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Proteste di massa contro Zelensky: «No a legge su anticorruzione»

Le proteste in Ucraina

I manifestanti violano il coprifuoco per contestare il presidente ucraino che ha firmato una legge che limita organismi anticorruzione

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Proteste hanno scosso nella notte tra martedì e mercoledì diverse città dell’Ucraina, tra cui la capitale Kiev, Lvov, Dnipro e Odessa. I manifestanti hanno ripetutamente violato il coprifuoco stabilito dalla legge marziale, in vigore dall’inizio dell’invasione russa del 2022, per contestare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il quale ha firmato una legge che, secondo numerosi critici, comprometterebbe l’indipendenza degli organismi anticorruzione del Paese.

Una scelta che non solo ha incontrato il deciso malcontento della popolazione, ma ha attirato contro il governo ucraino forti critiche da parte dei partner internazionali. La nuova norma conferisce infatti all’ufficio del procuratore generale – organo di nomina presidenziale – il controllo diretto sull’Ufficio nazionale anticorruzione (Nabu) e sulla Procura specializzata anticorruzione (Sap), organi nati per garantire trasparenza e legalità in Ucraina su impulso dell’Unione Europea.

proteste in ucraina

La legge permette al procuratore generale, il fedele alleato di Zelensky Ruslan Kravchenko, di riassegnare o addirittura chiudere inchieste su casi di corruzione. Zelensky ha giustificato il provvedimento affermando che queste istituzioni necessitano di essere «liberate dall’influenza russa». Il leader ucraino – dopo essersi visto con Kravchenko e i capi dei servizi di sicurezza – ha puntato il dito proprio contro l’acerrimo nemico putiniano e contro le lungaggini delle indagini anti-corruzione, promettendo una giustizia più spedita e meno esposta alle infiltrazioni straniere grazie a un più stretto legame con il potere esecutivo.

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Tuttavia, le parole del presidente non hanno placato l’indignazione popolare: centinaia di cittadini si sono radunati a Kiev per manifestare contro quella che molti vedono come un regresso verso l’era delle interferenze politiche (spesso al servizio degli interessi degli oligarchi ucraini) nei confronti del potere giudiziario e una pericolosa deriva autoritaria. «Abbiamo scelto l’Europa, non l’autocrazia», si leggeva su uno degli striscioni, mentre un altro recitava: «Mio padre non è morto per questo». Frasi che toccano un nervo scoperto: la rivoluzione di Piazza Maidan del 2014, che portò alla cacciata del presidente filo-russo Viktor Yanukovich e de facto all’apertura delle ostilità con Mosca, fu scatenata proprio dal malcontento contro la corruzione governativa e l’opposizione presidenziale al percorso di avvicinamento all’Ue.

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I media ucraini hanno anche ricordato come la mossa di Zelensky arriva dopo una campagna di repressione che nelle ultime settimane ha visto molti noti attivisti anti-corruzione arrestati dalle autorità con varie accuse, che secondo gli imputati sarebbero frutto di una persecuzione per silenziare chi contesta le modalità opache di gestione dei soldi pubblici. Per esempio, lo scorso 11 luglio la polizia ucraina ha arrestato Vitaly Shabunin, fondatore del Centro per l’azione contro la corruzione, una delle maggiori sigle dell’attivismo ucraino contro il malaffare.

L’uomo è stato accusato di aver frodato lo Stato per evitare la leva militare, ma ha negato tutti gli addebiti a suo carico e ha accusato Zelensky di stare avviando l’Ucraina sulla strada dell’autoritarismo. Lunedì scorso invece uomini dei servizi di sicurezza hanno messo sottosopra la sede della Nabu, mettendo sotto inchiesta 15 dipendenti e arrestandone due con l’accusa di essere spie russe.

Anche il Kiev Post, uno dei quotidiani più in vista del Paese, non ha esitato a parlare di una deriva putiniana da parte di Zelensky. La stessa Unione Europea ha espresso «seria preoccupazione», sottolineando che l’indipendenza delle istituzioni anticorruzione è un requisito fondamentale per l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea, un segnale del fatto che la svolta del presidente ucraino potrebbe ostacolare il percorso di adesione di Kiev all’Unione.

Anche gli ambasciatori del G7 hanno chiesto chiarimenti. Non va dimenticato inoltre come l’Ucraina – che prima della guerra era classificata come il Paese più corrotto d’Europa – debba da tempo sostenere un’intensa campagna denigratoria da parte degli ambienti isolazionisti occidentali – in particolare quelli vicini al movimento trumpista dei MAGA –, che accusano Zelensky e il suo entourage di essersi intascati milioni di dollari in forniture militari e aiuti economici e chiedono quindi lo stop dell’assistenza a Kiev.

Nonostante le rassicurazioni da parte del governo ucraino, il rischio è che venga minata la fiducia degli alleati occidentali, trasformando il disegno di legge firmato dal presidente ucraino in un boomerang per lo sforzo bellico di Kiev.

Sullo sfondo in ogni caso resta l’immagine di una democrazia – quella ucraina – incompleta e in bilico. Prima della guerra, quando versava nella corruzione e nel dominio della malavita oligarchica tipica degli Stati post-sovietici. Adesso, a causa di uno stato di guerra che si trascina brutalmente dal 2022 e che ha comportato uno stravolgimento della società ucraina.

Da tre anni il Paese è sotto legge marziale. Da tre anni vige il coprifuoco. Da tre anni ai cittadini maschi ucraini è vietato lasciare l’Ucraina, per evitare che possano sottrarsi alla leva militare. Da tre anni non è possibile svolgere elezioni, al punto che Zelensky è rimasto in carica ben oltre la scadenza del suo mandato, nel 2024. Da tre anni i partiti e i canali Tv filo-russi sono stati messi al bando. Da tre anni alla Chiesa ortodossa fedele a Mosca vengono impedite le funzioni religiose.

Si tratta di misure eccezionali, giustificate unicamente dalla condizione di emergenza bellica che però col passare del tempo rischia di diventare la nuova normalità. Proprio su questo rischio si è innestata la critica dell’Unione Europea, il cui diritto invece poggia su una concezione della democrazia liberale che naturalmente non contempla appieno lo stato di eccezione di una nazione in guerra. Come è giusto che sia, se lo scopo è quello di formare una pacifica comunità di Stati di pari livello rispetto a quella legge comune che è il diritto internazionale comunitario. Questa discrepanza rappresenterà inevitabilmente un ostacolo per l’Ucraina post-bellica, soprattutto nel caso in cui la Russia continuasse – come probabile – a rappresentare una minaccia per Kiev al punto da costringerla a conservare almeno una parte delle limitazioni delle libertà civili per ragioni di sicurezza nazionale.

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