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Caso Garlasco, la difesa dei Sempio: «Venditti visto una volta»

Andrea Sempio

L’inchiesta sul caso Garlasco, la difesa di Sempio ribadisce: «Venditti visto sono una volta» e sui soldi sul pizzino sarebbero serviti per gli avvocati


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Dagli uffici giudiziari alla tv, il caso Garlasco continua a stupire e le informazioni sulle nuove indagini trapelano attraverso gli stessi protagonisti di uno dei risvolti più sinistri che la vicenda abbia avuto.A diciott’anni dall’omicidio della ventiseienne, dopo due processi flop e la revisione con condanna definita a 16 anni a carico di un colpevole che non ha mai confessato, sotto accusa sono finiti anche alcuni degli investigatori che si sono occupati delle indagini.

Le perquisizioni di due giorni fa hanno scosso le poche certezze rimaste sul delitto di Chiara Poggi, e Mario Venditti, il magistrato coinvolto, e l’intera famiglia Sempio si sono già espressi, a mezzo stampa, per chiarire le loro posizioni. Lo stesso hanno fatto i due carabinieri che lavoravano con Venditti.

Le attività della Guardia di finanza rientrano nell’ambito dell’ipotesi di reato di corruzione in atti giudiziari: un’accusa gravissima ai danni di un magistrato che per 45 anni ha lavorato al servizio di alcune delle principali procure del Nord Italia oltre che in Calabria. Sotto accusa l’istanza che spinse il gip, nel 2017, a chiudere il fascicolo su Sempio in 21 giorni su richiesta dall’allora pm Venditti. Appunti, prelievi di soldi, spostamenti di somme tra familiari, intercettazioni tenute nascoste. Sono gli elementi su cui si fonda il teorema accusatorio. E ognuno sembra già in grado di fornire una tesi alternativa a quella della Procura di Pavia, e tra gli stralci degli interrogatori già trapelati e le interviste rilasciate, si intravede una linea difensiva comune tra i soggetti coinvolti e chi, pur non essendo formalmente inquisito, è sospettato di aver pagato tangenti per far chiudere rapidamente l’indagine su Andrea Sempio.

Le perquisizioni sono state eseguite tra Pavia, Genova e Campione d’Italia, nelle dimore di Venditti, accusato di aver incassato una tangente da 40.000 euro per far chiudere l’inchiesta del 2017 su Sempio – riaperta nel maggio scorso per concorso in omicidio con Alberto Stasi, che sta scontando 16 anni per omicidio e a breve sarà un uomo libero.

Tra i primi a commentare l’inchiesta, il difensore di Venditti, l’avvocato Domenico Aiello: «Il ministro Nordio mandi gli ispettori a Pavia, qui manca il senso della misura. Non si possono spendere milioni dei contribuenti alla ricerca di tracce che non esistono partendo da un pizzino sconclusionato: ‘Venditti gip archivia per 30, 20 euro’… e per coerenza, si dovrebbe esaminare anche il gip». Anche lo stesso Venditti, oggi presidente del casinò di Campione, è intervenuto.

«Sono stato per 45 anni al servizio dello Stato e negli ultimi dieci ho vissuto sotto scorta. Non merito tutto questo. Al di là del risultato delle investigazioni, verrà fuori la verità che mi scagionerà sicuramente – ha dichiarato –. Non ho mai preso soldi o benefit per una professione che ho svolto con dignità. Nessuno mi restituirà l’onore che mi è stato leso in questi giorni” ha detto riferendosi sia all’inchiesta che alla eco mediatica che sta avendo, visto che il suo nome e il suo volto da due giorni campeggiano sulle prime pagine dei giornali. In tv sono comparsi anche i genitori di Sempio.

«Venditti – hanno detto – l’abbiamo visto solo una volta. Nessuno della famiglia Sempio gli ha mai dato una lira. Tutte le accuse sono solo delle schifezze», ha affermato la madre. Il padre ha aggiunto: «Io davo i soldi agli avvocati per le pratiche. Per quanto riguarda quel biglietto, è vero che l’ho scritto, gli avvocati mi hanno detto che potrebbero riferirsi alle marche da bollo per dei documenti».

Agli atti del fascicolo istruttorio, ci sono movimentazioni bancarie anomale rispetto alle abitudini dei Sempio. Oltre a una serie di intercettazioni mai trascritte negli atti ufficiali. Dialoghi in cui si parla di “signori da pagare” e delle domande che Sempio avrebbe avuto dal pm.

«Quelle intercettazioni sono contemporanee o appena precedenti all’interrogatorio di Andrea – ha detto l’avvocato Massimo Lovati, difensore di Sempio – e quelle frasi non sono altro che i miei consigli». «L’unico atto depositato in quel momento era il rapporto investigativo dell’agenzia SKP. Ho detto al mio assistito: ‘Ti chiederanno conto di queste cose’. Gli avrò anche detto: ‘Se fanno domande su altro, dite che non vi ricordate’. Sono i consigli di un difensore al proprio cliente. Da avvocato, si può. O è vietato anche questo?».
Gli unici che restano composti nel loro dignitoso dolore e ancorati alla sentenza passata in giudicato sono i genitori di Chiara Poggi. «L’unico colpevole resta Stasi- hanno detto – la nostra ferita resterà per sempre aperta».

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