La scena politica italiana è sempre più un palco dove, a volte, il principio di realtà lascia il posto a una fantasia e alla creatività. E proprio in questo clima di dramma e commedia, Matteo Salvini si fa sentire. Mentre il governo prova a mettere a punto la manovra per l’anno prossimo il Capitano non si lascia scappare l’occasione di sfidare quelli che continua a considerare i poteri forti. Lo stile è inconfondibile: senza paura, senza rossori e con un buon dose di cinismo. Il tema? Le banche. Le stesse banche che, proprio negli ultimi anni, hanno visto crescere i loro profitti a dismisura.
Già l’anno scorso il tema era stato sul tavolo e alla fine era stato trovato un compromesso. Salvini, al termine del consiglio federale che si è svolto ieri, torna sull’argomento chiedendo al sistema bancario di fare la sua parte. La proposta è una nuova tassa sugli extraprofitti, per “riequilibrare” il gioco e finanziare la tanto attesa riduzione delle tasse, pari a 1,5 miliardi. La mossa, decisamente non da piccolo calcolatore, è destinata a scaldare ulteriormente il clima già teso tra governo e istituzioni finanziarie.
Le banche, si sa, sono un bersaglio facile quando si parla di profitti stellari mentre i cittadini soffrono per i rincari del carrello della spesa. Ma Salvini non si ferma qui: la sua proposta, infatti, è anche una frecciatina ben assestata al Fondo Monetario Internazionale, che negli ultimi tempi non ha risparmiato critiche all’Italia per la gestione delle risorse e la necessità di “riforme strutturali”. L’argomento della tassa sugli extraprofitti è diventato un cavallo di battaglia della Lega che afferma come questa mossa sia una “panacea” per risolvere tutte le problematiche economiche italiane.
Ma non è solo un tema economico, è una questione di principio: come giustificare la ricchezza degli istituti bancari, mentre le famiglie e le piccole imprese faticano a restare a galla? Il colpo al Fmi è la ciliegina sulla torta. Salvini, infatti, sembra non voler mollare la presa su quella che considera una forma di scarsa conoscenza nei confronti delle politiche italiane.
Da Washington chiedono l’abolizione della flat tax al 15% per gli autonomi che invece è una delle bandiere issate sul Carroccio. L’ambizione è quella di estenderla ai lavoratori dipendenti. Un primo passo è rappresentato dall’accorpamento delle aliquote più basse. Un atteggiamento che, ai più, può sembrare una battaglia ideologica, ma che per il leader della Lega è la dimostrazione che la sua visione economica è destinata a segnare un “prima” e un “dopo” nella governance della politica.
Oggi l’Associazione Bancaria Italiana (la Confindustria del credito) si riunirà a Milano, sul tema del fisco. Le parole di Salvini hanno già innescato una serie di reazioni da parte di molti protagonisti del settore, che potrebbero non prendere benissimo l’idea di un nuovo prelievo sui loro profitti. Tuttavia, il Capitano non sembra preoccupato. Anzi, forse si gode lo spettacolo. La manovra deve essere finanziata e, come diceva qualcuno, “se non lo fai con le banche, con chi lo fai?”. E poi, se ci pensi, che miglior occasione di un’ABI riunita nella capitale della finanza per lanciare una proposta così frizzante? La Lega è pronta, il governo è in allerta, e il Fondo Monetario, se non farà attenzione, potrebbe trovarsi a fare i conti con una nuova ondata di populismo politico che non sarà facile da fermare.