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Da porta a voce, Casalino direttore di giornale. Così Iervolino sfida i ‘big’

Le manovre nel mondo dell’editoria del produttore cinematografico italo-canadese e il futuro dell’ex portavoce di Conte

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C’è chi ha un passato da televenditore, chi da star del reality. E poi c’è Rocco Casalino: ex portavoce di Giuseppe Conte e stratega della comunicazione del Movimento 5 Stelle.

Adesso, con indubbia disinvoltura, si reinventa direttore di giornale. Non male come salto: dalla verità di partito alle verità della stampa “libera”, (si spera).

«Quando siamo entrati in Parlamento abbiamo sofferto di un giornalismo troppo partigiano, cioè troppo legato ai partiti. Io credo che il giornalista debba proprio avere un ruolo diverso rispetto ai partiti. Voglio fare uno sforzo ma non sarà facile: sono stato 15 anni dirigente di un partito avevo un incarico a tempo indeterminato: cercherò di raccontare i fatti senza allontanarmi dalla politica».

Andrea Iervolino dietro il sipario

E qui subentrano annunci ufficiali e indiscrezioni: dietro il sipario c’è Andrea Iervolino, il produttore cinematografico italo-canadese. L’ambizione è la creazione di un gruppo editoriale online + cartaceo, nuove testate + acquisizioni, tutte sotto l’egida della “stampa libera”.

Un nuovo polo per sfidare i grandi nodi. L’ingresso nel gran teatro dell’editoria all’italiana: l’arrivo di un nuovo giocatore che vuole sfidare Monti, Gedi, gli Angelucci e i Caltagirone, (quei gruppi che da anni fanno la parte dura del gioco mediatico-industriale).

Casalino direttore di punta di uno di questi progetti. Il claim suona perfetto per lo scenario:

«Voglio una realtà in cui i direttori e i giornalisti possano dire ciò che pensano». Insomma: il grande vecchio modello degli imperi editoriali – famiglia, controllo, palazzi – guardato di traverso da un nuovo soggetto che professa «libertà d’espressione».

C’è qualcosa di romantico nella narrazione: l’eroe della comunicazione che si fa giornalista per ribaltare un sistema troppo ingessato.

Ma c’è anche qualcosa di perfettamente funzionale: il portavoce che diventa il frontman dell’operazione editoriale; l’editore cinematografico che diversifica in editoria; il “giornalismo libero” che suona tanto come “non controllato dai potenti”. A quanto risulta da fonti attendibili, Iervolino sarebbe disposto a mettere sul piatto un tesoretto da 150/200 milioni. Con la premessa che «non vogliamo fare giornali di partito» stante che «Conte è la persona in assoluto più sottovalutata». Il direttore-giornalista, dunque, che già fa il tifo per un leader perché il leader «non ha più bisogno» di lui. Fuoriscena perfetto.

I precedenti da Berliguer a Togliatti

Casalino, del resto, non è il primo portavoce a non voler smettere di parlare. È una malattia professionale: quando per anni si parla per conto di, poi diventa irresistibile l’idea di parlare per sé.

Berlinguer aveva bisogno di Tatò o comunque di uomini discreti e quasi invisibili; Andreotti usava la parola come lama e i suoi portavoce erano scribi di palazzo; Togliatti comunicava con l’aria e con le pause; Craxi aveva un’armata di voci ma solo lui decideva il tono; Prodi, invece, sussurrava più che parlare, e i suoi portavoce erano diplomatici più che comunicatori.

Tutti, però, sapevano che il microfono era un oggetto pericoloso. Che anche le sillabe si pesavano. Casalino ha cambiato la grafica.

Amava il microfono anche ai tempi della piattaforma 2.0. Certo, ha avuto anche i suoi inciampi. I più celebri li ricordiamo tutti: il linguaggio troppo spietato del “fuori onda”, il risentimento come forma di comunicazione. Immaginatevi la scena: 32 mesi consecutivi da uomo-microfono, demiurgo del pensiero grillino, ombroso stratega che sembrava aver rubato il telecomando a tutti – e adesso, in un colpo di renitenza molla il palco e torna al primo amore: il giornalismo.

