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Le note ignorate delle regine degli spartiti

Accanto agli uomini celebrati ci sono nomi anche di donne che tra fatti e leggende hanno lasciato traccia delle loro esistenze nei testi. Conosciute dagli addetti ai lavori (e non solo), protagoniste di libri, studi, articoli e ricerche che in certi casi ne hanno alimentato il mito

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Francesca, Clara, Anna, Maddalena, Barbara, Fanny, Hildegarda… Sono solo alcune delle regine dello spartito protagoniste di una narrazione a canone inverso che nella parola musica ha il suo sigillo scarlatto.

Compositrici, cantanti e strumentiste il cui talento ha fatto i conti con l’epoca in cui sono vissute, con il pregiudizio, con regole non negoziabili, con ruoli prestabiliti. Donne strette nelle maglie di codici sociali che ne hanno tarpato le ali ma non spezzato il volo. Resa ardua la vetta ma non la sfida. Il tempo (insieme alle doti e alla tenacia) è stato il loro migliore alleato.

Così le loro storie e le loro opere, tra luci e ombre, sono arrivate fino a noi. Monache, sorelle, spose e nubili hanno tessuto tappeti di note, scritto sul pentagramma un’altra storia della musica: dal greco antico mousiké, che significa “arte delle Muse”. Femminile la genesi, femminile l’etimologia, maschile la Storia che conta. Quella che passa dai giganti della Classica, geni indiscussi che hanno dato all’umanità capolavori senza tempo: Amadeus, Ludwig, Robert, Johann Sebastian, Antonio, Fryderyk, Franz, Richard…

Accanto ai loro nomi, però, ci sono anche quelli di donne che tra fatti e leggende hanno lasciato traccia delle loro esistenze sugli spartiti. Conosciute dagli addetti ai lavori (e non solo), protagoniste di libri, studi, articoli e ricerche che in certi casi ne hanno alimentato il mito. Difficile raccontarle tutte.

La sibilla renana, Ildegarda di Bingen

Lo scrigno si apre con Ildegarda di Bingen (1098-1179), la sibilla renana: prima musicista e compositrice cristiana di cui si hanno testimonianze. A lei si deve, ad esempio, la creazione di una delle prime lingue artificiali. Si tratta della “Lingua Ignota”, un enigmatico repertorio linguistico. Ildegarda si interessava di cosmologia e di linguistica ma coltivava pure studi di area medico-scientifico. Monaca benedettina, mistica, teologa, filosofa e musicista appunto.

Per Umberto Eco “un’originale compositrice di liriche sacre”. Del resto, lo studio della Bibbia era applicato proprio alla musica. Le sette note giocavano un ruolo determinante nella vita monastica. I canti della badessa si trovano in due importanti manoscritti. Il primo è il Codice 9 dell’attuale Monastero di Dendermonde, scritto durante la vita di Ildegarda sul Rupertsberg. Il secondo è indicato come HS, scritto poco dopo la morte della badessa in relazione all’avvio del processo di canonizzazione da parte del convento di Rupertsberg.

E poi c’è l’Ordo Virtutum (Ordine delle Virtù): dramma morale allegorico, o dramma musicale sacro. Ildegarda lo compone intorno al 1151, durante la costruzione e lo spostamento della sua abbazia a Rupertsberg. Da oltre un secolo è considerato il più antico dramma morale e l’unico dramma musicale medievale sopravvissuto con un’attribuzione sia per il testo che per la musica.

L’Ordo Virtutum non racconta né eventi biblici, né la vita di un santo, né miracoli, ma il cammino dell’Anima verso la salvezza, tra le Virtù e il Diavolo. E, forse, non sarà neanche un caso che Ildegarda appartenesse all’ordine di San Benedetto a cui per alcuni spetta il merito di aver avuto più compositrici di qualsiasi altro. La ragione? La cura certosina per la liturgia. Canto del notturno, il canto della lode, i terzi e i sesti inclusi. Così le suore cantavano per cinque o sei ore al giorno.

Rinascimento al femminile, Maddalena Casulana

Lasciamo i monasteri e incontriamo Maddalena Casulana nata a Casole d’Elsa vicino Siena nel 1544. Compositrice, cantante e liutista del tardo Rinascimento, viene ricordata per essere stata la prima donna compositrice ad aver pubblicato nella storia della musica occidentale. Il Desiderio, scritto a Firenze nel 1566 è il suo primo lavoro: quattro madrigali in una collezione.

A Venezia, due anni dopo Maddalena pubblica Il primo libro di madrigali: è la prima composizione pubblicata da una donna. Nella dedica a Isabella de’ Medici, la compositrice svela il suo desiderio: «mostrare al mondo il vanitoso errore degli uomini di possedere essi soli doti intellettuali, e di non credere possibile che possano esserne dotate anche le donne».

La Cecchina dei Medici, Francesca Caccini

Restiamo in Toscana. Era chiamata la Cecchina, Francesca Caccini nata il 18 settembre del 1587. Compositrice, clavicembalista e soprano. A Firenze, presso la corte dei Medici. La Cecchina viene descritta come una donna di alto ingegno e di grande cultura che dimostra anche come poetessa, scrivendo sia in italiano che in latino. Pochi ma importanti i lavori dati alle stampe e arrivati fino ai nostri giorni: Il primo libro delle musiche a una e due voci (Firenze, Z. Pignoni, 1618), e due arie a 1 voce, apparse in antologie del tempo: Dove io credea in Ghirlandetta amorosa (Orvieto, M. Fei – R. Ruuli, 1621) e Ch’io sia fidele in Le risonanti sfere (Roma, G.B. Robletti, 1629). A queste si aggiunge l’opera-balletto La liberazione di Ruggiero dall’isola d’Alcina (Firenze, P. Cecconcelli. 1625), ispirata a un episodio dell’Orlando furioso di Ariosto. A partire dal 1994 sul pianeta Venere, un cratere di 38,1 km di diametro porta il nome di Francesca Caccini.

