S’indaga per traffico d’armi nei confronti dei due cittadini di origini turche fermati poco prima della festa di Santa Rosa a Viterbo due sere fa. Che volessero colpire la folla o uno degli esponenti della maggioranza di governo presenti in piazza, non è al momento considerato credibile. Mentre, come detto, non può essere escluso che i due turchi bloccati dalla Digos fossero coinvolti in un traffico internazionale d’armi e che fossero in Italia solo di passaggio. Il contenuto dei telefonini sequestrati ai due indagati, che hanno 21 e 31 anni, porterebbe a sospettare che fossero legati a un gruppo che opera su scala internazionale nella compravendita di armi prodotte nell’Est Europa.
È questa, al momento, la pista più forte. Mercoledì pomeriggio i due sono stati trovati in possesso di una mitragliatrice d’assalto e di una pistola semiautomatica, entrambe cariche, all’interno in un b&b di via Santa Rosa, ovvero lungo il percorso della processione che accompagna la macchina simbolo della festa patrimonio immateriale dell’Unesco. Migliaia le persone presenti alla festa, naturale che la prima ipotesi formulata sia stata quella che i due volessero sparare sulla folla o sui facchini che portano la macchina, pesante cinque quintali e alta 28 metri la cui caduta poteva cagionare una strage.
Ma le indagini non hanno fatto emergere, almeno fino a ieri, legami tra loro e l’Isis o altre organizzazioni terroristiche, tantomeno elementi che li colleghino alla mafia turca che pure è presente in Italia. Entrambi sconosciuti alle autorità del nostro Paese, risultano privi di qualsiasi iscrizione anagrafica. Nessuna evidenza, dunque, che volessero mettere a segno un raid terroristico, ipotesi formulata all’inizio anche perché, al momento dell’irruzione, la finestra era aperta e le armi erano cariche. Il piano di sicurezza, scattato intorno alle 18 in simultanea con il blitz che ha portato al fermo dei due turchi, hanno incluso anche l’allontanamento dalla strada del ministro Tajani che, insieme ad Arianna Meloni e altri esponenti della maggioranza di governo, stava assistendo alle celebrazioni.
La festa si è regolarmente svolta, nonostante il massiccio dispiegamento di forze dell’ordine, senza scatenare il panico. È in corso un delicato lavoro di indagine delegato alla Digos della questura di Viterbo dalla Dda. Un’inchiesta che punta a stabilire quali fossero le vere intenzioni dei due turchi, con chi erano in contatto, se avessero legami con gruppi connessi all’estremismo islamico e se, infine, fossero in qualche modo collegati al boss mafioso turco Baris Boyun, arrestato proprio a Viterbo un anno fa e ora sotto processo a Milano per traffico d’armi e omicidio.
Il 41enne avrebbe capeggiato un gruppo impegnato anche sotto il profilo politico con un piano ordito per destabilizzare il governo turco con azioni che miravano a terrorizzare la popolazione. Il nome di Boyun era in cima alla lista dei ricercati di Ankara e la Turchia ne ha chiesto l’estradizione, negata dalla Cassazione. Ieri, sia dal centrodestra che dal centrosinistra è arrivato un plauso alle forze dell’ordine; a loro si è aggiunto il vescovo, Orazio Francesco Piazza, che ha ringraziato la polizia per aver garantito «il sereno svolgimento di questa tradizione».
Dal Pd, infine, hanno fatto sapere che, alla ripresa dell’attività parlamentare, sarà chiesto al governo di riferire sull’accaduto per comprendere la reale portata, i pericoli e le implicazioni internazionali degli arresti e dell’operazione. Lo ha detto Chiara Braga, capogruppo dem alla Camera.