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Navi da crociera, Venezia torna sorvegliata speciale

Il progetto è quello di scavare e rendere più profondi due canali di navigazione esistenti, il Malamocco-Marghera e il Vittorio Emanuele III

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La storia di Venezia è piena di buoni e cattivi: da Goldoni a Thomas Mann la città è raccontata come un luogo che pullula di cultura e spensieratezza, ma anche di grettezza e perfidia. Così abbiamo i “rusteghi” goldoniani, vecchiacci avari e misogini e, per contro, le “virtuose massaie” come le definiva l’autore stesso, delle “Donne de casa soa”; o ancora prima, con Shakespeare, un Senato clemente, lo sciocco Roderigo e la virtuosa e sventurata Desdemona, e poi il terribile Shylock e il malinconico Antonio.

Più di recente, Henry James e Thomas Mann della città evidenziano la bellezza irresistibile ma anche mortale. Buoni e cattivi, insomma, amore e morte.

Unesco, confermata la candidatura ma la Laguna resta a rischio

Sarà anche per questo che nel 1987 l’Unesco, l’Organizzazione dell’Onu per l’Educazione, la scienza e la cultura, ha stabilito che Venezia e la Laguna sono patrimonio dell’umanità: compito dei veneziani e degli italiani sarebbe proteggerlo, questo patrimonio, dai cattivi che lo minacciano. Non sono più gli Ottomani del rammentato Otello, né gli Asburgo ai quali la città fu costretta ad arrendersi nel 1849, data scolpita nella memoria di tutti quelli che alle elementari imparavano a memoria “L’ultima ora di Venezia”: “Il morbo infuria, il pan ti manca / Sul ponte sventola bandiera bianca”. No, i nemici di Venezia oggi arrivano dal cielo, dal mare, dalla terra e qualche volta arrivano travestiti da amici.

Si ringrazia Alessandro Calvi per la concessione delle foto della Giudecca


A luglio scorso il vacillante patrocinio Unesco è stato confermato: il comitato ha deciso di non inserire città e Laguna nei siti a rischio di espulsione dalla lista. Le amministrazioni e il nostro governo hanno fatto il necessario, secondo loro, per dimostrare di voler difendere mare, suolo, patrimonio, tradizione e storia. E se molti problemi restano, qualcosa secondo l’Onu è stato fatto. Venezia resta con ciò “sorvegliata speciale” e sta a noi dimostrare che questo necessario non sia poi solamente lo “stretto necessario”. E che il percorso virtuoso non subisca brusche inversioni, come invece potrebbe succedere.
Inversioni da evitare. A partire da quelle delle grandi navi da crociera, che fino al 2021 erano autorizzate a circolare in Laguna e ad attraversare il Canale della Giudecca: colossi galleggianti più alti di qualunque edificio veneziano, popolati più della Giudecca stessa. Non sono fra l’altro navi concepite per navigare su fondali bassi, e il danno materiale e potenziale è stato riconosciuto (addirittura) dal Governo italiano: dal 2021, per legge, le navi con stazza superiore alle 25mila tonnellate devono restare fuori dalla Laguna. Non è solo un problema di proteggere edifici e monumenti del Centro storico: la Laguna è un ecosistema complesso e unico al mondo, quanto la città che ci sta in mezzo. Se si va a fare la spesa al mercato di Rialto (esperienza a sua volta unica e aliena al giro turistico), alla richiesta di un chilo di vongole ci verrà chiesto ad esempio: “Di mare o di Laguna?” E una volta nella vita sarebbe bene provarle, le seconde. Il risotto “de gò” è un’altra cosa che si mangia solo da quelle parti, perché solo in Laguna si pesca o si alleva questo pescetto, il ghiozzo. E ancora “gransegola”, “peoci”, “sepioline”: l’importanza della fauna lagunare travalica naturalmente la gastronomia, tanto più se ci si addentra nelle questioni di equilibrio ecologico, così delicate in un mare “chiuso” dal quale, per quanto poco invitante per farci il bagno, dipendono igiene e salute di tutta la città e di gran parte dell’Adriatico settentrionale.

