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Lanzi: “Imporre ai cittadini di immunizzarsi può essere doveroso”

Suscita un coro di critiche la proposta della Lega di abolire l’obbligatorietà dei vaccini. Sarebbe una follia, dicono all’unisono importanti esponenti dell’esecutivo e dell’opposizione. La proposta del Carroccio, lanciata in particolare per poter iscrivere i bimbi al nido e alla scuola materna, arriva proprio nel momento in cui è finito nel tritacarne il ministro Schillaci, “reo” di avere prima varato le nomine del nuovo Comitato consultivo degli esperti sui vaccini (Nitag), fra cui due medici in odore di simpatie No Vax, e poi, dopo dieci giorni di polemiche, d’avere azzerato la composizione del Nitag.

La circolare Lorenzin, emanata quando Beatrice Lorenzin era titolare del dicastero della Salute, chiarisce punto per punto come applicare il decreto-legge (2017) che ha ampliato a 12 le vaccinazioni obbligatorie (gratuite) per l’iscrizione alla scuola dell’obbligo da 0 a 16 anni. Fu una scelta sacrosanta, conseguenza dell’allarme sulla diminuzione della percentuale di bambini vaccinati contro malattie particolarmente contagiose come il morbillo. E ha prodotto dei cambiamenti in positivo, come testimoniano i dati dell’Iss e dello stesso ministero della Salute.

Ancora oggi, tuttavia, la percentuale considerata ottimale del 95 per cento di minori vaccinati non è stata raggiunta in diverse regioni. Ne parliamo con il presidente dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, Renato Balduzzi, esperto di diritto costituzionale sanitario, ordinario di Diritto costituzionale all’Università Cattolica e già ministro della Salute nel governo Monti. Durante il suo ministero, con il decreto-legge 24/2013, venne autorizzata la prosecuzione dei trattamenti già iniziati con il cosiddetto metodo Stamina, prevedendo nel contempo una sperimentazione sotto il controllo di organismi tecnico-scientifici; furono altresì avviati tavoli di confronto con rappresentanti del mondo animalista, contrari alla sperimentazione sugli animali, allo scopo di assicurare un bilanciamento tra, da un lato, la necessità di potere sempre garantire la ricerca scientifica e, dall’altro, la tutela degli animali.

Professore, se una legge, così come la propone la Lega, permettesse di sottrarsi all’obbligo vaccinale sarebbe costituzionale?

«La Corte costituzionale, con adesione largamente condivisa della dottrina, ha ricostruito da tempo, già da prima del Covid, il quadro costituzionale che consente l’obbligo vaccinale. La Costituzione non tace su questo punto perché contiene una regola chiara: la salute è un fondamentale diritto mio, suo, di tutti noi. Uno potrebbe dire “Vabbè, se è un diritto io posso anche non volerlo esercitare, no?”. In ogni diritto c’è un aspetto positivo e uno negativo, ma per la nostra Costituzione la salute è intesa come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, laddove fondamentale è un aggettivo che regge sia il diritto sia l’interesse. I nostri costituenti avevano capito che in tema di salute c’è da fare un bilanciamento tra quello che è il punto di vista del singolo, le sue scelte e la sua concezione del mondo, da un lato, e, dall’altro, le l’esigenza di solidarietà, che è appunto l’interesse della collettività».

L’obbligo vaccinale, nella politica sanitaria, proviene da evidenze basate su studi scientifici?

«L’obbligo vaccinale è ragionevolmente proporzionato quando è rispettoso delle evidenze, delle prove scientifiche. Anzi, in certe condizioni un obbligo vaccinale non solo si presenta come costituzionalmente legittimo, ma può diventare addirittura costituzionalmente doveroso, proprio per tenere insieme il profilo del diritto individuale con quello dell’interesse della collettività. La Corte, nel 1990, stabilì che lo Stato deve prevedere un indennizzo per chi abbia subito danni irreversibili da vaccinazioni obbligatorie, e qualche anno dopo decise che anche quelle semplicemente raccomandate davano diritto all’indennizzo. È interessante perché vuol dire che quando il cittadino si fida dello Stato, se ci sono stati errori lo Stato deve farsene carico. La sentenza che riassume tutto in un quadro complessivo è la n. 5 del 2018, quindi prima del Covid: l’obbligo vaccinale, proporzionato e rispettoso delle prove scientifiche, è misura ragionevole. La Corte non si sostituisce né alla politica, né alla scienza, ma controlla che i principi costituzionali siano rispettati da tutti».

L’esitazione verso i vaccini è un fenomeno complesso. Un problema emerso con forza anche durante la pandemia. L’adesione consapevole alla vaccinazione, da parte dei genitori, resta un’utopia?

«Certo, un problema c’è. Un problema che riguarda la cultura, la mentalità, ma riguarda anche la politica, perché la politica deve fare la sua parte, senza andare dietro a ciò che non è consolidato, non provato, non dimostrato. La politica non può semplicemente registrare qualche fluttuazione nell’opinione pubblica, perché ha il compito di stare attenta all’interesse generale della Polis e allora, se la bassa propensione alla vaccinazione diventa un problema per la collettività, la politica deve fare la propria parte. Secondo la giurisprudenza costituzionale chi deve fare il bilanciamento tra diritto alla salute individuale e interesse della collettività è anzitutto la legge dello Stato. Quindi, c’è una competenza statale. Ma anche le Regioni possono fare la loro parte, come ha dimostrato la vicenda della legge pugliese in tema di vaccino anti-papilloma virus».

La vaccinazione obbligatoria è un dogma?

«I dogmi, persino quelli di fede, hanno un nucleo essenziale. Fuori da questo nucleo si può anche discutere. Il nucleo essenziale nel caso dei vaccini è che io devo fare ciò che serve a me, ma che serve anche a proteggere gli altri, la collettività: è una questione di solidarietà. Chi decide questo? Non può essere una decisione irragionevole della politica. La politica deve seguire la ragionevolezza scientifica, poi c’è il controllo della magistratura, in particolare quello della Corte costituzionale, chiamata a dire se questo nucleo essenziale dell’obbligo vaccinale, dogma lo chiamava lei, è stato correttamente interpretato dal legislatore».

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