Alessandro Barbano dialoga con Mattia Feltri su giustizia e dintorni, il direttore de “l’Altravoce” e quello dell’ “Huffington Post” a confronto anche sullo scontro tra politica e pm
La riforma sulla separazione delle carriere e le diverse inchieste che si sono imposte alla cronaca politica negli ultimi settimane, a cominciare da quella di Milano, hanno riportato in primo piano l’annosa questione dei rapporti tra politica e magistratura. Un conflitto tra due poteri, quello esecutivo e quello giudiziario, che negli ultimi trent’anni ha raggiunto momenti di scontro aperto. Si inizia con Tangentopoli, quando un’intera classe dirigente è stata messa sotto accusa, e si arriva all’età di Berlusconi. Oggi lo scontro, che sembrava sopito, torna ad interrogare gli analisti sulle sue ragioni e sui suoi possibili esiti. Mattia Feltri, direttore dell’Huffington Post e saggista, accoglie di buon grado l’invito del direttore de l’Altravoce Alessandro Barbano a discuterne insieme.
Barbano: Partiamo dal clima che si respira nel paese: tu hai scritto un libro intitolato Novantatré. L’anno del terrore di Mani Pulite. Oggi come allora il conflitto tra magistratura e politica ha raggiunto toni che non rispondono più a confini istituzionali, basti pensare alla magistratura che pubblica le vecchie dichiarazioni di Nordio o al Csm che vota la pratica a tutela di Piccirillo contro il ministro. Poi allo stesso Nordio che non si risparmia attacchi frontali ai magistrati. Quali sono analogie e differenze con quell’epoca?
Feltri: E’ in corso una partita per il predominio sulla Repubblica. Ma all’epoca di Mani Pulite la politica aveva poco campo, era stretta all’angolo, era considerata criminale e i magistrati erano degli specie di Zorro arrivati a ristabilire la giustizia in un mondo di taglieggiatori. Oggi mi sembra che questo clima sia cambiato. La politica è più forte, forse anche perché non si fa più in Italia. Quello a cui assistiamo niente sono i rimasugli, le frattaglie di quella partita, ma sono rimasugli più tristi che preoccupanti. Sebbene alcune inchieste, come quella di Milano, siano ancora molto impattanti sull’opinione pubblica. Ma non c’è uno scontro istituzionale, la stessa partita sulla separazione delle carriere è una partita fasulla.
Barbano: Insomma… i magistrati hanno rivangato l’antica contrarietà di Nordio.
Feltri: Che è una cosa assurda, perché poi Nordio ha scritto articoli e libri a sostegno di quella riforma. Ma c’è una differenza fondamentale: Nordio all’epoca esplicitava che la separazione delle carriere avrebbe portato con sé l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale e quindi la sottomissione, in qualche forma, della magistratura requirente al potere politico. Oggi questo non lo si dice più. Per questo è una riforma finta. Si limita a raddoppiare il Csm. Ma il vero grande scandalo è che ovunque i magistrati requirenti rispondono politicamente del loro operato, qui non si parla neanche di questa possibilità.
Barbano: Dopo trent’anni è come se ci sia stata una torsione giustizialista. Le fattispecie di reato si sono slabbrate, addirittura assistiamo a inchieste per corruzione in cui la gratitudine viene considerata una controprestazione. Allo stesso modo, se analizziamo il caso di Toti a Genova e di Tancredi a Milano, vediamo che lo stesso mantenimento della carica pubblica viene interpretato come rischio di reiterazione del reato. Da questo punto di vista, la misura dell’interrogatorio preventivo, introdotta dalla riforma Nordio, è un’arma a doppio taglio, perché tutela l’individuo ma non il politico, che anzi viene costretto alle dimissioni. L’impatto dell’azione penale sulla politica è ancora devastante.
Feltri: Sono d’accordo, sembra che gli unici autorizzati a sovvertire l’esito del voto siano i magistrati. Da questo punto di vista certo la partita è ancora in corso. Ma quello che voglio dire è che all’epoca l’esecutivo e il legislativo erano totalmente in balìa della magistratura, che oggi si rivolge soltanto o per lo più alle amministrazioni locali.
Barbano: Perché accade questo? Perché i politici di oggi sono più virtuosi?
Feltri: Non credo sia questo, e nemmeno credo che i politici di ieri fossero più viziosi. Detto fuori dai denti: oggi la politica, la premier Meloni, è troppo forte e troppo popolare, mentre la magistratura è poco popolare, per questo non attacca la politica nazionale e non si permette di ribaltare la volontà dei cittadini sulla base di una ipotesi e non di un giudizio.
