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Milanopoly, quelle famiglie sospese: «Mutui sì ma la casa non c’è»

Il fondatore del comitato Famiglie sospese, Filippo Borsellino: «Le prime vittime dell’inchiesta siamo noi». Oltre 4.500 i nuclei coinvolti

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Nelle stanze di Palazzo Marino si discuteva di urbanistica, possibili riforme, misure salva-qualcosa quando, davanti agli stessi vetri, si davano appuntamento loro: famiglie col passeggino in una mano e un contratto d’acquisto nell’altra. Uomini e donne che hanno creduto – come tanti, troppi – che comprare una casa a Milano significasse costruirsi un futuro. Oggi quella casa è rimasta un rendering in 3D su un sito web offline, mentre il futuro sa di tribunale, carte bollate e cantieri sequestrati.

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Filippo Borsellino, fondatore del comitato Famiglie sospese – Vite in attesa, usa parole semplici, non ha bisogno di slogan per spiegare il suo stato d’animo. Ha 30 anni, pensava che il mattone fosse una realtà sufficientemente solida per la sua generazione. Nonostante parli di «immensa fregatura» la sua voce non ha subito nel corso degli ultimi eventi alterazioni, rimane misurata. «Noi siamo quelli che stanno pagando senza aver sbagliato nulla», va ripetendo a più riprese. Si assolve da un reato che non ha commesso. «Mutui già attivi, prestiti concessi, affitti scaduti. E una casa che non esiste se non nei sogni». C’erano i suoi risparmi e quelli dei suoi genitori in quel sogno.

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Il comitato di cui lui è portavoce è nato a febbraio, quando si pensava che nessuno avrebbe parlato di loro. Niente più risposte dalle imprese. Nessuna garanzia dalla politica. «L’inchiesta doveva colpire i colpevoli, ma le prime vittime siamo noi», ha scritto Filippo sul sito del Comitato. Insieme a lui giovani coppie, anziani con il sogno del “nido per i nipoti”, single che avevano investito tutto in quell’unica promessa hanno accettato di raccontare la loro storia. Una per ogni mese.

Il Salva-Milano è rimasto lì: un’ambulanza senza nessuno al volante. Risultato? Centinaia di famiglie rimaste inchiodate in un limbo senza precedenti: «Abbiamo acceso mutui, ma non possiamo accendere la luce».

Emanuela ha 37 anni, tre figli e un mutuo acceso per una casa che non sarà mai pronta in tempo. «Avevamo fatto tutto con attenzione: scelto l’appartamento, firmato il preliminare, programmato la consegna con la scadenza dell’affitto. Ma a ottobre il contratto attuale finisce, e il cantiere è fermo da mesi. Il costruttore non ci risponde più nemmeno alle PEC», ha scritto sul blog del Comitato.

Secondo le stime aggiornate, sono oltre 4.500 i nuclei coinvolti, considerando anche i progetti commercializzati ma non ancora cantierati. L’urbanistica milanese è diventata un campo minato, e mentre la magistratura fa il suo dovere, la politica – quella che dovrebbe governare nel frattempo – sembra essersi messa al riparo.

«Non chiediamo miracoli. Chiediamo che qualcuno ci guardi in faccia e ci dica cosa dobbiamo aspettarci», è la richiesta di Filippo Borsellino. «Un tavolo con istituzioni, costruttori e tecnici. Almeno per capire se dobbiamo cercare un’altra casa o solo un altro avvocato».

Nel silenzio istituzionale, il Comitato continua a crescere. Ogni settimana nuove famiglie si aggiungono. Vite congelate. Qualcuno ha avuto l’idea di contare i minuti e i secondi di questo tormento e sul sito del Comitato è iniziato il countdown: 367 giorni, 20 minuti, 8 secondi… E più sotto l’appello:

Se anche tu hai acquistato una casa che non ti è mai stata consegnata, se i tuoi risparmi sono bloccati in un cantiere morto, se vivi nell’incertezza e aspetti risposte che nessuno ha il coraggio di darti… non sei solo. Lascia i tuoi dati. Verrai contattato.

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