Amazon procede alla piena automazione dei suoi centri, 500.000 i posti di lavoro a rischio di essere sostituiti da milioni di robot
Più che chiedersi quali partiti e candidati si contenderanno il voto nel 2027, sarebbe il caso di chiedersi quali elettori ci saranno in campo fra meno di due anni. Mentre la politica arranca attorno a leggi che non riescono a mordere il processo di accumulazione delle risorse da parte dei grandi gruppi tecnologici, il mondo è già mutato sotto i nostri occhi, realizzando esattamente le promesse di qualche mese fa.
Non più di un anno fa si parlava di due prospettive imminenti, a cui pochi hanno prestato attenzione: da una parte una robotizzazione estesa e articolata che avrebbe decimato la forza lavoro di grandi complessi dei servizi, soprattutto nella logistica e nella distribuzione, il secondo traguardo era quello di dotare ognuno dei tre miliardi di utenti del web di capacità di intelligenza generativa altamente personalizzabili, in modo da rendere ogni persona un sistema di saperi e competenze aumentato.
Amazon procede all’automazione
Nelle ultime 24 ore, dal cilindro della Silicon Valley sono usciti esattamente questi due conigli bianchi. Il “New York Times” ci informa, sulla base di un documento riservato di Amazon, che nei prossimi mesi il più grande gruppo di logistica e distribuzione del mondo procederà all’automatizzazione dell’intera filiera dei propri centri di stoccaggio e consegna di miliardi di prodotti richiesti dai consumatori di tutto il mondo. Si calcola in circa 500mila I posti di lavoro che potrebbero essere sostituiti da 4 milioni di robot.
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Nel documento si descrivono meticolosamente le funzioni di queste macchine che desertificheranno i magazzini colossali di Amazon e cancelleranno quelle catene di driver iper-sfruttati, che verranno sostituiti con sistemi di stoccaggio e consegna automatica a partire dagli Usa ma con l’obiettivo di arrivare a tutti i cinque continenti in cui si dirama il network di Jeff bezof. Un vero shock per chi pensava di procrastinare di vari anni questo evento. Amazon è indubbiamente la punta più avanzata di un iceberg che sta emergendo: i processi di automatizzazione stanno già ridimensionando fortemente i fenomeni di reshoring delle aziende che tornano nei Paesi d’origine, dopo essere stati decentrati in Asia per evidenti questioni di costo del lavoro.
Il reshoring delle macchine
Ma le aziende che tornano, come lo stesso Trump sta constatando, non riportano a casa il lavoro che era stato dato in outsourcing. I nuovi stabilimenti che si reinsediano negli Usa o in Europa sono volumi deserti, dove scorrono binari e agiscono sensori che guidano già milioni di robot. In Italia, a Udine già c’è la fabbrica più lunga d’Europa, un’acciaieria il cui treno di produzione a caldo è lungo un chilometro e funziona con poche unite di sorveglianti.
Contemporaneamente si potenzia la capacità di elaborazione e attività degli individui grazie alla combinazione di intelligenze artificiali e di potenza di ricerca che ha congegnato OpenAI, l’azienda produttrice di ChatGPT. Il suo nuovo browser, sistema di navigazione, chiamato Atlas, supera ogni meccanica di ricerca che Google aveva monopolizzato, offrendo ad ogni singolo utente una risorsa altamente personalizzabile, ossia profilata sulle caratteristiche e pertinenze dello stesso utente, per raccogliere dati e contenuti da fonti originali, elaborarli e raffinarli per trasformarli in veri è propri manufatti intellettuali.
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In sostanza, mentre noi stiamo lentamente metabolizzando la digitalizzazione della prima generazione, gli algoritmi ci trascinano in un nuovo mondo, dove il lavoro è sempre più delegato a sistemi esperti e i pensieri sono distillati con l’ausilio di altre macchine cognitive. Non è un film distopico o la solita trama della “guerra dei robot”, ma la semplice applicazione di una minaccia che incombeva da anni e che abbiamo continuato ad ignorare: una potenza di calcolo di milioni di ricercatori produce costantemente salti dell’innovazione da canguro.
Ora c’è da chiedersi due cose: perché questi salti non investono subito settori socialmente sensibili quali sanità e formazione? E come governare un processo che vede ridursi drasticamente il fabbisogno di manodopera, a livello globale, planetario, senza più sacche di arretratezza, e dall’altra parte aumentare Lo sciame di elaborazioni e produzioni individuali? Sono due nodi che dovrebbero dare sostanza e indispensabilità alla politica, pretendendo, proprio in vista di quelle elezioni a cui tutti tendono ormai del 2027, di avere proposte e culture di governabilità. Se la tecnologia corre, la politica non può passeggiare. La vecchia storia di Achille e la tartaruga avrebbe un epilogo tragico, questa volta.