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Draghi: «Se non sviluppa l’AI l’Europa rischia la stagnazione»

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Senza un forte investimento nell’intelligenza artificiale l’Europa rischia decenni di stagnazione. Servono regole più flessibili e una svolta culturale per colmare il divario con Stati Uniti e Cina


Mario Draghi lancia un nuovo allarme sul divario tecnologico che separa l’Europa da Stati Uniti e Cina. Intervenendo all’inaugurazione del 163° anno accademico del Politecnico di Milano, l’ex presidente della Bce e del Consiglio ricorda che nel solo 2024 gli Usa hanno sviluppato 40 grandi modelli di intelligenza artificiale, la Cina 15, mentre l’Unione europea appena tre.

«Lo stesso schema si ripete in molte altre tecnologie di frontiera. Se non colmiamo questo divario e non adotteremo queste innovazioni su larga scala, l’Europa rischia un futuro di stagnazione, con tutte le conseguenze che ciò comporta».

Il nodo della produttività

Draghi mette in fila numeri e prospettive. Con l’attuale andamento demografico, spiega, se l’Ue mantenesse la media di crescita della produttività dell’ultimo decennio, fra 25 anni l’economia europea avrebbe “di fatto le stesse dimensioni di oggi”.

Per evitare questo scenario serve una politica capace di adattarsi rapidamente, «rivedendo ipotesi, riequilibrando pesi e aggiornando le regole alla luce delle nuove evidenze sui rischi e sui benefici». Ed è proprio qui, denuncia, che «l’Europa si è inceppata».

Cultura normativa troppo rigida

Draghi punta il dito contro il modo in cui l’Ue produce regolazione: «Abbiamo trattato valutazioni iniziali e provvisorie come dottrina consolidata, inserendole in leggi difficili da modificare quando il mondo cambia».
Per l’ex premier, la sfida è ripensare la cultura normativa europea, che storicamente «ha adottato un approccio improntato alla cautela, dominato dal principio di precauzione». Un’impostazione che rischia di rallentare l’adozione di tecnologie decisive.

I possibili scenari di crescita

Secondo Draghi, l’intelligenza artificiale avrebbe il potenziale per trasformare radicalmente la produttività. Se il suo impatto fosse paragonabile al boom digitale degli Stati Uniti alla fine degli anni Novanta, la crescita salirebbe di 0,8 punti percentuali l’anno; se ricalcasse la diffusione dell’elettrificazione negli anni Venti del secolo scorso, l’aumento potrebbe avvicinarsi a 1,3 punti.

«Anche l’estremo inferiore di queste stime rappresenterebbe l’accelerazione più significativa che l’Europa abbia visto da decenni» osserva.

Non disoccupazione, ma più equità

Draghi smonta la paura della “disoccupazione di massa” causata dall’AI. Al contrario, sostiene, la nuova tecnologia potrebbe ridurre alcune delle diseguaglianze quotidiane più pesanti, a partire dai tempi di attesa nella sanità: pronto soccorso meno intasati, referti più rapidi, procedure più efficienti.

Il messaggio agli studenti

Davanti alla platea del Politecnico, Draghi si rivolge direttamente agli studenti: «Non rinunciate a costruire qui. Pretendete le stesse condizioni che permettono ai vostri coetanei di avere successo altrove. Combattete gli interessi costituiti che vi opprimono».

I successi dei giovani, conclude, «cambieranno la politica più di qualunque discorso», costringendo istituzioni e regole a rinnovarsi. «Oggi, servire il proprio Paese significa voler rendere più forte l’Europa».

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