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Fondi a Kiev, Meloni assicura: «Siamo al fianco dell’Ucraina»

La premier interviene sulle misure di sostegno all’Ucraina e annuncia il decreto entro Natale. La Lega sbuffa

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Il vertice Nato e il Purl

L’Unione europea c’è, reagisce e resiste al fianco dell’Ucraina. Dopo una giornata nerissima e buia – stop della Bce all’uso degli asset russi per finanziare la resistenza di Kiev, stop alla trattativa di pace, persino Trump che dice “l’Ucraina è un casino” – ieri è tornato un po’ di sereno. E le idee si sono fatte un po’ più chiare a Bruxelles dove la Commissione ha lavorato sulla ricerca di dei miliardi necessari a Kiev e, a pochi chilometri di distanza da palazzo Berlaymont, i ministri degli Esteri della Nato riuniti nel quartier generale della Nato hanno ribadito “la pressione su Mosca e il sostegno a Kiev”. Non sono solo parole. Sono milioni di dollari di aiuti e armi: il Regno Unito ha messo a disposizione altri 10 milioni di sterline “specifiche per proteggere e riparare le infrastrutture energetiche”; il Canada ha aderito al Purl e ha dato 200 milioni per comprare le armi americane da dare all’esercito ucraino; altrettanto ha fatto l’Olanda che ha versato 250 milioni. Germania, Polonia e Norvegia investono 500 milioni in Patriot. “Siamo qui, non ce ne andiamo” dice Rutte a Putin. Ben 2/3 dei paesi hanno aderito al Purl per una somma che supera già i miliardi. 

La dichiarazione della premier

L’Italia non c’è ed esce dal suo torpore solo in serata quando Giorgia Meloni, impegnata in una conferenza nei paesi del Golfo, stoppa retroscena e derive leghiste: “Il decreto per le armi all’Ucraina sarà approvato entro Natale”.  La premier è convinta così di chiudere le polemiche per il rinvio, nel consiglio dei ministri di oggi, della quarta approvazione del decreto-quadro sugli aiuti a Kiev. La Lega vuol chiudere i rubinetti. Lo ha detto chiaro. E di certo ieri Tajani non ha placato il mal di pancia di Salvini ipotizzando da Bruxelles l’uso dei soldi del Mes (meccanismo di salvaguardia per le banche) per fare il famoso e necessario, a questo punto urgente, prestito a Kiev. A Roma, quando hanno letto la proposta, i leghisti hanno chiarito: non se ne parla. Così in serata la premier prova a chiarire a rassicurare, “l’Italia è al fianco dell’Ucraina”. Ma il problema è che non fornisce armi, non compra cioè le armi pesanti che servono alla contraerea e a difendere quel che resta del Donbass. Ha dato il via libera al 12° pacchetto di aiuti militari (contenuto top secret) che però sappiamo essere poca cosa non per scelta ma perché non abbiamo molto da dare. Fatti due conti, Roma ha messo meno soldi di tutte le cancellerie europee.

Le iniziative dell’Ue

Ma usciamo dalle ambiguità italiane e concentriamoci sui lenti passi in avanti europei. Prima di tutto i soldi. Senza, la guerra finisce nel senso che l’Ucraina viene invasa. La presidente Von der Leyen e il commissario Dombrovskis ieri hanno fatto una conferenza stampa per chiarire cosa succede ora dopo lo schiaffo della Bce che ha detto no (sarebbe una violazione dei Trattati) all’uso degli asset russi congelati in Europa e soprattutto in Belgio. La Commissione mette sul tavolo due soluzioni: debito comune Ue, garantito dal bilancio pluriennale dell’Unione (il cosiddetto headroom, il margine dato dalla differenza tra impegni e pagamenti) e un “prestito di riparazione” basato sui beni congelati alla Banca centrale della Federazione Russa. L’esecutivo Ue, da quanto spiegato, propende per la seconda opzione. Per realizzare la prima opzione (il debito Ue garantito dal bilancio) occorrere l’unanimità dei 27, assai improbabile viste le posizioni dell’Ungheria di Viktor Orban tra l’altro sempre meno isolato. La Commissione ha allora preparato cinque proposte giuridiche, in vista del Consiglio Europeo del 18 e 19 dicembre su cui discuteranno i leader. Con le proposte di oggi, ha detto von der Leyen, “garantiremo all’Ucraina i mezzi per difendersi e portare avanti i negoziati di pace da una posizione di forza. Proponiamo soluzioni per contribuire a coprire il fabbisogno finanziario dell’Ucraina per i prossimi due anni, sostenere il bilancio dello Stato e rafforzare la sua industria della difesa, nonché la sua integrazione nella base industriale di difesa europea”. Il prestito di riparazione si formerebbe “utilizzando i saldi di cassa derivanti dagli asset russi immobilizzati nelle banche Ue, con solide garanzie per i nostri Stati membri”. In altre parole, “prendiamo i saldi di liquidità, li forniamo all’Ucraina come prestito, e l’Ucraina deve rimborsare questo prestito se e quando la Russia pagherà le riparazioni: questa soluzione può essere approvata con votazione a maggioranza qualificata e tiene conto di tutte le osservazioni fatte dal Belgio”. L’obiettivo è coprire le esigenze di finanziamento dell’Ucraina per i prossimi due anni, ovvero 90 miliardi di euro. La parte restante sarà coperta dai partner internazionali. Questa la proposta. Vedremo ora cosa succederà nelle interlocuzioni con i  singoli Stati e con il Parlamento. Una cosa è certa: “Questi soldi servono a costruire la pace”. 

Lo stop ai combustibili russi

L’altra buona notizia per von der Leyen è lo stop definitivo ai combustibili russi. E l’inizio di “una nuova era per l’indipendenza energetica”.   L’accordo – ancora provvisorio ma completo – segna l’alba di una nuova era caratterizzata dalla piena indipendenza energetica del continente dalla Russia (gradualmente dalla fine del ’26) che è sempre stato l’obiettivo del piano RepowerEu. “Molti pensavano che non sarebbe stato possibile invece oggi è successo. Ora siamo pronti ad aprire collaborazioni con nuovi partner affidabili” ha detto von der Leyen. In cerca di qualcosa che dia sostanza e prospettiva al lavoro di questi mesi. Ne va della sua leadership che, a sua volta, è nel mirino della propaganda di Mosca. Che, va detto, ieri ha reagito malissimo sia al taglio dei fossili che all’uso, seppure indiretto, dei miliardi russi congelati in Europa.

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