Barbano: Leggendo le carte dell’inchiesta di Milano, sembra che i Pm si propongano di fare una psicoanalisi ideologicamente orientata di ciò che passa sotto la coltre di ufficialità della classe dirigente milanese.
Feltri: In questo atteggiamento si sovrappongono tante questioni. Pochi giorni fa ho letto una definizione di Milano come “la più meridionale delle capitali del nord”. Effettivamente Milano è una città che si proietta verso nord, verso l’Europa. Anche dopo l’Expo c’era gente che lamentava il caro affitti, la gentrificazione ecc. Questa inchiesta insiste su un terreno molto fertile: trasforma uno scontento politico in una questione giudiziaria. E’ sempre stato così. Io non ho mai sopportato Andreotti, ho cominciato a difenderlo quando si è iniziato a dipingerlo come capomafia e assassinio di Pecorelli. Quando ero ragazzo ero leghista, perché all’inizio il centro della proposta politica della Lega era che il centralismo era finito e che bisognava guardare all’Europa. Questo per dire quanto amassi la prima repubblica… Poi è arrivata un’inchiesta che stabiliva che, esaurito il compito storico dei partiti della prima repubblica, questi erano diventati criminali. Allora ci toccò difenderli tutti. Lo stesso sta accadendo con Milano.
Barbano: Rispetto all’inchiesta di Milano c’è una certa responsabilità della sinistra che, in ragione di preoccupazioni elettorali, erige la difesa della classe dirigente milanese, ma non rinuncia a un certo pentitismo che fa parte della sua natura.
Feltri: La sinistra era una grande sostenitrice di Mani Pulite nonostante non avesse la coscienza totalmente pulita. C’è un bel libro di Ugo Finetti, intitolato Botteghe Oscure, in cui si racconta di una direzione del Pci del 1974 in cui informano Berlinguer di alcune grane per delle tangenti. In quel caso l’unica preoccupazione dei quadri dirigenti del Pci era difendere quei compagni che, a costo della loro reputazione, avevano cercato di portare denaro nelle casse del partito. Altro che “questione morale”.
Barbano: Quello della questione morale è uno dei grandi miti della sinistra.
Feltri: Ce n’è un altro: quello per cui la sinistra non è mai andata al governi perché avversata dai poteri forti, che si nutrivano di tangenti. Oggi è complicato mettere in discussione questa narrazione, perché non c’è una politica forte a sinistra che, non sapendo mettere in discussione la propria politica, men che meno può mettere in discussione la magistratura. Craxi era avanti di dieci anni rispetto al Pci di Berlinguer e quella distanza non è mai stata colmata. La sua proposta politica è stata affossata giudiziariamente e lì la sinistra italiana è morta.
Barbano: Prima dicevi che la riforma della giustizia è fasulla. Non sono d’accordo, per quanto convenga che sia una riforma parziale, che dovrebbe essere integrata con una riforma dei codici, nel senso di una maggiore tipicità e tassatività delle fattispecie, e della responsabilità dei magistrati. Ma la reale funzione della separazione delle carriere è quella di ristabilire il primato del giudicante, e cioé l’effettiva terzietà e imparzialità stabilite dall’art. 111 della Costituzione. Che vuol dire poi indifferenza all’esito del giudizio, cioè immunizzare chi decide non solo dalle pressioni ambientali e corporative, ma anche da qualunque obiettivo di risultato di politica criminale. Quest’obiettivo non si realizza in una legislatura e forse richiede due ricambi generazionali, ma è ciò che restituisce al giudicante il primato della sua immensa responsabilità.
Feltri: Premetto che se si tenesse domani il referendum sulla separazione delle carriere io voterei sì. Quando dicevo che è una riforma falsa, lo dico perché è tale anche per lo stesso centrodestra che la propone. Sarebbe vera se prevedesse, oltre alla separazione delle carriere, un Csm, l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale e una subordinazione politica del magistrato requirente. Tutta quest’ultima parte è stata cancellata. Non è vero che è la riforma che voleva Berlusconi, che aveva l’obiettivo di portare la giustizia italiana allo stesso livello delle giustizie dei paesi più avanzati, come la Germania o gli Stati Uniti. Prendiamo l’inchiesta sull’Eni: non puoi indagare per dieci anni la più importante azienda italiana, tenendola inchiodata a delle presunte tangenti. In Germania o in Inghilterra questo non succede perché il procuratore si pone il problema di dover rispondere della sua ipotesi inquirente davanti alla politica. Se non ne devi rispondere a nessuno, allora puoi permetterti tutto, anche di ipotizzare la trattativa Stato-mafia come è stato fatto in Italia. Se non avviene questo passo, stiamo parlando di una finta separazione delle carriere.
