Giorgetti: «Non mi dimetto» . Confermati gli aiuti per le imprese, rifinanziati i 780 milioni per il Ponte sullo Stretto. Tornano le norme sul Tfr
L’arrivo del nuovo maxiemendamento del governo ha una duplice missione: chiudere la partita delle modifiche e, dopo l’ennesimo rinvio, arrivare a una data certa per l’approdo nell’Aula del Senato: dovrebbe essere martedì, il condizionale resta d’obbligo. Ma soprattutto dovrebbe ricomporre le tensioni nella maggioranza che hanno accompagnato finora l’intero iter del provvedimento, alimentando il fuoco di fila delle opposizioni che sono arrivate a chiedere le dimissioni del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. “Alle dimissioni ci penso tutte le mattine, sarebbe la cosa più bella da fare personalmente… Ma siccome è la ventinovesima legge di Bilancio che faccio, so perfettamente come funziona: c’è un Parlamento, ci sono le commissioni, ci sono le proposte del Governo. Alla fine a me interessa il prodotto finale, non quello che presento io”, è stata la risposta del ministro. Che ha poi aggiunto: “Pensiamo di aver fatto delle cose giuste, crediamo di lavorare bene e nell’interesse di tutti gli italiani e i risultati vanno in questa direzione. Adesso tocca al Parlamento”.
Il nuovo articolato è arrivato in Commissione bilancio dove è ripreso l’esame dalla manovra. In Commissione anche il titolare del Mef, insieme al ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, e i sottosegretari all’Economia, Lucia Albano e Federico Freni.
Confermato il recupero delle misure per le imprese, con il rifinanziamento della Zes e del credito d’imposta di Transizione 4.0 – rispettivamente 532 milioni e 1,3 miliardi per il 2026 -, il pacchetto che si era deciso di lasciar fuori dalla legge di Bilancio ed affidare a un decreto ad hoc. Ma il vertice di maggioranza convocato d’urgenza venerdì sera a Palazzo Chigi ha azionato la retromarcia e reperite le coperture necessarie – nei piani Inps e nella rimodulazione di alcuni investimenti – sono tornate “nell’alveo naturale”, come ha detto il relatore della manovra, Guido Quintino Liris (FdI). Sul fronte delle infrastrutture, c’è il rifinanziamento dei 780 milioni per il Ponte sullo stretto di Messina, di cui 320 milioni spostati sul 2032 e 460 sul 2033 (l’emendamento poi ritirato li spostava tutti sul 2033, ndr). Ci sono, poi, le risorse per il Piano Casa, ma ridimensionate rispetto al precedente emendamento: si stanziano 100 milioni per 2026 e altri 100 per il 2027, contro i 300 complessivi nel biennio inizialmente previsti.
Dal capitolo “pensioni”, quello su cui la maggioranza si è spaccata per l’ennesima volta, resta fuori la doppia stretta sulle finestre sulle finestre mobili per le pensioni anticipate e il depotenziamento del riscatto della laurea che aveva scatenato le frizioni con la Lega; mentre si cancella la possibilità di anticipare la pensione di vecchiaia cumulando rendite della previdenza complementare, con risparmi stimati fino a 130,8 milioni fino al 2035. “L’avevamo introdotta lo scorso anno, ma pare non interessasse a nessuno. A me dispiace ma evidentemente non è stata ritenuta strategica”, ha commentato Giorgetti.


















