Macron in visita nel Regno Unito si riunisce con Zelensky e gli altri della “coalizione dei volenterosi”: a sopresa anche l’inviato americano Keith Kellogg
Sembra suonare tutta un’altra musica in Europa da quando Donald Trump ha indurito la sua posizione nei confronti della Russia. Mentre il Presidente americano faceva la sua mezza sfuriata contro Vladimir Putin, i leader di Francia e Regno Unito, a capo della “coalizione dei volenterosi”, si incontravano a Londra. La visita ufficiale di Emmanuel Macron nella capitale britannica è continuata pure ieri, mentre oggi è in programma la riunione dei volenterosi, cui parteciperà in videoconferenza da Roma anche il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky e, per la prima volta, l’inviato speciale del Presidente americano per l’Ucraina, Keith Kellogg.
In mattinata il Presidente francese e la moglie Brigitte si sono recati in visita privata alla St George’s Chapel del castello di Windsor, dove sono stati ospitati dal Re Carlo, per deporre dei fiori sulla tomba della Regina Elisabetta II. Nel pomeriggio Macron ha tenuto un bilaterale in merito al problema migratorio. Il Regno Unito, infatti, da diversi anni lamenta la partenza dalle coste francesi di imbarcazioni di fortuna che attraversano la Manica per raggiungere la Gran Bretagna. L’accordo di cui i due leader hanno discusso ieri per far fronte alla situazione è detto “one in, one out”.
Si tratta di uno scambio bilaterale di migranti fra i due Paesi: ogni migrante irregolare che attraversa il Canale e arriva in Gran Bretagna attraverso piccole imbarcazioni verrebbe rimandato in Francia. In cambio, il Regno Unito accetterebbe un migrante dalla Francia con forti legami familiari nel Regno Unito, come una sorta di “ricongiungimento familiare”.
Macron parla al parlamento britannico
Il pezzo forte della visita, però, si è tenuto il giorno prima, quando il Presidente francese ha tenuto un discorso alle camere riunite del parlamento britannico. Come immaginabile, uno dei temi principali è stata la guerra in Ucraina, «Francia e Regno Unito sosteranno l’Ucraina, per sempre. Gli europei non abbandoneranno mai Kiev. Mai. Qualsiasi decisione prenda qualcun altro, noi andremo avanti», Macron ha voluto ancora una volta ribadire la posizione netta degli europei, o almeno di una parte di essi.
Interessante anche l’indiretta stoccata agli Stati Uniti, successivamente citati apertamente quando il Presidente francese ha dichiarato: «Dobbiamo smetterla di essere troppo dipendenti dagli Usa ma anche dalla Cina. Siamo popoli sovrani, dobbiamo proteggere il futuro dei nostri figli. Non possiamo lasciarlo alle decisioni e agli algoritmi degli altri». Non è chiaro cosa c’entri la Cina, ma certamente il riferimento all’indipendenza strategica europea non è una novità, anzi, verrebbe da dire che è uno dei capisaldi della strategia francese dai tempi di De Gaulle, tuttavia mai realizzatosi.
Il tema della guerra in Ucraina è stato ricorrente, d’altra parte, «qui c’è in gioco la sicurezza dell’Europa. Londra e Parigi daranno l’esempio, con il bastione della Nato», come detto da Macron. E mentre oggi si tiene la conferenza dei volenterosi, il messaggio mandato dai leader delle uniche due potenze europee (Russia esclusa) in possesso del deterrente nucleare è stato chiarissimo: con Kiev fino alla fine. Salvo qualche eccezione, questa è stata la comune posizione europea sin dall’inizio del conflitto. Resta ancora da sciogliere il nodo relativo a come tradurre concretamente il supporto che la coalizione dei volenterosi è disposto a dare.
I volenterosi in cerca di Washington
Fino a qualche mese fa si parlava, anche approfonditamente, di un dispiegamento di forze di peacekeeping in Ucraina dopo il raggiungimento di un cessate il fuoco duraturo. Mancando però sia il cessate il fuoco che le garanzie di sicurezza americane (senza le quali difficilmente gli europei si muoveranno da soli), non se n’è più fatto niente. Resta dunque il continuo supporto, finanziario, militare e d’intelligence da fornire a Kiev. Con le scorte belliche che però continuano ad assottigliarsi, in particolare per i vitali sistemi di difesa aerea e relative munizioni, l’unica soluzione praticabile sembrerebbe quella di convincere l’America di Trump a tornare ad un livello di sostegno simile a quello dell’era Biden.
Un’apertura in questo senso sembrerebbe essere arrivata dalle dure parole pronunciate dal tycoon contro Putin, con conseguente apertura all’invio di “armi difensive”. Secondo i media americani si tratterebbe di qualche missile intercettore per i sistemi Patriot e, forse, di una batteria antiaerea dell’omonimo sistema, che gli americani vorrebbero però fosse la Germania a fornire. Gli effetti concreti sul campo di battaglia di aiuti così esigui sarebbero pressoché nulli. Sembra dunque, almeno per il momento, che l’Europa abbia finito le sue carte da giocare.