L’intervento israeliano ha “riacceso le tensioni” nella città. Il presidente Ahmed al-Sharaa, gli scontri sono “pericoloso punto di svolta”
Dopo giorni di violentissimi scontri nella provincia meridionale di Sweida, che hanno causato oltre mille morti, il governo siriano ha annunciato la fine dei combattimenti e l’evacuazione dei combattenti tribali dalla città. “Grazie agli intensi sforzi del Ministero degli Interni per attuare l’accordo di cessate il fuoco e al dispiegamento delle forze nelle aree settentrionali e occidentali del governatorato di Sweida, la città è stata evacuata e gli scontri nei quartieri sono cessati”, ha dichiarato il portavoce del ministero, Noureddine al-Baba, su Telegram.
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Il cessate il fuoco rappresenta una fragile tregua in un contesto instabile. È il terzo episodio di violenza settaria dall’inizio dell’anno: a marzo scontri tra ex miliziani di Assad e le forze governative attuali sulla costa hanno causato oltre 1.600 morti, mentre a maggio almeno 39 drusi sono stati uccisi vicino a Damasco. Per il nuovo governo di al-Shara, consolidare il controllo sulla provincia di Sweida e garantire la coesistenza tra le comunità resta una sfida cruciale per evitare un ritorno alla guerra civile.
Rubio: “Contenere ingresso gruppi estremisti”
Il segretario di Stato Marco Rubio ha esortato Damasco a contenere “jihadisti violenti”, chiedendo alle autorità siriane di impedire l’ingresso dell’Isis e di altri gruppi estremisti nel sud del Paese. Secondo fonti diplomatiche, Israele e Siria avrebbero concordato il cessate il fuoco, mediato da Turchia, Giordania e con l’appoggio degli Stati Uniti. A dare l’annuncio è stato l’ambasciatore statunitense in Turchia, Tom Barrack, che ha definito l’intesa “una svolta” e ha invitato tutte le comunità – drusi, beduini, sunniti – a deporre le armi e costruire una nuova identità siriana unita.
BREAKTHROUGH —— Israeli Prime Minister @Netanyahu and Syrian President Ahmed al-Sharaa @SyPresidency supported by the U.S.A. @SecRubio have agreed to a ceasefire embraced by Türkiye, Jordan and its neighbors. We call upon Druze, Bedouins, and Sunnis to put down their weapons and…
— Ambassador Tom Barrack (@USAMBTurkiye) July 18, 2025
“La decisione del presidente Trump di revocare le sanzioni è stato un gesto di principio, che ha offerto al popolo siriano l’opportunità di lasciarsi alle spalle anni di sofferenze e atrocità indicibili”, scrive sempre Barrack su X. La comunità internazionale, continua, si è in gran parte schierata a sostegno del nascente governo siriano, osservando con cauto ottimismo il tentativo di transizione da un’eredità di dolore a un futuro di speranza. Tuttavia, continua Barrack “gli atti brutali delle fazioni in guerra sul terreno minano l’autorità del governo e fanno crollare ogni parvenza di ordine. Tutte le fazioni devono deporre immediatamente le armi, cessare le ostilità e abbandonare le logiche di vendetta tribale. La Siria si trova a un bivio cruciale: devono prevalere la pace e il dialogo, devono prevalere ora”.
President Trump’s decision to lift sanctions was a principled step, offering the Syrian people a chance to move beyond years of unimaginable suffering and atrocities. The international community has largely rallied behind the nascent Syrian government, watching with cautious…
— Ambassador Tom Barrack (@USAMBTurkiye) July 20, 2025
Quasi mille morti negli scontri scoppiati il 13 luglio
Gli scontri, scoppiati il 13 luglio dopo l’aggressione a un uomo druso da parte di una tribù beduina, si sono rapidamente intensificati. Milizie druse e gruppi armati beduini si sono affrontati duramente, con l’intervento delle forze governative che ha aggravato la situazione, generando sospetti che Damasco appoggiasse i beduini contro la comunità drusa. Nel conflitto è intervenuto anche Israele, tradizionalmente vicino alla comunità drusa. Tel Aviv ha colpito obiettivi militari siriani a Damasco e ha minacciato ulteriori attacchi se le truppe governative non si fossero ritirate da Sweida. Il bilancio degli scontri, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, è drammatico: oltre 940 morti in una settimana, molti dei quali civili uccisi sommariamente da forze dei ministeri della Difesa e dell’Interno.
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Il presidente siriano Ahmed Al-Sharaa, noto anche come Al-Joulani, sunnita ex membro di gruppi jihadisti ora su posizioni più moderate, ha dichiarato un cessate il fuoco immediato e ha promesso di proteggere tutte le minoranze religiose ed etniche. Ma i drusi temono persecuzioni da parte dei sunniti al potere, simili a quelle subite dagli alawiti dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad.
L’obiettivo di Israele in Siria
Il coinvolgimento di Israele risponde a due obiettivi: evitare l’insediamento di milizie filo-iraniane o jihadiste vicino ai propri confini e proteggere la minoranza drusa in Siria, in linea con l’impegno verso la propria comunità drusa interna. Tuttavia, molti leader drusi siriani respingono l’ingerenza straniera. Solo il religioso Hikmat al-Hijri ha lanciato un appello a Donald Trump e Benjamin Netanyahu, chiedendo sostegno contro il nuovo governo siriano.