Un progetto per riportare le grandi navi a Venezia

Ma a volte ritornano: e c’è un progetto per riportarcele, queste grandi navi, intorno a San Marco. La questione è stata sollevata pochi giorni fa, alla Camera, dall’onorevole Luana Zanella, Presidente del gruppo parlamentare di “Alleanza Verdi e Sinistra”: l’interlocutore è il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Fratin. «Sulla base di pubblico concorso – ha ricordato Zanella – sono stati presentati progetti di approdo fuori dalla Laguna di Venezia, valutati positivamente dalla commissione di valutazione di impatto ambientale. Voi, invece di procedere alla loro selezione ed attuazione, state valutando altri progetti mastodontici presentati, a mandato pressoché scaduto, dall’ex commissario straordinario per le crociere, presidente dell’Autorità portuale, Di Blasio, lavori che manterrebbero le crociere in Laguna e sarebbero devastanti per la laguna stessa».
Il progetto contestato dalla deputata, in sostanza, è quello di scavare e rendere più profondi due canali di navigazione esistenti, per inciso il Malamocco-Marghera, che collega l’ingresso a Sud della Laguna con il porto commerciale di terraferma, e quello che si chiama Vittorio Emanuele III, che va da Marghera alla vecchia Marittima, dove prima le navi arrivavano attraverso il Canale della Giudecca. Aumentare la portata dei due canali consentirebbe il passaggio di imbarcazioni di “medie dimensioni” (da 50mila a 65mila tonnellate di stazza).
Con evidenza il progetto è inteso alla creazione di una rotta accessibile a navi espulse dal decreto del 2021, e comporterebbe fra l’altro la movimentazione di una quantità enorme di fango, con un danno ecologico incalcolabile secondo le parti politiche più sensibili al problema ambientale.

Il problema ambientale, il consigliere comunale Bettin: “Una linea scellerata”

Fra questi Gianfranco Bettin, scrittore e uomo politico, attualmente consigliere comunale veneziano, e impegnatissimo da anni intorno alle problematiche ecologiche e civili della sua città: «Una linea scellerata perché – ci spiega – aggraverebbe il dissesto idrodinamico e ambientale dell’ecosistema lagunare e inchioderebbe Venezia a un disastro ecosistemico che l’atto di allontanare le grandi navi dalla marittima aveva cominciato a riconsiderare e ad affrontare diversamente».
La navigazione, che è alla radice economica e storica della fortuna cittadina, rischia di diventare la sua nemesi. Esiste un’alternativa, caldeggiata dalla stessa Zanella alla Camera, dove la deputata ha rammentato al ministro che «esistono dei progetti già pronti, che potrebbero essere valutati e attuati per la costruzione di approdi offshore, che sarebbero anche una sperimentazione molto interessante a livello mondiale».
La via più sostenibile e democratica per affrontare il problema, una volta accertato l’impatto ecologico, la rammenta Bettin: «Non siamo andati abbastanza avanti – sostiene – con l’idea dello sviluppo di un concorso internazionale che dovrebbe progettare il porto offshore: è su questo che occorre concentrarsi. Certamente è una soluzione più complessa, ma è l’unica in grado di proteggere la funzione portuale a Venezia, non solo quella turistica ma quella commerciale e industriale. L’attuale tendenza al gigantismo delle stesse navi mercantili richiede un porto che possa soddisfare questa domanda, e non dentro la Laguna, a meno che non si voglia distruggerla».

Oltre il turismo, navi mercantili e Mose

Le navi mercantili, giusto: a forza di parlare di turismo si dimentica che siamo nel Nord-Est d’Italia. Il porto di Venezia, per flusso di merci, è il secondo dell’Adriatico (il primo per flusso di passeggeri), ma l’attività industriale e commerciale è vittima di un declino che solo in parte può essere ricondotto all’enfasi delle stesse amministrazioni verso il doping dell’attività turistica, altro problema nevralgico di cui si parlerà più avanti.
Più avanti, perché di mezzo c’è il Mose. Difficile non aver mai sentito parlare del “Modulo sperimentale elettromeccanico”, opera ingegneristica tormentata e costosa in grado, per mezzo di un monumentale sistema di paratie, di separare le acque della Laguna dall’esterno, proteggere Venezia dal “resto del mare” e contenere in tal modo un fenomeno, quello dell’acqua alta, che da sempre ha causato danni alla città, ma che per via del cambiamento climatico rischiava di diventare un cataclisma. Fra gli anni Ottanta e il 2010 la frequenza delle maree oltre i 110 centimetri, quelle cioè allarmanti per la città, è praticamente raddoppiata, e queste maree erano nel 2010-20 trenta volte più frequenti di quanto avvenisse un secolo prima. La prospettiva catastrofica connessa a questo aumento ha convinto, non senza dibattito, a costruire questo scudo artificiale, che si alza e si abbassa a seconda della necessità, e che è costato complessivamente, secondo alcune stime, oltre sette miliardi di euro, 40 anni di lavoro con, di mezzo una pioggia di arresti, avvisi di garanzia e commissariamenti che richiederebbero un volume a parte per essere raccontati.
Ma il passato è passato, facciamo finta: il Mose, ora, funziona? Sembrerebbe di sì, almeno lo dice un’occhiata ai numeri: la conta ci dice che dal 2020 a oggi l’alta marea “critica” ha colpito Venezia solo tre volte, sono per il momento gli stessi livelli del 1910. I problemi non mancano, però. In primo luogo è stato necessario azionare il dispositivo molto più spesso di quanto previsto dal progetto: si pensava, al suo concepimento, che sarebbe servito tre o quattro volte l’anno, mentre invece, per esempio, nel 2023 è stato attivato 36 volte, e almeno 32 nel 2024. Costa tanto, tirare su quella barriera, c’è chi parla di 500mila euro per volta. E le navi, grandi e piccole, non possono passare.
È sempre Gianfranco Bettin ad aiutarci nel sintetizzare i problemi: «Sì, il Mose evita le maree maggiori e tiene all’asciutto la città. Però Venezia va salvata non solo “dalle acque” ma “nelle acque”, nell’equilibrio cioè dell’ecosistema lagunare e nelle sue funzioni economiche e produttive, tra cui appunto quella portuale». C’è inoltre un singolare problema, che riguarda fognature e scarichi di una città sempre più spopolata ma sempre più affollata: «Come è noto – ci ricorda Bettin – gran parte della città storica non ha le fognature e da sempre, attraverso un sistema ingegnoso che risale alla Serenissima, Venezia viene ripulita dai propri scarichi proprio dalla marea, che sei ore cala e sei ore cresce, svuota la città e comunque vivifica l’intera Laguna. Se si blocca questa funzione per troppe volte e per troppe ore, la Laguna va distrutta». Va pensato fin d’ora, insomma, un “Dopo-Mose”, sistema efficiente per la sua funzione primaria, ma concepito con uno sbaglio di calcolo sulla proporzione del mutamento climatico.