Migra verso il piano B, senza sfuggire alla retorica della “sfida”. Vuole mettersi alla prova:

«Lascio un incarico prestigioso a tempo indeterminato per tornare a fare quello che amo di più ma non lascio la politica, continuerò ad occuparmene in altro modo» , ribadisce.

Casalino da portavoce-ombra a portavoce-star

Per quasi tre anni è stato bersaglio preferito di chiunque volesse attaccare il popolo grillino Ha fatto della scene-making un’arte involontaria: un pugno nell’occhio per chi ricorda il profilo sobrio di portavoce leggendari, quelli che passano un po’ alla storia senza trasformarsi in meme. Ed ora eccolo nell’accampamento del “nemico” . «Nel 2013 fummo attaccati da tutti, eravamo giovani, entusiasti, con i nostri valori, non ci aspettavamo quell’accoglienza così negativa. La nostra reazione fu il risultato della paura».

Conseguenza di quella paura furono alcuni scivoloni clamorosi. La conferenza stampa di Conte all’esterno di Palazzo Chigi intorno al famoso tavolino orchestrata da Casalino. “Arte povera”, “sceneggiata da reality”, “quando l’istituzione si riduce a un banchetto”, spararono i quotidiani.

E come dimenticare l’audio contro i funzionari del Mef: «Se non usciranno i soldi per il reddito di cittadinanza… mega vendetta… corsa ai coltelli… pezzi di m….». O le ferie di Ferragosto saltate “per colpa” del Ponte Morandi collassato nel giorno sbagliato.

Fu stravolta in un nano secondo la sintassi del portavoce classico. Nessuno era arrivato a tanto. Ci si limitava casomai a ispirare i retroscena sotto la formula «fonti autorevoli di Palazzo Chigi fanno sapere», sicuri che scrivendo sotto dettatura non ci sarebbe stata smentita. Ma senza quel piglio guerresco, le minacce, gli insulti, le black-list.

Prima di Casalino, dicevamo, figure azzimate, discrete, curavano l’immagine del leader con mano ferma mai invasiva. Tatò, Intini, Sircana, Andreani. Profili che non entravano nei riflettori. Casalino ha invertito i ruoli: da portavoce-ombra a portavoce-star. E forse anche per questo ha attirato invettive (o tanto amore rancoroso) da tutti i fronti: non era “uno che passa note”, era uno che appariva.

Interviste, libri-memoria, aneddoti auto-offerti. In un momento di tv verità Casalino ha ammesso di sentirsi un po’ come “Chance”, il giardiniere analfabeta interpretato da Peter Sellers, fuori posto dinanzi alle élite mondiali: «Io, Angela Merkel, Donald Trump, Vladimir Putin, Emmanuel Macron e Conte: e mi sono chiesto “Che ci faccio qui?”».

La vita prima del Gf

La biografia parla per lui: infanzia in Germania, origini pugliesi, il diploma tecnico commerciale, la laurea in ingegneria gestionale; Il resto è la parabola di qualcuno che ammette di aver avuto un “coming-out” tormentato, figlio di un padre violento.

In politica – si sa – la nullità e il talento si attraggono e si respingono: Casalino, che contribuì in qualche modo a far espellere i primi parlamentari 5 Stelle che andavano in tv senza filtro, ha sempre avuto un debole per lo schermo: ospitate a “Otto e mezzo”, a “Belve”, comparsate, con la stracitata partecipazione alla prima edizione del Grande Fratello (2000). Forse anche per questo ora vuole cambiare traiettoria.

E allora: buona fortuna, Rocco Casalino: ti auguriamo che la tastiera sia più gentile del tavolino – e di quanto tu in passato lo sia stato con la stampa – consapevoli che staccarsi dalla scena quando la scena è stata la tua casa non è mai facile.

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