Le intenzioni sono buone, ma senza un sostanzioso tesoretto per portarle a compimento rischiano di restare lettera morta. Così, al Mef, è caccia grossa alle coperture. Il viceministro dell’Economia con delega alle Finanze, Maurizio Leo (deputato di Fratelli d’Italia), ha promesso di alleggerire le tasse al ceto medio, ma per mantenere la parola deve trovare almeno 4 miliardi. In vista della manovra di bilancio, il problema non è da poco. Tanti ne servono, infatti, per sforbiciare di due punti l’aliquota Irpef, dal 35 al 33 per cento, intervenendo sui redditi fino a 60 mila euro. «Non possiamo pensare che chi guadagna 40 o 50 mila euro – osserva il viceministro – sia una persona ricca. Non è affatto così».
Il focus principale è dunque l’Irpef. Con l’esecutivo, e in particolare Forza Italia, che guarda alla fascia di reddito compresa tra i 28 e i 60 mila euro, su cui pesa maggiormente l’onere del fisco rispetto ad altri scaglioni. Leo lo ribadisce: «Nella prima fase abbiamo dato un segnale a chi ne aveva più bisogno. Ora lo sforzo si concentra sul ceto medio».
Quest’estate sono state molte, del resto, le considerazioni fatte dagli economisti che, seppure non sempre in sintonia l’uno con l’altro, hanno analizzato il caro vacanze per le famiglie italiane. Molti hanno ridotto il numero di giorni di permanenza sui lidi del Bel Paese, frequentando maggiormente le spiagge libere e portandosi i panini da casa; altri hanno rinunciato ad affittare appartamenti per oltre una settimana nei luoghi turistici (men che meno per un mese, come usava in passato), avendo a disposizione un budget meno ricco per le ferie d’agosto. Solo un aggiornamento dello stile di vita, improntato a scelte più consone al giorno d’oggi, o reali problemi economici per ampie fasce della popolazione? Sulle ragioni di fondo gli esperti si dividono. Con l’autunno alle porte, le tasse scolastiche e i libri da comprare per i figli, e l’acquisto dell’auto nuova che si finisce per rimandare, gli italiani si sono armati di pazienza e calcolatrice.
Oltre all’alleggerimento dell’Irpef per il ceto medio, fra le promesse del viceministro Leo per la manovra troviamo altri due punti focali: la cosiddetta Ires premiale per le imprese e una nuova rottamazione delle cartelle esattoriali (spinta dalla Lega con un decreto legge al vaglio del Senato). Leo vorrebbe stabilizzare l’Ires premiale, che per quest’anno è temporanea. Si tratta di una misura che consiste nella riduzione dell’Ires, per il solo anno 2025, che porta l’aliquota dal 24 al 20 per cento, con l’obiettivo di premiare le imprese che reinvestono gli utili in innovazione e nuove assunzioni. «Penso che sia necessario stabilizzare l’Ires premiale – spiega – migliorandola e rendendola ancora più semplice. Poi si dovrà lavorare alla rottamazione quinquies». Quest’ultimo è un intervento che potrebbe subentrare alla precedente rottamazione quater, introdotta con la legge di bilancio 2023. Con la quinquies (se si trovassero almeno altri 5 miliardi) i contribuenti potrebbero regolarizzare i debiti iscritti a ruolo senza pagare sanzioni e interessi di mora, ma solo l’importo del tributo e gli interessi legali. Ci saranno da rispettare, però, delle scadenze rigide.
Sono i tre focus su cui si sta concentrando la caccia del Mef alle coperture. Se per l’opposizione è soltanto un libro dei sogni, nel frattempo il governo rivendica i risultati raggiunti sul terreno del contrasto all’evasione fiscale. «Nel 2024 sono stati recuperati oltre 33,4 miliardi di euro. Un record assoluto», dichiara il viceministro Leo che, affiancando questi dati all’aumento delle entrate tributarie registrato nei primi mesi del 2025 (+18,8 miliardi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), aggiunge che si tratta di «numeri parlanti». La prudenza lo spinge tuttavia a mettere le mani avanti: «Il taglio delle tasse deve essere compatibile con i conti pubblici. Non abbiamo intenzione di stravolgere gli equilibri di bilancio». Frase chiave per farci capire che, se non si troveranno le risorse, dovremo rassegnarci a pagare le tasse ai livelli attuali. «La priorità – conclude Leo – è concentrare gli sforzi di riscossione dove c’è margine di recupero. Qualsiasi intervento, compresa una nuova definizione agevolata, dovrà inserirsi in un quadro coerente e realistico».
Il dossier più delicato, infatti, resta quello del cosiddetto magazzino delle cartelle esattoriali, che ha ormai superato la soglia dei 1.300 miliardi. Una cifra mostruosa su cui è al lavoro una Commissione ministeriale con l’obiettivo di distinguere i crediti effettivamente esigibili da quelli di fatto ormai irrecuperabili. Morale della favola, la manovra cerca risorse senza far saltare il banco.