Home / Italia / Marche al voto, Meloni e Schlein tentano di blindare le leadership

Marche al voto, Meloni e Schlein tentano di blindare le leadership

di

«Nel primo Consiglio regionale riconosceremo lo Stato palestinese». Matteo Ricci apre così, a gamba tesa, l’ultimo tratto di campagna elettorale marchigiana. Replica Salvini, sferzando le vele della Freedom Flotilla e prendendosi la contestazione dei pro-Pal che lo aspettavano sotto il palco a Offida. Palestina contro barche a vela, Netanyahu contro Gaza. E intanto la privatizzazione della sanità è strisciante, i pronto soccorso restano deserti di medici e infermieri ma pieni di pazienti, gli ospedali sono cantieri infiniti e le aree interne muoiono di spopolamento. Un paradosso da manuale: i candidati si affrontano sul riconoscimento della Palestina, ma i marchigiani devono ancora capire come farsi visitare senza prendere un treno per Bologna o per Milano.
Le Marche, prima regione al voto in questo 2025 insieme alla Valle d’Aosta (che voterà solo domenica), si ritrovano sotto i riflettori nazionali per una sfida che i sondaggi definiscono la più contendibile d’Italia.

Dopo toccherà a Calabria, Toscana, Veneto, Campania e Puglia, ma qui, tra Adriatico e Sibillini, si gioca la partita vera: quella che può cambiare il punteggio nazionale, ribaltando il 3 a 3 previsto in un doloroso 4 a 2 per il centrosinistra (senza contare la Val D’Aosta, dove si andrà alle urne anche per il rinnovo di 65 consigli comunali, ma che nell’insieme vale poco più di un municipio romano: 103 mila aventi diritto al voto). Il governatore uscente Francesco Acquaroli, ex sindaco di Potenza Picena, ricandidato dal centrodestra (FdI, FI, Lega, Noi Moderati, più civiche), ha passato cinque anni di amministrazione grigia, schiacciata da pandemia e post-sisma. Rivendica «riforme strutturali» e il rilancio di una regione «di nuovo competitiva». Si è dimesso dal Parlamento «per amore delle Marche», come ha ricordato nel faccia a faccia su Sky Tg24, trasformato in terreno di scontro non solo politico ma anche mediatico.

LEGGI: Regionali Campania, il centrodestra pensa a Carfagna e Cirielli per il dopo-De Luca

Contro di lui Matteo Ricci, ex sindaco di Pesaro, oggi europarlamentare, sostenuto da una coalizione larghissima: Pd, M5S, Verdi e Sinistra, pezzi di Italia Viva e Più Europa, Rifondazione, civiche assortite. Una sorta di cartello elettorale che mette insieme quasi tutta l’opposizione. Ricci promette discontinuità: più sanità territoriale, più welfare, lotta allo spopolamento, identità europeista e, come detto, Palestina riconosciuta «al primo Consiglio». A completare la rosa dei sei candidati ci sono Claudio Bolletta (Democrazia Sovrana Popolare), Lidia Mangani (Partito Comunista Italiano), Beatrice Marinelli (Evoluzione della Rivoluzione) e Francesco Gerardi (Forza del Popolo). Figuranti, più che competitor, destinati a non spostare il baricentro della sfida.

Il confronto Sky ha lasciato dietro di sé una scia di veleni. Il Pd ha diffuso sui social un video di Acquaroli in cui denunciava il «definanziamento della sanità pubblica». Subito la controreplica: «Vergognosi, avete tagliato la parte in cui specificava che si parlava degli anni 2013-2020, quando al governo c’eravate voi», hanno accusato i meloniani. La polemica è diventata simbolo di una campagna che marcia più a colpi di montaggi che di progetti. Eppure, a grattare la vernice internazionale, il cuore del voto resta la sanità. «Liste d’attesa infinite, ospedali incompiuti, pazienti costretti a viaggiare per una Tac», denuncia Manzi (Pd). Il quadro è quello di un sistema al collasso, dove medici e infermieri reggono in trincea mentre i cittadini fuggono verso le strutture emiliane.

Sul fronte economico, Ricci ha inchiodato Acquaroli: «Il reddito pro capite delle Marche è sceso sotto la media nazionale per la prima volta. L’economia è ferma». Il governatore ha ribattuto parlando di Zes e di occupazione in crescita, ma il dato resta: negli ultimi cinque anni oltre 43mile imprese hanno chiuso i battenti. Ma per tutta la durata della campagna elettorale ha dovuto difendersi dagli attacchi giudiziari per il caso-affidopoli, indagato dopo essere stato tirato in ballo per una storia di incarichi affidati senza un bando pubblico ad associazioni “amiche”.

LEGGI: Regionali, lo slalom dei partiti tra le inchieste

Ricci è un europarlamentare, Acquaroli è un ex europarlamentare, si dimise dopo essere stato eletto. Ennesima dimostrazione per entrambi dell’uso disinvolto del Parlamento Ue. Le piccole e medie aziende, linfa della regione, rischiano di pagare anche i dazi internazionali. E mentre la politica si divide tra Palestina e Nato, i borghi muoiono, i negozi chiudono, i giovani scappano. «Noi vogliamo ricucire le Marche», dice Ricci, lanciando le sue cinque proposte per le aree interne: dai 30.000 euro per chi compra casa agli incentivi per le botteghe. Ma intanto i treni sono pochi e i medici sempre meno.

Per Elly Schlein la posta in gioco è altissima: se perde nelle Marche, la sua segreteria rischia di finire sotto processo politico prima ancora della riunione del 24 ottobre a Milano, dove l’area riformista guidata da Picierno, Guerini, Gori e Quartapelle metterà nero su bianco il proprio dissenso dal Nazareno. Per il centrodestra la partita è altrettanto delicata. Acquaroli, favorito ma senza allungo, deve blindare la Regione. Una caduta qui significherebbe incrinare l’immagine di un blocco granitico che governa ormai la maggioranza dei comuni marchigiani e che, a livello nazionale, punta a una narrazione di forza.

Le rilevazioni parlano chiaro: Acquaroli al 50,3 per cento, Ricci al 46,8. Uno scarto di 3,5 punti che rende le Marche l’unico vero terreno di battaglia. Ipsos e Tecnè danno il governatore avanti di oltre cinque punti, EMG addirittura di sei. Solo Izi registra Ricci un passo davanti ma c’è sempre la variante astensionismo. Per questo Salvini ha scelto di calare spesso nelle Marche, arringando piazze come Offida con battute da comizio («I comunisti sono specie protetta») e difendendo Acquaroli dalle accuse. Ma il vicepremier ha dovuto fare i conti con contestazioni pro-Pal, a riprova che qui, come altrove, i temi globali scompaginano la dimensione locale.
Alla fine resta l’immagine di una campagna elettorale combattuta in acque internazionali.

Una sfida che parla di Palestina, Flotilla, fascisti e comunisti, mentre il destino vero dei marchigiani – quello dei borghi spopolati, delle aziende in ginocchio, degli ospedali chiusi – si decide nell’ombra. Chi vincerà, domenica e lunedì, non avrà solo conquistato la Regione Marche. Avrà messo un tassello pesante negli equilibri politici nazionali. Ma intanto, tra la Palestina e i cantieri eterni della sanità marchigiana, la sensazione è che i cittadini continuino a votare senza trovare risposte ai problemi che li toccano davvero. E sarà forse questo, più dei sondaggi e delle coalizioni, il vero macigno con cui dovrà fare i conti chi uscirà vincitore dalla sfida.

Tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *