C’è più creatività e più startup ma manca la capacità di trattenere talenti e trasformare i progetti in occupazione stabile e scala economica
Non si tratta ancora di un “miracolo economico” ma di un fermento che racconta la vitalità e la resilienza di un territorio troppo spesso ridotto a cliché. L’innovazione nel Sud Italia, infatti, non si manifesta solo nella tecnologia ma anche nella capacità di rigenerare tradizioni, di trasformare le materie prime della terra, il cibo, l’accoglienza, l’artigianato e perfino i luoghi abbandonati in vere opportunità di lavoro e di futuro.
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Ancora una stagione contraddittoria ma sorprendente, quella per il Mezzogiorno, in cui persistono le antiche fragilità, legate alla disoccupazione tra le più alte d’Europa, alle infrastrutture carenti e all’emigrazione delle competenze, che si raffrontano con il moltiplicarsi di esperienze di innovazione diffusa, capaci di ribaltare stereotipi e di proporre modelli di sviluppo inediti.
Start-up che nascono in contesti periferici, cooperative che riscoprono i borghi, giovani che tornano dopo anni all’estero portando competenze digitali, imprenditori che investono in energie rinnovabili e nuove forme di turismo sostenibile: tutto questo compone un mosaico di rinascita silenziosa. Per il “locale”, ma anche per l’intero Paese: senza il Mezzogiorno – rileva il Centro Studi di Confindustria nel Rapporto di previsione per l’Autunno 2025 “Investimenti per muovere l’Italia” – dal 2020 al 2023, la crescita nazionale sarebbe stata più bassa di mezzo punto cumulato in tale periodo.
Sul fronte ricerca e innovazione, alla fine del 2024 l’Italia – riporta a sua volta StartupItalia – contava circa 11.565 startup innovative, e il Mezzogiorno ha registrato una crescita particolarmente rapida delle nuove imprese tecnologiche: le startup under-35 nel Sud sono aumentate del 69,1% tra il 2016 e il 2024, un’accelerazione superiore a quella del Nord e del Centro.
Ma questi segnali positivi convivono con cifre inquietanti: tra il 2014 e il 2024 la popolazione italiana tra i 15 e i 34 anni è diminuita di quasi 747.700 unità, gran parte delle quali (circa 731.000) si concentrano nel Mezzogiorno, una perdita demografica che pesa sul futuro del territorio. Allo stesso tempo, ad aprile 2025 il tasso di disoccupazione giovanile in Italia era ancora attorno al 19,2%, a indicare che l’ingresso stabile nel mercato del lavoro rimane una sfida per molti giovani.
Questi numeri spiegano la contraddizione apparentemente paradossale che attraversa il Sud: c’è più creatività e più startup, ma spesso manca la capacità di trattenere talenti e trasformare i progetti in occupazione stabile e scala economica. L’innovazione, insomma, cresce ma non sempre trattiene chi la genera.
Dietro questi numeri c’è chi invece non vede il Sud come la terra da cui si parte, ma anche quella in cui si sceglie di restare. Non solo grafici ma volti e scelte concrete: coloro che tornano per lavorare da remoto, imprenditrici che trasformano tradizione e tecnologia in impresa, e progetti sociali che fanno dell’inclusione una pratica quotidiana. In Puglia, l’ingegnere elettronico Mariarita Costanza ha fondato Macnil, un’impresa innovativa nel campo dell’Internet of Things (IoT). Subito dopo la laurea, Mariarita ha scelto di non emigrare ma di costruire sul territorio la cosiddetta “Murgia valley”.
La sua azienda è nata con soluzioni software per l’invio massivo di SMS che rapidamente si è specializzata in fleet management e IoT. Oggi Costanza è riconosciuta non solo come imprenditrice ma anche come mentor e investitrice, è promotrice di iniziative per l’innovazione nel Sud e figura attiva in reti per l’imprenditoria femminile e l’ecosistema locale. Nel 2023 è stata nominata tra i dirigenti con deleghe per l’innovazione in ambito Confindustria territoriale.
Accanto a questo profilo d’impresa ci sono poi percorsi di imprenditoria rurale e sociale sostenuti da strumenti pubblici (come il bando Resto al sud) che hanno permesso a molti di avviare aziende e attività locali, contribuendo a trasformare idee in occupazione. Un esempio arriva da Cosenza, dove ha aperto Affavorì – Trattoria delle Persone. Promossa dall’associazione “La Terra di Piero”, è un ristorante sociale che vede protagonisti ventitré giovani con disabilità. In cucina e in sala lavorano fianco a fianco ragazzi con sindrome di Down e disturbi dello spettro autistico, guidati da cuoche esperte. Ragazzi che hanno aderito a questo percorso di apprendimento lento e accompagnamento al mondo del lavoro. Nel menù ci sono i piatti tipici cosentini, come i maccabuoni al ferretto, preparati rigorosamente a mano.
«Non è solo una trattoria – spiegano i promotori – ma un luogo che restituisce dignità, futuro e autonomia a chi troppo spesso viene escluso dal mondo del lavoro». Il progetto, nato da esperienze di pranzi solidali e laboratori, è oggi un presidio nel cuore della città. «Ogni piatto che esce dalla cucina racconta una storia di inclusione», recita uno degli slogan. Non mancano le difficoltà: molti ragazzi abitano lontano e si è dovuta avviare una raccolta fondi per acquistare un pulmino che li porti al lavoro. Ma l’idea è chiara: «Affavorì non vuole fare assistenza, vuole creare opportunità concrete».
Anche a Palermo l’esperienza delle “Cuoche combattenti” di Nicoletta Cosentino nata dalla sua stessa esperienza personale e da percorsi attivati nei centri antiviolenza, ha trasformato prima un tirocinio formativo in un laboratorio artigianale e poi in una vera e propria bottega-laboratorio che produce conserve, dolci e prodotti da forno con un’etichetta “antiviolenza” pensata per veicolare messaggi di emancipazione. Il progetto, sostenuto da microcredito e reti del terzo settore, offre alle donne vittime di violenza percorsi di formazione, autonomia economica e inserimento lavorativo, “Non siamo vittime ma combattenti”, recita lo slogan che accompagna la produzione e funziona da ponte tra cura, comunità e reddito nel Sud Italia.