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Calenda: «Meloni bluffa sulla Palestina, ma la sinistra usa la Flotilla»

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«Quella alla Flotilla non è una scorta. Il ministro Crosetto ha spiegato bene che si tratta di un supporto nel caso di problemi. Ha una funzione di salvataggio, non di scorta». Carlo Calenda, leader di Azione, ha seguito l’informativa del ministro sul caso e ne ha apprezzato i toni istituzionali. «Ma i parlamentari che sono su quelle navi devono aderire all’apertura fatta da Zuppi rispetto alla possibilità di distribuire gli aiuti via Cipro. Perché sarebbe complicato dare loro assistenza in acque sottoposte a blocco navale israeliano, a meno di non volere arrivare alla guerra con Israele, cosa che non mi pare un’opzione né auspicabile né praticabile».

Nel caso in cui non perseguissero quella via avrebbe ragione la premier a definirli “irresponsabili”?

«Quando Meloni parla va sempre visto il contesto. Ora ci sono le elezioni nelle Marche, quindi usa toni più forti. Io sono contrario a questo modo di fare e devo dire che il ministro Crosetto in aula è stato molto pacato».

Sempre da New York è arrivato l’annuncio della mozione della maggioranza sul riconoscimento della Palestina, subordinata all’esclusione di Hamas da futuri incarichi di governo e al rilascio degli ostaggi. Su questo è difficile contestare la premier, no?

«Sono due condizioni in contraddizione tra loro. Se, come è giusto, affermi di non poter riconoscere alcun ruolo ad Hamas, Hamas non libererà mai gli ostaggi. I terroristi dovrebbero infliggersi un danno, lasciare spazio all’Anp con cui non vogliono avere niente a che fare, e in più rilasciare gli ostaggi».

Insomma quella di Meloni è una proposta irrealizzabile?

«È una proposta “furbetta”. Ma le questioni internazionali sono cose serie. Meloni ha posto una condizione di irrealtà solo per non arrivare al riconoscimento della Palestina. Sarebbe stata più onesta se avesse detto che non ha nessuna intenzione di riconoscere la Palestina e basta».

Però dobbiamo almeno riconoscerle il merito di aver riportato la questione su un piano politico, mentre nelle opposizioni spesso ci si limita a slogan e a censure morali.

«Finché non fa una discussione seria sulla questione degli ostaggi e sul futuro governo palestinese non posso riconoscerle questo merito».

E le opposizioni?

«Stanno facendo campagna elettorale utilizzando la questione della flottiglia e della Palestina. Usano queste questioni solo per fare casino, sembrano degli adolescenti a scuola».

È un casino anche quello scatenato dei pro-Pal nelle manifestazioni di lunedì. Che idea si è fatto?

«Una volta c’era il servizio d’ordine, chi spaccava vetrine veniva cacciato dalla manifestazione. Oggi non c’è neanche più quello. Ma in quelle manifestazioni c’erano amici dei miei figli, che sono giustamente andati a dire che quello che abbiamo sotto gli occhi è inaccettabile. Tantissimi ormai lo sentono come un tema fondamentale, perché rimangono sgomenti davanti alle immagini che arrivano dalla Palestina. Ed è uno sgomento legittimo, perché stiamo assistendo a qualcosa che in tempi recenti non si è mai visto».

Stiamo assistendo a un genocidio?

«No. Il genocidio implica che si voglia sterminare un’etnia, ma il 20% della popolazione israeliana è fatto di arabi. La definirei però una pulizia etnica: il governo israeliano vuole “ripulire” la Striscia dall’etnia arabo-palestinese. Neanche il rilascio degli ostaggi basterebbe a far cessare la guerra e ad andare a elezioni. L’obiettivo dichiarato di Netanyahu è prendere tutta Gaza e tutta la Cisgiordania. Puntano alla grande Israele, e lo ammettono loro stessi. Israele sta prendendo una curvatura che mette a serio rischio la sopravvivenza della sua democrazia interna. Di fronte a tutto questo, anche chi come me ha sempre avuto ottimi rapporti con lo Stato ebraico non può far finta di niente».

Sulle questioni internazionali e non solo il Pd sembra schiacciato sulla linea massimalista della segretaria. I retroscena parlano di uno scontro interno tra i riformisti di quel partito e Bonaccini, accusato di essersi adagiato sulle posizioni della Schlein…

«Si sono tutti adagiati su quelle posizioni. Due giorni fa i cosiddetti riformisti del Pd si sono astenuti su una mozione dei cinquestelle che proponeva di diminuire gli investimenti nella difesa. Stiamo parlando della costruzione di una difesa europea, del posizionamento internazionale dell’Italia. Su questo la linea del centrosinistra è data da Conte e da Avs. I cosiddetti riformisti su questioni di questo tipo dovrebbero abbandonare il partito. Se rimangono, vuol dire che in fondo ne condividono la linea».

Dica la verità: lo dice perché ha ambizioni di leadership dell’area riformista e spera di raccogliere i fuoriusciti del Pd?

«Usciranno dal Pd solo quando noi arriveremo al 10%. Lì è tutta una questione di posti in lista, nient’altro».

Alle regionali si aspetta di arrivarci, al 10%?

«Penso che le regioni siano il cancro dell’Italia. Sono entità che spendono soldi a vanvera, esercitano potere clientelare, non sanno governare la sanità, mandano centinaia di persone in vacanza a Osaka solo perché c’è il padiglione Italia all’Expo. Fosse per me le abolirei, o quantomeno ne ridurrei in modo sostanziale i poteri e i budget».

Insomma, non mi pare che dia troppo peso alle prossime regionali…

«Zero assoluto. Penso che le regioni vadano distrutte e credo che lo pensino anche gli italiani, visto che l’affluenza media alle regionali negli ultimi dieci anni è del 45%. Nell’85% dei casi hanno vinto i governi uscenti per il semplice fatto che amministrano il potere e quello che ricevono è un voto consociativo. Sono stato recentemente in Sicilia, dove un ragazzo di ventisette anni è stato messo a fare il presidente della società dei trasporti perché è il figlio di un deputato, peraltro condannato per corruzione. Io ora tornerò in Sicilia per commissariarla; lì ci sarebbe bisogno del prefetto Mori, altro che assemblee regionali».

Diceva che la questione della difesa è una questione dirimente oggi, che contraddistingue i riformisti da chi riformista non è. Ci sono altre questioni dirimenti?

«La difesa è la prima, perché è necessario dire agli italiani che se non vogliamo la guerra con la Russia dobbiamo essere forti. Soli così la scoraggeremo ad attaccarci. Va fatto un investimento serio, il ministro Crosetto dovrebbe riferire in aula che cosa intende fare, dopo che ha detto che la difesa italiana è insufficiente. Ma su questo ha le mani legate perché le posizioni della Lega non corrispondono a quelle del resto del governo. Oggi conta essere forti abbastanza per respingere Trump e Putin economicamente, industrialmente e militarmente».

Le opposizioni spesso la accusano di essere ormai diventato di destra.

«E dalla maggioranza mi accusano di essere di sinistra. Non me ne può fregare di meno, sono un liberale e un repubblicano. Anche i comunisti accusavano i repubblicani di essere fascisti».

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