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Stop alle manette facili, ecco la riforma contro gli abusi

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A fine luglio l’ordinanza con cui il gip di Milano ha disposto il carcere per sei degli indagati nell’inchiesta sull’urbanistica ha riportato in auge l’antico ma sempre attuale dibattito – tra garantisti e non – sull’uso distorto che diventa spesso abuso della custodia cautelare. Dibattito che ha alzato i toni quando il Riesame, ad agosto, ha annullato quegli arresti: anche il ministro Carlo Nordio ha rilanciato sul punto, sottolineando che se fosse entrata in vigore la sua riforma della giustizia, il destino dei sei arrestati nell’inchiesta sull’urbanistica sarebbe stato diverso.

Perché la «custodia cautelare sarebbe stata emessa dal Tribunale collegiale»: infatti la legge n.114/2024 stabilisce che la decisione sull’applicazione della custodia cautelare in carcere spetterà ad un collegio di tre giudici e non più a un giudice monocratico. Solo lo slittamento di due anni dell’entrata in vigore della riforma per carenza di magistrati ha fatto si – secondo il parere del ministro – che accadesse quello che è accaduto a Milano.

Ma al di là dell’inchiesta all’ombra della Madunina, che è la cartina di tornasole di come la custodia cautelare abbia perso nel tempo il suo senso originario, il dibattito è tutto orientato sulla necessità di un ritorno ai principi del codice di Giuliano Vassalli del 1988. La custodia cautelare in carcere come extrema ratio e la necessità di una diversificazione tra esigenza cautelare e pena, in opposto a quanto si è visto nella storia giudiziaria del nostro Paese, soprattutto recente. Lo sa bene il Guardasigilli, che con l’istituzione della commissione Mura nel 2023 ha inteso creare un gruppo di lavoro per dare vita a un testo di sintesi che ritrovasse quello «spirito originario del codice Vassalli» e realizzasse «a pieno il modello di processo accusatorio».

Si tratta degli stessi principi che animano la battaglia per la separazione delle carriere, ma restando alla bozza di sintesi della commissione che dovrebbe essere consegnata a Nordio a ottobre – e che poi il ministro porterà in Parlamento – tra i tanti temi in discussione la custodia cautelare troverebbe ampio spazio di discussione e valutazione. Di certo è stato un punto al centro della discussione tra toghe e avvocati che fanno parte del gruppo, ma secondo indiscrezioni, la commissione sarebbe unita nell’imprimere un principio che valga per l’applicazione di qualsiasi tipologia di misura cautelare, e che si fondi su indicatori precisi per conformare le esigenze del giusto processo al pericolo di recidiva che spesso viene agitato dall’accusa.

La direzione che si starebbe seguendo sarebbe proprio quella indicata dal codice a cui ci si ispira, dove ai fini della valutazione della personalità dell’imputato venivano ben distinti i comportamenti e gli atti concreti dalle modalità e circostanze dell’illecito in via di accertamento. In questo modo si chiedeva al giudice di dare rilievo a elementi aggiuntivi rispetto alla fattispecie di reato che era – ed è, perché il principio vale sempre – oggetto del processo. Questo per allontanare ogni preconcetto dalla posizione dell’indagato e applicare il principio sacrosanto della presunzione di innocenza. Una prassi che nel tempo ha preso una direzione opposta, violando in radice proprio lo spirito originario del codice tanto invocato da Nordio.

Ecco perché, secondo l’orientamento degli esperti, gli atti da cui desumere la personalità dell’imputato dovrebbero essere ‘ulteriori’ rispetto alle modalità del fatto del reato che si sta accertando. Un discorso che è valido per chiunque, figuriamoci per chi non ha precedenti penali, che impone al giudice una valutazione che esuli dalla natura e dalla fattispecie del reato che viene addebitato all’indagato. Ed infatti ad animare la discussione ci sarebbe anche l’indicazione a non confondere la tutela cautelare rispetto alla pena: attenzione agli stereotipi, che vedono spesso i giudici cadere negli automatismi dell’esigenza cautelare, che sono lontani dai reali requisiti di attualità e concretezza del pericolo. Anche qui, il richiamo ai principi del processo accusatorio e alla ‘extrema ratio’ della custodia cautelare sono inevitabili.

Inoltre, il caso Milano ha posto degli interrogativi sulla funzione del Riesame nello stato attuale delle cose. In commissione infatti, sempre secondo indiscrezioni, non si è potuto non parlare delle distorsioni invocate da più parti su questo punto. Soprattutto con l’inchiesta urbanistica, dove si è assistito a una prassi consolidata negli ultimi anni. È parere di molti esperti della commissione, sempre secondo notizie da noi acquisite, che debba essere posto un rimedio a tali ‘distorsioni’ – nella vicenda di Milano il Riesame ha annullato gli arresti degli indagati – in termini di garanzie per l’imputato, secondo quanto stabilito dall’art. 13 della Costituzione e in linea con le previsioni del codice del 1988. L’orientamento sarebbe quello di evitare nelle nuove previsioni che anche quando la motivazione dell’ordinanza risulti viziata sotto il profilo logico o presenti carenze argomentative, si assista al paradosso di una difesa che presenta un ricorso di legittimità su un provvedimento che non è già di per sé idoneo a giustificare la limitazione della libertà personale.

La direzione della commissione di studio, nonostante le discussioni tra toghe e avvocati sul punto, sarebbe quella di incidere sulle presunte lacune esistenti, sia dal punto di vista dei gravi indizi di colpevolezza che delle esigenze cautelari. Nella sintesi a cui si lavora, troverebbe un punto fermo per tutti anche il parere della Corte Costituzionale che ha sottolineato come la funzione di ridurre l’allarme sociale creato da un reato non sia una finalità della custodia cautelare, ma della pena.

Perché la custodia cautelare è uno strumento provvisorio volto a evitare pericoli attuali durante il processo, mentre la pena serve a sanzionare e rieducare dopo una condanna definitiva. Anticiparla equivarrebbe a svolgere funzioni di sanzione prima della colpevolezza, compromettendo il principio di presunzione d’innocenza.

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