Barbano: Forse perché si compia questo passo ci vuole ancora molto tempo. Dovremo aspettare che ad esempio la giustizia si riconnetta allo studio del diritto, mentre oggi gli accademici sono misconosciuti nella prassi giudiziaria. Si è prodotto uno scollamento tra la cultura giuridica e la prassi giudiziaria. Una mancanza di cultura che caratterizza sicuramente anche l’attuale classe dirigente. Tu parlavi del rapporto tra politica e giustizia. Credi che questa maggioranza abbia una cultura giustizialista?
Feltri: Sicuramente non ha una cultura garantista. Quando un governo aumenta i reati e inasprisce le pene, è difficile parlare di garantismo. Soprattutto, la cosa che mi disgusta di più è che questo governo ha reso più facile arrestare i minorenni. Sono riusciti a portare il sovraffollamento anche nei riformatori oltre che nelle carceri e hanno demolito il modello della giustizia minorile che era studiato in tutto il mondo. Per questo non vedo tutto questo scontro tra l’attuale maggioranza di governo e la magistratura. Sicuramente la riforma della giustizia che si sta prospettando dà fastidio alla magistratura, ma nella sostanza non cambia nulla. Il punto vero, ribadisco, è che i Pm non rispondono a nessuno del loro operato. Anche con la riforma, il Csm sarà composto da magistrati, mentre dovrebbe avere una composizione politica.
Barbano: E rispetto alla tanto sbandierata indipendenza della magistratura cosa pensi?
Feltri: Penso che sia una formula che non ha nessun senso. Non esiste l’indipendenza della magistratura, nel resto del mondo esiste l’indipendenza della magistratura giudicante.
Barbano: Però converrai che qualcosa si muove. Ci sono retroscena che ipotizzano che nell’ultimo discorso di Franceschini al Senato ci fosse una chiamata alle armi, un appello alla magistratura politicizzata per serrare i ranghi e marciare compatti verso il referendum confermativo sulla riforma. E’ anche un appello alla luce delle recenti inchieste che vedono indagati esponenti del Pd. Non solo Milano, ma anche il possibile candidato nelle Marche Ricci.
Feltri: Mi sembra che tutto torni: l’offensiva di questo governo è limitata. La magistratura un tempo faceva cadere i governi, oggi questo non succede. L’idea dei magistrati e che guida le ultime inchieste è: cari amici del Pd, non mettetevi in mezzo anche voi. Tanto è vero che pochi anni fa la Serracchiani era favorevole alla separazione delle carriere e oggi non lo è più. Si è verificata una trasformazione nel modo di concepire i luoghi del potere. La premier Meloni ha capito che la politica vera non si fa in Italia, tant’è che la magistratura, che è l’unico potere forte interno, non ha interferito più di tanto.
Barbano: Da quello che dici sembra che la sinistra sia molto indietro rispetto alla destra e ancora rinchiusa in cospirazioni e sfide sulla leadership. Addirittura altri retroscena sembrano suggerire che Conte vorrebbe indurre la sconfitta del centrosinistra nelle Marche per poi contendere la leadership della coalizione alla Schlein.
Feltri: Sono i giochini di chi non ha capito nulla. Tanto è vero che il governo Meloni è il più longevo della storia della seconda Repubblica. Nessuno ha mai retto tre anni di fila, nemmeno Berlusconi. E’ anche, credo, la prima volta che il partito che ha vinto le elezioni mantiene inalterato il suo indice di gradimento per così tanto tempo e che il premier mantiene intatta la fiducia degli elettori. Infine, se si votasse domani mattina, la Meloni sarebbe il primo premier italiano a vincere le elezioni da Palazzo Chigi, perché nella Seconda Repubblica chi è stato al governo poi ha sempre perso. Mentre Meloni infrange tutti questi record, la sinistra discute se candidare Ricci o meno.
Barbano: Se ha così tanto successo potrebbe anche soprassedere ad alcune riforme, compresa quella della giustizia…
Feltri: Le riforme servono a Meloni per tenere insieme la coalizione, il governo e gli elettori. Tutta la sua retorica è ad uso interno. Ma ribadisco che, con tutto il suo sovranismo, Meloni ha capito che la vera politica si fa fuori dall’Italia. Invece la sinistra continua a fare la sua politichetta in Italia e in questo modo non vincerà mai.