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Lanzi: annullamento ordinanze a Milano «è segnale forte. Pm guidati da visione eticizzante»

Dopo meno di un mese “saltano” tutte le misure cautelari disposte nell’inchiesta sull’urbanistica milanese. Il Tribunale del Riesame meneghino, infatti, ha annullato ogni ordinanza disposta su richiesta della Procura dal Giudice per le indagini preliminari: bocciate tutte, sei ordinanze su sei.

Al netto della retorica mediatica, ampiamente schiacciata sulla tesi dell’accusa, Andrea Bezziccheri, Manfredi Catella, Giuseppe Marinoni, Federico Pella, Alessandro Scandurra e Giancarlo Tancredi non sono più sottoposti ad alcuna misura. Per commentare quanto sta avvenendo a Milano e per ragionare di processo mediatico e separazione delle carriere, abbiamo contattato Alessio Lanzi, già professore ordinario di Diritto penale nelle università di Parma, Milano e Milano-Bicocca, avvocato penalista e membro laico del Csm dal 2018 al 2022.

Professore, il Riesame ha annullato sei ordinanze del Gip di Milano su sei. In attesa di leggere tutte le motivazioni, che quadro si delinea? L’impostazione dell’accusa risulta indebolita da questa situazione?

«Come anticipato nella domanda, dovremo leggere gli atti per valutare più approfonditamente. Tuttavia, da quello che si apprende dalla stampa, è indubbio che l’impostazione dell’accusa sia stata incrinata: l’esperienza giudiziaria insegna che il numero di provvedimenti annullati dal Riesame di Milano è scarso. L’annullamento di sei provvedimenti su sei, quindi, è senz’altro un segnale importante che il Riesame ha dato sia alla Procura che al Gip. Poi si vedrà se i provvedimenti hanno inciso sulle esigenze cautelari o sono scesi nel merito, magari modificando il titolo di reato. Però intanto è arrivato un segnale forte».

A proposito di titoli di reato, quest’indagine sembra figlia di una lettura estensiva e creativa di fattispecie come il falso ideologico o l’induzione indebita. L’abrogazione dell’abuso d’ufficio non è stata digerita da una parte della magistratura?

«Il problema è questo: secondo una visione liberale, costituzionale e illuministica del diritto penale e della sua applicazione, alla quale io ho prestato affidamento per quarant’anni di insegnamento, è tutto lecito ciò che non è vietato dalla legge in modo espresso, determinato e tassativo. Ora, è indubbio che l’abuso d’ufficio consentiva di entrare con la previsione penalistica in molte situazioni della pubblica amministrazione e la sua abrogazione ha molto limitato questa possibilità. In questa indagine, per quel che si legge, sembrerebbe che i casi che emergono siano più che altro dei casi di conflitto di interesse, letti in chiave penalistica come falsi ideologici e false dichiarazioni alla pubblica autorità. Fattispecie che però, attenzione, bisogna vedere fino a che punto sono integrate dalle condotte. Il conflitto di interessi, in quanto tale, non ha valenza penalistica in automatico. A me sembra, quindi, che ad aver guidato la magistratura in questa situazione sia stata soprattutto una visione eticizzante dei rapporti tra società e pubblica amministrazione e non una vera e propria rilevanza penale dei fatti».

Ecco: “visione eticizzante dei rapporti tra società e pubblica amministrazione”. C’è il rischio che le procure si propongano quale soggetto supplente del potere politico, ridefinendo – a colpi di diritto penale – il perimetro dell’azione amministrativa e della gestione urbanistica e non solo delle città?

«Il rischio c’è senz’altro. Anche perché la magistratura è compatta, determinata e preparata mentre la politica è disarmata, impreparata, sgranata e spesso incompetente. C’è una politica che rincorre troppo le indagini: se è indagata la sinistra la destra insorge e viceversa, così la politica segue per utilità contingente l’impostazione dell’accusa, commettendo un grave errore. La politica dovrebbe imparare a far valere le sue prerogative e non farsi travolgere dalle contingenze. Altrimenti il potere giudiziario avrà comunque la meglio e risulterà sempre vincente nello scontro tra poteri».

La genuflessione alle tesi dell’accusa effettivamente è un fenomeno diffuso. Sul caso di Milano abbiamo assistito alla pubblicazione sulla stampa dei testi delle ordinanze di custodia, a chat diffuse urbi et orbi, a pm rampanti al microfono dei cronisti: l’inchiesta milanese si è trasformata in un caso emblematico del circo mediatico-giudiziario?

«È indubbio. Anche perché, diciamo la verità, i media ci sguazzano in queste situazioni. Le previsioni di illiceità per la pubblicazione delle notizie sono sistematicamente disattese, saltano fuori notizie da tutte le parti ed ecco il circo mediatico di cui mi chiedeva. Peraltro, questa confusione rende tutto poco comprensibile all’opinione pubblica. Si avanza per spot, si parla genericamente di “sacche di corruttela” e si travalicano i limiti del processo penale, che dovrebbe fondarsi solo su fattispecie tassative e determinate».

Sulle colonne di questo giornale Francesco Petrelli ha sottolineato la necessità di separare le carriere per porre al centro del processo non le procure, ma la figura di un giudice più forte, autorevole garante dei diritti di libertà dei cittadini. È d’accordo? Cosa pensa delle riforma?

«Concordo perfettamente con quanto ha scritto Petrelli. In effetti, in prospettiva, la separazione diventerà il primo passo, e sottolineo il primo passo, per arrivare a una giustizia giusta e a un giusto processo. È una riforma fondamentale, malvista dal potere giudiziario. Bisognerà, in questo senso, che in vista del referendum confermativo la politica si muova in maniera intelligente, spiegando che non si tratta, a differenza di quanto sostenuto da molti, di una riforma contro la magistratura: non si può e non si deve ridurre in questi termini semplicistici. È una riforma essenziale per un processo accusatorio con un giudice terzo e imparziale».

Un’ultima domanda, data la sua esperienza al Csm. Cosa pensa del sorteggio dei membri togati?

«Come extrema ratio, a mio avviso, è un’opzione valida. Se si vuole veramente sradicare il potere delle correnti, l’unica opzione è il sorteggio. Non è una soluzione eccezionale? A mali estremi, estremi rimedi. Naturalmente con la legge d’attuazione bisognerà stabilire delle griglie e dei requisiti precisi per poter partecipare al sorteggio, in modo che ci sia comunque un filtro qualitativo preliminare. Ma a parte questo, a proposito di separazione delle carriere e Csm, la separazione è essenziale anche per evitare la commistione delle valutazioni tra pm e giudici. Il principio dovrebbe essere che pm e giudici sono assolutamente distinti e distanti. Se a seguito di elezioni al Csm si valutano tra di loro si rompe l’equilibrio del processo di parti e del giusto processo, è inevitabile».

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