Matrimoni miliardiari e overtourism

Ci mancava Jeff Bezos, poi. Il Paperon de’ Paperoni di Amazon, invece di ricostruirsi Venezia in qualche deserto, da buon riccone yankee, ha deciso la primavera scorsa di venirsi a sposare proprio qui, bloccando la città per giorni e dimenticandosi forse che il matrimonio veneziano non aveva portato bene alla sventurata Desdemona.
Chi è stufo del termine “overtourism” quanto della nozione stessa potrebbe immaginarsi a questo punto l’incubo di un “iperturismo” che è il passo ulteriore per dissolvere comunità ed economia cittadine. Spritz, pizzettari e minimarket hanno da tempo cacciato gli abitanti dal suolo di San Marco e dintorni e, col dilagare degli affitti brevi, anche dalle case. Il problema è panitaliano, ma sul tema scabroso dell’economia turistica che corrode tutto e tutti, Venezia è all’avanguardia: «Serve perseguire a ogni costo la messa sotto controllo dell’industria turistica, che è diventata devastante per la stessa capacità di Venezia (e non solo Venezia) di essere città», commenta ancora Gianfranco Bettin. Prezzi fuori controllo, affitti impossibili, folle sciamanti a caccia di un selfie, un fenomeno che anche a Venezia (come altrove) non si limita al Centro storico ma da tempo affligge anche l’entroterra adiacente, Mestre e Marghera.
«Un tema importante – aggiunge Bettin – è il destino di Porto Marghera, dove migliaia di ettari disponibili e ben attrezzati per fare industria moderna, compatibile, sostenibile, innovativa, sono bloccati dal fatto che lo Stato italiano non investe per bonificare i terreni e restituirli a una funzione produttiva».
Un lato importante della storia di una città e di un territorio complesso, storicamente molto più autonomo di altri, che però avrebbe bisogno di attenzione da parte dello Stato e dell’Europa. Esiste già una legge speciale, ma serve molto altro: «Tutte le forze politiche di qui sono d’accordo – spiega ancora Bettin – serve un rifinanziamento della legge speciale, di 150 milioni, non meno. E poi un forte investimento su Marghera, come fece la Germania con la Rur, per bonificare, rigenerare e rimettere in attività la grande zona industriale, che potrebbe diventare un importante motore economico per la città.
Se il Governo non vuole o non può farlo, potrebbero dare a Venezia i poteri speciali di una città-stato: è già un disegno di legge che intende accodarsi all’iter parlamentare di Roma Capitale, poteri speciali che noi chiediamo di avere anche per Venezia».
Vedremo. Tutto sembra molto urgente e, per chi ci finisce in mezzo, da visitatore o da residente, urgentissimo. Servirà anche, alla fine di tutto, una suggestione, un pensiero, quel senso di meraviglia che Venezia ispira con prepotenza, trapassando Bezos, le pizzerie e le grandi navi. Il suggerimento di Shakespeare e Goldoni è che, a Venezia, vizi e sciagure sono al maschile, mentre la parte femminile è più scaltra, appassionata, intelligente (alle volte sfortunata, vero, ma se Desdemona fosse rimasta ad aspettare Otello in Laguna, non avrebbe fatto quella fine).
Varrà citare, dopo tanti classici, un recente romanzo, pieno d’incanto e amore per Venezia, scritto da Giulietta Raccanelli e Alberta Basaglia, tutt’e due veneziane: il libro s’intitola “I rintocchi della Marangona”, e descrive l’incontro fantastico di due bambine, una di oggi e una del Cinquecento. Attraverso i loro occhi si riesce a visitare quella città misteriosa e fatata che ancora oggi varrà la pena di pensare e riprogettare soprattutto per i piccoli, abitanti o turisti che siano.

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