del governo israeliano David Mencer. L’accusa specifica a cui Mencer cerca di controbattere è quella lanciata da 115 agenzie umanitarie internazionali, tra cui anche Medici Senza Frontiere, Oxfam e Save the Children, le quali hanno presentato ieri una lettera in cui vengono denunciate le terribili condizioni di vita dei civili della Striscia di Gaza.

LEGGI «La Gaza del futuro. O noi o loro»: il video shock della ministra israeliana di Federico Sangalli

«I palestinesi sono intrappolati in un ciclo di speranza e dolore, in attesa di assistenza e cessate il fuoco, solo per svegliarsi e trovare condizioni sempre peggiori», hanno scritto i firmatari, prima di aggiungere che «non si tratta solo di un tormento fisico, ma anche psicologico. La sopravvivenza è come un miraggio».

Oltre 100 organizzazioni umanitarie hanno denunciato che una "carestia di massa" si sta diffondendo nella Striscia di Gaza

Non il primo appello in tal senso lanciato da organizzazioni di questo tipo, ma sicuramente un gesto significativo in un frangente in cui, a livello internazionale, crescono le pressioni su Israele affinché tenti con più convinzione di uscire dall’impasse strategica della Striscia con una soluzione negoziata e senza ulteriori spargimenti di sangue. Anche il ministero degli Esteri francese ha del resto dichiarato ieri che la malnutrizione e il «rischio di carestia» nella Striscia di Gaza devastata dalla guerra sono il «risultato del blocco imposto da Israele» sul territorio palestinese. Una presa di posizione forte sposata anche, a sorpresa, dalla Premier italiana Giorgia Meloni, che si è detta preoccupata della situazione sul campo e che ha ribadito «che la situazione a Gaza è drammatica e che nessuna azione militare può giustificare attacchi contro i civili».

Mentre arrivano queste critiche a livello internazionale, sempre più pressanti, Israele continua però con le sue operazioni militari nella Striscia.

L’Agenzia di Difesa Civile di Gaza ha dichiarato mercoledì che gli attacchi israeliani condotti nella notte hanno causato la morte di non meno di una trentina di persone in varie zone della Striscia. Otto persone, tra cui una donna incinta, sono state uccise in un singolo attacco notturno nel quartiere Tel Al-Hawa di Gaza City, mentre altri raid hanno causato violente devastazioni tanto a nord quanto a sud.

Il bilancio complessivo dei morti della giornata di ieri, come sempre in questi casi, è ancora incerto ma è altamente probabile che la conta definitiva superi di gran lunga le due decine. Un dato del resto in linea con le perdite registrate con preoccupante costanza ormai da mesi. A questi va aggiunta, poi, la decina di decessi registrata dal ministero della Salute di Gaza per malnutrizione, una causa di morte sempre più comune mentre continua la lenta e incostante distribuzione degli aiuti alimentari da parte delle agenzie legate allo Stato d’Israele.

Oltre 100 organizzazioni umanitarie hanno denunciato che una "carestia di massa" si sta diffondendo nella Striscia di Gaza
Oltre 100 organizzazioni umanitarie hanno denunciato che una “carestia di massa” si sta diffondendo nella Striscia di Gaza

Sul lato interno, invece, il mondo politico israeliano continua ad essere diviso. Il Primo ministro Benjamin Netanyahu, dopo aver perso i voti degli ultra-ortodossi a causa della coscrizione obbligatoria, mantiene ormai solo una manciata di voti alla Knesset. Per molti osservatori, il governo ha ormai le ore contate e solo la pausa estiva consentirà a Netanyahu di prolungare la sua permanenza a capo dell’esecutivo.

E mentre il Primo ministro lotta per trovare una soluzione a questa crisi, cercando di far passare al più presto una legge soddisfacente per gli ultra-ortodossi, la Knesset ha votato, ieri, una mozione in favore dell’annessione completa dei villaggi e delle cittadine israeliane in Cisgiordania. La mozione, passata con 71 voti a favore su 120, non è vincolante per il governo ma è un forte segnale che la maggioranza delle forze politiche israeliane offre un qualche tipo di supporto alla questione dell’annessione.

LEGGI Carri armati di Israele sparano sugli sfollati, ancora sangue a Gaza

Del resto, secondo quanto dichiarato da Amir Ohana, speaker del Parlamento, «la terra di Israele appartiene al popolo di Israele». Poco importa, in tal senso, che l’annessione della Cisgiordania sia praticamente impossibile sul piano pratico e che la questione degli insediamenti israeliani nei territori palestinesi sia ancora oggi uno dei maggiori punti di frizione tra Tel Aviv e la comunità internazionale. Per Ohana, in fin dei conti, la Cisgiordania «è la nostra terra. È la nostra casa. Nel 1967, l’occupazione non è iniziata; è finita, e la nostra patria è stata restituita ai suoi legittimi proprietari». Una visione evidentemente legata all’interpretazione classica di una «terra promessa» donata al popolo ebraico, più volte sostenuta dalle frange più estreme del panorama politico israeliano ma piuttosto invisa all’estero.

Anche gli operatori stanno soffrendo gravemente a causa della carenza di cibo. In una dichiarazione, i 111 firmatari, tra cui Medici Senza Frontiere (Msf), Save the Children e Oxfam, hanno avvertito che "i nostri colleghi e coloro che assistiamo stanno morendo".
Anche gli operatori stanno soffrendo gravemente a causa della carenza di cibo. In una dichiarazione, i 111 firmatari, tra cui Medici Senza Frontiere (Msf), Save the Children e Oxfam, hanno avvertito che “i nostri colleghi e coloro che assistiamo stanno morendo”.

E proprio sul fronte estero il combinato disposto di tutti questi sviluppi, continui attacchi a Gaza, crisi alimentare e politiche sempre più estreme in patria, rischia di causare il definitivo isolamento del Paese. Come dimostra anche il caso dei due israeliani arrestati in Belgio per presunti crimini di guerra o il caso della nave da crociera impossibilitata a sbarcare i turisti provenienti da Israele in Grecia a causa delle proteste, questo stato di cose inizia a pesare sui rapporti e sulle possibilità di movimento della popolazione israeliana. Sul lungo periodo, questo elemento potrebbe spingere Israele sempre più verso posizioni oltranziste, che a loro volta potrebbero alimentare risposte più severe da parte dei tradizionali alleati occidentali.

Le proteste contro il continuo delle operazioni a Gaza svoltesi negli ultimi giorni in molte città del Paese dimostra, in effetti, che questa situazione sta aggravando le divisioni tra i vari segmenti della già molto frammentata società israeliana. Israele si trova dunque bloccato in un circolo vizioso da cui difficilmente si potrà uscire senza raggiungere un accordo soddisfacente con Hamas e senza trovare una soluzione al lunghissimo conflitto tra Tel Aviv e i suoi principali vicini.

Tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *