Home / Notizie / Milano, Sala sotto assedio. Schlein solidale, Meloni: «Non deve dimettersi»

Milano, Sala sotto assedio. Schlein solidale, Meloni: «Non deve dimettersi»

meloni sala schlein

M5S e Lega contro. La premier: «Resto garantista, non cambio opinione in base al colore politico. Avviso di garanzia non è condanna»

di

MILANO Il sindaco di Milano Giuseppe Sala non si dimetterà e resterà sindaco fino alla fine del mandato, a Dio piacendo e anche alla magistratura e ai suoi avversari politici. L’assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi potrebbe invece decidere di fare un passo indietro. Anche per evitare gli arresti domiciliari e un clamore mediatico che prima di tutto farebbe male alla città di Milano che invece deve cercare di concludere i 150 cantieri sequestrati per un totale di 1650 famiglie che hanno investito negli alloggi ma non hanno una casa.

LEGGI Milano, tra 74 indagati anche Sala: «Assurdo saperlo dai giornali» di Marina De Duca

«Questa è l’emergenza più grave» per la giunta Sala e il gruppo Pd in consiglio comunale. La magistratura indaga. La politica ha già emesso sentenza. E così anche a Milano si rinnova lo schema di sempre, accaduto neppure un anno fa a Genova e in Liguria (allora erano le sinistre unite a battere il ferro caldo dell’inchiesta giudiziaria); c’avevano provato – sempre un anno fa – a Bari e in Puglia (ed erano state le destre più i 5 Stelle) con un’inchiesta che si è poi persa nei trafiletti delle cronache locali). Potremmo fare decine di esempi. Con questa annotazione per cui il centrosinistra va in frantumi con i giustizialisti a 5 Stelle da una parte e i garantisti progressisti e riformisti del Pd dall’altra.

I consiglieri del centrodestra nell’Aula consiliare

Il caso Milano è solo la triste fotocopia di tutti gli altri. Non è la giustizia ad orologeria. È l’uso distorto che la politica fa di certe inchieste giudiziarie perché attirata dalla scorciatoia della vittoria a tavolino. L’inchiesta sul presunto “sistema Milano” in relazione allo sviluppo urbanistico della città, non fa eccezione. Anzi, amplifica il sistema perché ai fatti oggetto dell’indagine aggiunge la voglia matta di Fratelli d’Italia e Lega di mettere le mani sulla città e sulla regione, entrambi a scadenza tra un paio d’anni. Si chiama cannibalismo politico giudiziario.

LEGGI Milano, da Porta Nuova al Pirellino: i progetti al centro dell’inchiesta

E ieri ha avuto due distinti palcoscenici: nell’aula del Senato a Roma e nell’aula del consiglio comunale a Palazzo Marino a Milano. Qui era previsto il consiglio comunale alle 16.30. Lega e Fratelli d’Italia hanno organizzato le truppe sia fuori dal palazzo che dentro l’aula chiedendo a gran voce le dimissioni del sindaco. Fuori i cartelli dicevano “inadeguato, dimettiti”. In aula giravano scatoloni di cartone con la scritta: “Le dimissioni di Sala”, il “trasloco di Sala”. C’era stato un ordine di scuderia in mattinata, arrivato direttamente dalla seconda carica dello Stato e presidente del Senato Ignazio la Russa: «Sala se ne deve andare perché inadeguato». Ai leghisti non è parso il vero di poterlo attaccare perché «in città c’è meno sicurezza». È un refrain che va avanti da un anno e mezzo. La sicurezza è un tema molto serio e che paga facilmente in termini di consensi. Peccato che il governo cerchi di scaricare sui sindaci la responsabilità di un dossier che è invece nazionale.

LEGGI Grattacieli di Milano sotto accusa: giustizia o ideologia? di Alessandro Barbano

Contro lo sciacallaggio delle destre e dei 5 Stelle, il Pd è rimasto invece molto compatto. «Sosteniamo il sindaco Sala e anche lo sviluppo della città» ha detto la consigliera Pd Diana De Marchi, «l’obiettivo adesso è non bloccare tutto, andare avanti, combattere le disuguaglianze sociali, dare certezze a 1650 famiglie». In un comunicato di tutto il gruppo consiliare si dice basta «ad un racconto di corruzione diffusa perché dimostra malafede, irresponsabilità e scarso amore per la nostra città». Contano le sentenze, dunque avanti, è il mandato della segretaria Schlein.

Certo qualcosa è successo a Milano: dal 2015 a oggi la metà degli investimenti stranieri in Italia si è concentrata su Milano. E si è rigenerato tanto facendo diventare la città la metropoli più europea in Italia. Più bella e smart (al netto delle periferie). Questo ha creato probabilmente un sistema di semplificazione di norme urbanistiche scritte nel 1942, un’altra era, quando il paese doveva crescere e costruire mentre ora non deve consumare suolo e deve riconvertire e reinventare ciò che esiste. Non un sistema di corruzione (mazzette) ma di semplificazione (le Scia invece dei permessi di ricostruzione che hanno anche oneri di urbanizzazione assai diversi) che la politica nazionale non ha mai voluto/saputo fare. Lo chiedeva il Pnrr, ad esempio: un sistema di semplificazione che desse certezza agli investimenti con trasparenza. Ora Milano è bloccata. E gli investimenti, i capitali privati, se ne stanno andando via.

«Grazie all’impegno di tutta la coalizione – dice il Pd nazionale e locale, Zampa, Malpezzi, Cuperlo, Majorino, De Marchi e tanti altri – Milano è cresciuta e lo ha fatto anche grazie alla visione e alla determinazione di Beppe Sala che ha investito in cultura, mobilità sostenibile, politiche ambientali e coesione sociale». Il punto è che quello che dovrebbe essere il principale alleato del Pd, i 5 Stelle, attaccano a testa bassa peggio della Lega e dei Fratelli. Del resto il Salva-Milano, la legge che nei fatti avrebbe evitato l’inchiesta, è fermo da un anno in Parlamento per i 5 Stelle. Ieri mattina ha cominciato Conte ieri ad emettere sentenze. Hanno proseguito i suoi in tv e in Senato. La senatrice Sironi si è lanciata in un’offensiva di otto minuti (poi ripetuta su Facebook) «contro il sacco edilizio di Milano di cui è responsabile un sindaco bulimico di suolo che poi vomita cemento». Al Senato sono state segnalate senatrici Pd andare “incontro” a Sironi per dirle: «Ma come ti permetti di trattare così Sala? Siete o no nostri alleati?».

Da segnalare la coerenza di Forza Italia e Maurizio Lupi (che pure vorrebbe tanto diventare sindaco di Milano) che non partecipano al cannibalismo in nome del garantismo. Della premier Meloni che dice: «Resto garantista, non cambio opinione in base al colore politico». E del ministro Crosetto che su X rivendica la sua alterità. «Spero che non si utilizzino queste vicende per sbarazzarsi dell’avversario di turno». Il ministro della Difesa prende atto che «a Milano una parte della magistratura ha deciso di sostituirsi al legislatore nel campo dell’urbanistica, del fisco e del lavoro con interpretazioni molto pericolose». Il punto è che scelte politiche non possono mai diventare reati. Altrimenti governa la magistratura.

Tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *