In aumento i test del poligrafo per individuare agenti critici verso l’amministrazione Usa mentre prepara una banca dati dei cittadini
L’Fbi ha aumentato in modo significativo l’utilizzo dei test del poligrafo, comunemente conosciuta come macchina della verità, su membri del proprio personale, in quella che appare come un’operazione interna volta a individuare eventuali soggetti critici della leadership del direttore Kash Patel e, per estensione, di Donald Trump o responsabili di fughe di notizie verso i media. La notizia è del New York Times, che cita fonti interne all’agenzia.
Secondo quanto riferito, decine di funzionari e agenti sarebbero stati recentemente sottoposti a colloqui formali e test del poligrafo, anche in assenza di accuse penali o sospetti di attività illecite. In almeno un caso, un alto funzionario è stato interrogato circa eventuali dichiarazioni negative nei confronti di Patel. Un altro dipendente è stato invece convocato in relazione alla diffusione alla stampa della notizia secondo cui il direttore avrebbe richiesto un’arma di servizio, pratica considerata inusuale per la sua posizione.
Il ricordo al poligrafo per scopi interni
Il ricorso al poligrafo, strumento associato a indagini su crimini gravi o minacce alla sicurezza nazionale, può essere interpretato come un cambiamento nei protocolli abituali del Bureau. Tradizionalmente, i test vengono utilizzati per indagini riguardanti spionaggio, tradimento, o comportamenti penalmente rilevanti, e non per verificare la lealtà interna dei funzionari o la presenza di opinioni critiche verso la dirigenza. Uno dei casi emersi riguarda Michael Feinberg, ex dirigente dell’ufficio governativo di Norfolk, in Virginia, rimasto in servizio fino alla scorsa primavera.
Feinberg ha raccontato di essere stato minacciato con un test del poligrafo a causa della sua amicizia con Peter Strzok, ex funzionario del controspionaggio che aveva preso parte alle indagini sui presunti legami tra Donald Trump e la Russia, ed era stato poi licenziato dopo la diffusione di messaggi interni critici nei confronti dell’allora presidente. Sempre secondo quanto riportato dal Times, l’attuale dirigenza dell’Fbi avrebbe adottato una linea particolarmente rigida rispetto alla gestione delle informazioni e alla lealtà del personale.
Il Bureau non ha commentato ufficialmente le informazioni, limitandosi a dichiarare che si tratta di «questioni relative al personale e deliberazioni interne». Tutto ciò, però, si inserisce in un contesto più ampio che riguarda anche altre agenzie federali. Il dipartimento per la Sicurezza interna ha infatti recentemente completato la creazione di un database nazionale della cittadinanza. Il sistema integra dati provenienti da agenzie per l’immigrazione e dalla Social security administration ed è progettato per verificare in modo centralizzato lo status di cittadinanza di individui presenti nel territorio statunitense.
Il database per il controllo del possesso della cittadinanza
Secondo quanto rivelato, il database è il frutto dell’espansione del programma Save (Systematic alien verification for entitlements) e della sua integrazione con i registri della Ssa. Il sistema è accessibile a funzionari elettorali statali e locali per verificare se una persona sia cittadino americano, in particolare durante le operazioni di registrazione al voto. Fino a oggi, gli addetti dovevano chiedere ai votanti documenti specifici o accedere a fonti di dati frammentarie. Il nuovo database è stato sviluppato con il supporto del Doge, il dipartimento per l’efficienza governativa.
L’integrazione di queste informazioni ha già generato reazioni sul piano legale. In Maryland, i sindacati hanno avviato un’azione legale contro il dipartimento del Tesoro e quello dell’Istruzione, accusandoli di aver condiviso dati personali senza adeguate garanzie. Una decisione del giudice distrettuale Ellen Lipton Hollander ha temporaneamente bloccato l’accesso ai dati della Ssa da parte del Doge, affermando che «questa intrusione nella sfera personale di milioni di cittadini americani, assente di un’adeguata giustificazione, non è nell’interesse pubblico».
Inoltre, il database potrebbe presto includere anche dati delle motorizzazioni dei singoli Stati. Le modalità con cui è stato creato il sistema, senza il coinvolgimento diretto del pubblico, hanno sollevato ulteriori dubbi sul rispetto del Privacy act del 1974, che impone la notifica pubblica di ogni nuovo utilizzo dei dati da parte delle agenzie federali. In parallelo, la società Palantir è stata indicata dal New York Times come partner tecnologico nella costruzione di un mega database di dati personali per conto dell’amministrazione Trump.
Dieci membri del congresso, in una lettera indirizzata all’azienda, hanno espresso timori che un archivio del genere, se contenesse dichiarazioni fiscali e dati sensibili di milioni di americani, possa violare diverse leggi federali. Palantir ha smentito qualsiasi coinvolgimento in operazioni di sorveglianza di massa, precisando: «Non gestiamo i sistemi, non accediamo ai dati, e non prendiamo decisioni sul loro utilizzo».