La guerra commerciale tra Usa ed Ue è scongiurata in seguito all’accordo sui dazi tra Trump e Von der Leyen ma l’intesa lascia sul campo molte incognite
La guerra commerciale tra Usa e Ue è stata scongiurata, e l’accordo che prevede l’applicazione di tariffe al 15% sul 70% delle esportazioni del Vecchio Continente negli States (per un valore di 380 miliardi) a partire dal 1° agosto – considerando l’evidente squilibrio di potere contrattuale tra le due sponde dell’Atlantico – viene considerato “il migliore possibile” di fronte al 30% messo nero su bianco nella lettera inviata a Bruxelles dalla Casa Bianca, “una prospettiva reale”, che avrebbe assestato una battura d’arresto al commercio transatlantico mettendo a rischio quasi cinque milioni di posti di lavoro”. Il giorno dopo la stretta di mano in Scozia tra il capo dell’esecutivo Ue, Ursula von der Leyen, e il presidente Usa, Donald Trump, Maro Sefcovic, il commissario europeo che ha tessuto per mesi la rete della trattativa con la controparte statunitense, richiama i Ventisette a un atto di realismo. L’accordo raggiunto è il male minore.
Un compromesso, accettabile per alcuni, da cassare per altri, a seconda delle ricadute della stretta tariffaria sul settore “core business” dei diversi Stati. Ci sono ancora diverse incognite, molti dettagli da definire e tante precisazioni da fare. Si attende la dichiarazione comune Ue-Usa che dovrebbe essere messa a punto entro venerdì. Mentre le contromisure annunciate dalla Commissione che sarebbero entrate in vigore in caso di mancato accordo, saranno sospese il 4 agosto, ma “restano pronte e riattivabili”, ha avvertito l’esecutivo europeo.
I tre pilastri del patto
I pilastri del patto sono sostanzialmente tre. Il primo è il “tetto” unico del 15% – comprensivo delle tariffe già in essere – che porterà nella casse federali 80 miliardi di euro a parità di flussi, circa dieci volte il valore delle entrare sui beni Ue prima del secondo mandato del tycoon. Varrà anche per i chip e i prodotti farmaceutici, ora a dazio zero, se al termine delle investigazioni commerciali attualmente in corso negli Stati Uniti la Casa Bianca dovesse coinvolgere anche le importazioni dalla Ue.
Sul fronte dei farmaci potrebbero “salvarsi” solo alcuni generici. Farmindustria ha già stimato in 2,5 miliardi di euro i danni per il settore in seguito all’applicazione di un dazio al 15%. Il 15% potrebbe valere anche per legno e rame. Il dazio sulle auto Ue, oggi al 27,5%, scenderà al 15% mentre la Ue ha accettato di ridurre la propria tariffa dall’attuale 10% al 2,5%.
L’accordo prevede l’introduzione di uno schema di esenzione reciproca da dazi (“zero per zero”) su una serie di prodotti strategici, tra cui aeromobili e relativi componenti, macchinari per semiconduttori, alcuni prodotti chimici, materie prime critiche e risorse naturali non disponibili negli Usa, come il sughero. Rientrano inoltre in questo regime alcuni prodotti agricoli non sensibili, come noci, pesce trasformato e cibo per animali. Al momento, restano esclusi da questo elenco i vini e i superalcolici, su cui i negoziati sono ancora in corso. Secondo i funzionari Ue, si è pià vicini a un’intesa sui superalcolici rispetto ai vini. Per acciaio e alluminio, l’accordo prevede il mantenimento del dazio del 50%, che sarebbero sostituiti da un sistema di quote. Una soluzione tutta da definire, intanto, ha sottolineato Eurofer, “l’impatto sull’acciaio europeo rimane drammatico”.
600 miliardi d’investimenti negli Usa
Un altro pilastro poggia sui 600 miliardi di investimenti negli Usa “promessi” a Trump. Su cui la Commissione ieri ha voluto fare chiarezza: non è una replica del modello Tokyo che ha messo sul piatto 550 miliardi di investimenti pubblici, qui si tratta di investimenti privati, progetti che sarebbero già previsti/ipotizzati dal settore imprenditoriale, che sosterranno lo sviluppo di settori tecnologici avanzati come i chip per l’intelligenza artificiale.
Il terzo pilastro riguarda gli acquisti strategici in energia: l’accordo prevede che Bruxelles compri da Washington Gnl, petrolio e combustibile nucleare per un valore complessivo di circa 750 miliardi di dollari negli anni della presidenza Trump, 250 miliardi l’anno. Non fanno parte dell’accordo, invece, gli acquisti di armi.
Dazi, accordo Usa-UE le incognite economiche
Le associazioni di categoria stimano l’impatto sulle proprie imprese. Antonio Gozzi, amministratore delegato di Duferco e presidente di Federacciai, va dritto al punto: “Da subito servono sostegni e compensazioni per le imprese colpite”. Per Confindustria “oggi tutto quello che è oltre lo zero è un problema. Oggi l’impatto del 15% dei dazi per le imprese italiane vuole dire 22,26 miliardi di probabile vendita verso gli Usa”, è il messaggio del presidente Emanuele Orsini.
Per Unimpresa l’effetto dei nuovi dazi potrebbe essere “sensibilmente inferiore rispetto alle stime iniziali”, perché “alcuni settori chiave, come il farmaceutico, le specialità chimiche e parte dei beni ad alta tecnologia, saranno soggetti a esenzioni totali o parziali”. Pertanto, a fronte di un export complessivo verso gli Usa pari a circa 66-70 miliardi di euro, l’esposizione effettiva delle imprese italiane ai dazi – si stima – si ridurrebbe quindi a una base tra 45 e 50 miliardi di euro. Di conseguenza, il costo diretto stimato per le aziende si attesterebbe in un intervallo compreso tra 6,7 e 7,5 miliardi di euro, rispetto ai quasi 10 miliardi ipotizzati in precedenza”.