Il presidente Usa: «Imporremo dazi molto severi anche vicini al 100%». Bruxelles: «Abbiamo bisogno di un’area Schengen militare»
Donald Trump, il presidente degli Stati Uniti d’America, giorno nuovo, dichiarazione nuova. E con essa, nuovo caos generale nella precaria stabilità delle cancellerie dell’Occidente. «Manderò all’Ucraina i missili Patriot, ma li pagherà l’Unione europea». Così l’inquilino della Casa Bianca ha illustrato il piano di aiuti militari che dovrebbe servire a mettere in difficoltà il presidente russo Vladimir Putin. «Invieremo loro i Patriot di cui hanno disperatamente bisogno, perché Putin ha davvero sorpreso un sacco di gente», ha dichiarato Trump. «Non ho ancora concordato il numero, ma ne avranno un po’, perché gli ucraini hanno bisogno di protezione», chiarendo però che «è l’Unione europea che sta pagando per questo. Noi non pagheremo nulla».
Parlando dallo Studio Ovale, accanto a Mark Rutte, Segretario Generale della NATO, ha annunciato che gli Stati Uniti imporranno “dazi molto severi” alla Russia se non si raggiungerà un accordo di pace con l’Ucraina entro 50 giorni. E che ci saranno “dazi secondari” pari a circa il 100%.

«Putin parla in tono cordiale al mattino e poi bombarda tutti la sera». Anche se poi ha corretto il tiro: «Non lo definirei un assassino, ma senz’altro è un tipo tosto». Ciò nonostante, fonti Usa e internazionali hanno confermato che l’amministrazione Trump intende annunciare «un piano di riarmo aggressivo», comprensivo di armamenti offensivi a lungo raggio «in grado di raggiungere obiettivi in profondità nel territorio russo, inclusa Mosca».
LEGGI Trump, nuovo piano per armare Kiev: «Putin vuole prendersi tutto»
Trump promette dazi a Mosca, Kellogg vola a Kiev
A questo si aggiunge un’altra dichiarazione di Trump: «Sono davvero insoddisfatto della Russia e imporremo dazi molto severi se non avremo un accordo entro 50 giorni, anche vicini al 100%». «La Russia deve rimettere in carreggiata la propria economia», ha proseguito, «ha un enorme potenziale e dovrebbe usare le sue risorse per il commercio piuttosto che per la guerra. Parlo molto con Putin, le conversazioni sono piacevoli, ma poi non significano niente se continua a lanciare missili». A dare ulteriore sostanza a questo orientamento, ieri mattina è giunto a Kiev l’inviato speciale americano, il generale Keith Kellogg, già consigliere per la sicurezza nazionale.
«La pace attraverso la forza è il principio del presidente Trump e noi sosteniamo questo approccio», ha affermato il capo dell’ufficio presidenziale ucraino Andrij Jermak in occasione dell’incontro con Kellogg, a cui presenziava anche il leader del Paese, Volodymyr Zelensky: «Abbiamo avuto una conversazione produttiva e discusso del percorso verso la pace e di ciò che possiamo concretamente fare insieme per renderla più vicina. Questo include il rafforzamento della difesa aerea per l’Ucraina, la produzione congiunta, gli acquisti di armamenti difensivi insieme all’Europa. E, naturalmente, le sanzioni contro la Russia e coloro che la aiutano».
Ma le dichiarazioni del Cremlino tracciano una lettura diversa: «Le forniture di armi, munizioni ed equipaggiamento militare dagli Stati Uniti all’Ucraina sono continuate e continuano», ha asserito il portavoce Dmitrij Peskov. Indice del fatto che, nella prospettiva di Mosca, le nuove dichiarazioni di Trump non aggiungono nulla di nuovo a una situazione che si protrae dal 2022. Non ci sarebbe nessun sensazionalismo o nessuna svolta, quindi. «Si è parlato molto di prezzi elevati e cose del genere. Ora sembra che queste forniture saranno pagate dall’Europa. Alcune cose saranno pagate, altre no», dicono dal Cremlino.
La questione delle spese per i Patriot
Peskov ha anche commentato la visita di Kellogg: «Per noi è molto importante che il generale, in qualità di rappresentante del presidente degli Stati Uniti, continui i suoi sforzi per fornire servizi di mediazione nel quadro dell’accordo russo-ucraino». Tuttavia, ha aggiunto che «la Russia non nutre grandi aspettative da questa visita». Nonostante l’enfasi americana sul coinvolgimento europeo nel finanziamento dei sistemi di difesa, fonti del New York Times hanno precisato che a sostenere le spese non sarà l’Unione europea globalmente intesa, ma «i singoli Stati membri».
In particolare, la Germania si è offerta di acquistare due sistemi Patriot da destinare a Kiev; la Norvegia uno. Anche se, a quanto sembra, Berlino indossa una scarpa e una ciabatta, perché da un lato dice di voler acquistare missili per conto di Kiev e dall’altro il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius dichiara: «La Germania non può assolutamente consegnare altri sistemi per la difesa aerea Patriot alle Forze armate ucraine». Al momento la Germania dispone di sei unità, di cui due già cedute alla Polonia, mentre almeno una risulta non operativa. Il ministro stesso è ora a Washington per un incontro bilaterale con il segretario americano alla Difesa, Pete Hegseth.
Pistorius ha chiarito che «l’obiettivo della visita è un coordinamento diretto e personale» e che Berlino sta valutando opzioni di approvvigionamento e redistribuzione compatibili con gli obiettivi Nato. E a raggiungerlo sarà anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il quale incontrerà il segretario di Stato Marco Rubio e il rappresentante commerciale Jamieson Greer. (È molto probabile che in quella sede la vicenda ucraina sarà messa da parte per lasciare spazio al tema dei dazi).
L’area Schengen “militare”
Nel frattempo, a Bruxelles si tenta di guardare oltre il breve termine. Il commissario europeo alla Difesa, Andrius Kubilius, ha annunciato che entro la fine dell’anno presenterà delle proposte per migliorare la mobilità militare e che «abbiamo bisogno di un’area Schengen militare». L’obiettivo, ha spiegato, è ridurre le tempistiche per il trasferimento di mezzi e truppe all’interno del continente. «Abbiamo la libera circolazione delle persone, ma non quella delle attrezzature militari», ha sottolineato, aggiungendo che «oggi ci sono solo due produttori di carri armati a pianale nell’Ue. Una lacuna critica».
Kubilius ha inoltre evidenziato la carenza di mezzi per trasporti pesanti e la scarsa protezione di snodi strategici come porti, aeroporti e stazioni ferroviarie. Dulcis in fundo, ieri, in occasione dell’anniversario della presa della Bastiglia e dello scoppio della rivoluzione francese (14 luglio 1789), il presidente Emmanuel Macron, ringalluzzito per la parata militare, ha confermato la promessa di aumentare ulteriormente la spesa per la Difesa «di fronte a un mondo più brutale».