La crescente polarizzazione politica alimenta non solo i partiti dell’estrema destra ma anche quelli della sinistra radicale, dalla Gran Bretagna alla Germania
Uno spettro si aggira per l’Europa, anzi due, tanto antitetici da essere speculari. Sono i fantasmi della radicalizzazione politica, di opposto colore ma egualmente virulenti, che quest’epoca di polarizzazione ci consegna, dopo che decenni di liberaldemocrazia sembravano aver allontanato le ombre del Novecento.
Negli ultimi anni i sommovimenti elettorali sperimentati in Occidente ci hanno abituato soprattutto all’ascesa del populismo di destra, un cocktail di conservatorismo sociale e revisionismo delle attuali criticità del sistema socio-economico che – mixate sotto il nome di destra sociale, invero una categoria di altri tempi – ha trasformato il malcontento diffuso in un revanchismo spesso nazionalista dal sapore nazionalpopolare.
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Tuttavia, tale fenomeno sembra ora generare una reazione inattesa. Non da parte delle istituzioni e dalle formazioni politiche tradizionali, che continuano a boccheggiare impotenti di fronte alla crisi della democrazia, ma dalle alcune emergenti forze di opposizione che hanno costruito sulla propria agguerrita (e populistica) lotta contro la destra radicale il loro successo. In Gran Bretagna, per esempio, si prepara a debuttare un nuovo partito di estrema sinistra.
Corbyn alla guida di un nuovo partito
A guidarlo dovrebbero essere Jeremy Corbyn, ex leader del Labour defenestrato dall’attuale premier Keir Starmer e beniamino della sinistra radicale, e Zarah Sultana, popolare pasionaria che siede alla Camera dei Comuni, da poco espulsa dal partito laburista per essersi opposta al taglio del welfare decretato dal governo Starmer. Per essere una formazione ancora senza nome – anche se circola quello di Alleanza progressista – sta già riscuotendo un successo inaspettato: secondo i sondaggi, potrebbe vincere il 10% dei voti in un’ipotetica elezione.
Mentre il sistema uninominale britannico tende a non essere generoso coi piccoli partiti, Corbyn e altri quattro deputati espulsi dal Labour durante la scorsa legislatura per il loro sostegno alla causa palestinese sono già riusciti alle scorse elezioni a conservare i propri seggi correndo come indipendenti. Davanti alla travolgente ascesa dell’estrema destra guidata da Nigel Farage, ormai saldamente primo nelle preferenze britanniche, molti elettori disillusi sembrano pronti a dare il loro sostegno a opzioni più radicali.
Il caso tedesco
Un sentimento questo, che non appare limitato alla sola Gran Bretagna. In Germania infatti Linke è in ascesa, al punto che nei sondaggi minaccia di scavalcare i Verdi e diventare il quarto partito tedesco dopo i cristiano-democratici, la destra populista di AfD e il Partito Socialdemocratico. Anche in questo caso la principale spinta dietro le fortune elettorali del partito tedesco sembra essere la diffusa percezione, in molti elettori non riconducibili al tradizionale bacino elettorale populista ma sensibili alla minaccia anti-democratica, che la sinistra radicale sia più attrezzata nell’opporsi all’autoritarismo destrorso in ascesa.
Retorica più aggressiva, proposte meno annacquate e un’identità chiara costruita sulla lotta al fascismo stanno premiando queste formazioni, a scapito dei partiti tradizionali. E il loro caso sembra destinato a fare scuola: negli Stati Uniti, per esempio, nel Partito Democratico cresce il – popolare – ricorso a un registro senza mezzi termini, al limite dello scurrile quasi.
Anche in questo caso definire e definirsi di fronte a un elettorato disorientato rimane l’obiettivo principale. In Italia questo fenomeno sembra per il momento meno diffuso, anche se va notato come il successo di Alleanza Verdi Sinistra – attestata attorno al 6-7% nei sondaggi – rappresenta un caso insolito per una fazione storicamente poco premiata dagli elettori italiani. Un risultato probabilmente frutto, almeno in parte, della loro contrapposizione identitaria al governo più di destra della storia repubblicana.