Venezia e il barocco, Barbara Strozzi

Da Firenze a Venezia con Barbara Strozzi, battezzata il 6 agosto del 1619. È lei la dama della Suonatrice di viola da gamba dipinta da Bernardo Strozzi nel 1639. Compositrice, soprano ed esponente di rango della musica barocca, Barbara non si sposò mai ma ebbe quattro figli. Si racconta fosse la figlia adottiva (e forse illegittima) del giudice, poeta e librettista Giulio Strozzi e di Isabella Garzoni (soprannominata la Greghetta).

Nel 1637 Giulio fonda l’Accademia degli Unisoni. Barbara ne è membro e in questa veste recita e canta i propri lavori mettendo in musica gran parte dei testi scritti dal padre. La carriera come compositrice inizia nel 1644 con la prima delle sue otto pubblicazioni. Si tratta di un volume di madrigali per 2-5 voci su testi di Giulio Strozzi, da lei dedicato alla granduchessa di Toscana, Vittoria della Rovere.

Il suo catalogo comprende 125 composizioni. Tutte vocali e tutte date alle stampe, cosa eccezionale per una donna dell’epoca. Nel Dizionario dei musicisti viene definita la “nobile veneziana cui è attribuita l’invenzione della Cantata”. Muore a Padova l’11 novembre 1677.

“Donne strette nelle maglie di codici sociali che ne hanno tarpato le ali ma non spezzato il volo. Le loro storie e le loro opere, tra luci e ombre sono arrivate fino a noi. Monache, sorelle, spose e nubili hanno scritto sul pentagramma un’altra storia della musica”

Clara Schumann, talento e disciplina

Nell’inventario delle compositrici, tra le più conosciute figura Clara Josephine Wieck Schumann, nata a Lipsia il 13 settembre del 1819 e scomparsa a Francoforte sul Meno il 20 maggio del 1896. Compositrice e pianista tra le più importanti dell’era romantica.

A 9 anni scrive: «Mio padre, che da lungo tempo sperava in un cambiamento da parte mia, ha osservato oggi, di nuovo, che sono sempre ancora pigra, negligente, disordinata, testarda, disubbidiente, e ciò anche nel suonare il pianoforte; e poiché ho eseguito così male in sua presenza le nove Variazioni op. 26 di Hünten, egli ha strappato lo spartito di fronte ai miei occhi, e ha deciso che da oggi non mi avrebbe lasciato una sola ora, e oramai posso solo suonare scale, studi di Cramer e gli esercizi di Czerny per i trilli».

Clara che sposerà Robert Schumann, però, smentisce il padre. Suona e compone: Quatre Polonaises op. 1 pubblicate quando aveva solo dieci o undici anni. Poi capricci, valzer e lieder e, soprattutto, il suo Trio in sol minore per pianoforte, violino e violoncello op. 17.

Nannerl Mozart, il talento nell’ombra

Spulciando ancora nella Storia della musica cosiddetta colta, ci si imbatte nell’austriaca Maria Anna Walburga Ignatia Mozart. Poi baronessa von Berchtold zu Sonnenburg. Parenti e amici la chiamavano Nannerl. Compositrice, pianista e clavicembalista figlia di Leopold Mozart e di Anna Maria Pertl e sorella maggiore del leggendario Wolfgang Amadeus.

Nannerl è una bambina prodigio in giro per le corti europee col fratello che ne ammira il talento. In una lettera dall’Italia del 7 luglio 1770, Amadeus le scrive: «Sono stupefatto! Non sapevo fossi in grado di comporre in modo così grazioso. In una parola, il tuo Lied è bello. Ti prego, cerca di fare più spesso queste cose». Ma, per Nannerl il futuro da pianista e compositrice finisce in un cono d’ombra, presa com’è dagli obblighi di moglie e madre devota.

Fanny Mendelssohn, musica firmata da altri

Andiamo ad Amburgo. Qui troviamo Fanny Cäcilie Mendelssohn-Bartholdy, sposata Hensel. Pianista e compositrice, Fanny è sorella del compositore Felix e nipote del filosofo Moses Mendelssohn. Ricordata come autrice di Lieder, musica strumentale, cantate, oratori e scene drammatiche. Opere rimaste in gran parte manoscritte. C’è chi dice a causa della resistenza del padre e soprattutto del fratello a riconoscerle il diritto a una carriera pubblica di compositrice. Ben sei dei suoi Lieder sarebbero stati pubblicati sotto il nome del fratello.

Lili Boulanger, una meteora

«Una splendida e sfortunata meteora nella musica del 900», così si è scritto di Lili Boulanger: nome d’arte di Juliette-Marie Olga Boulanger, nata a Parigi il 21 agosto del 1893 e morta giovanissima e malata a Mézy-sur-Seine il 15 marzo del 1918. Il suo nome è associato a quello della sorella minore Nadia, direttrice d’orchestra e insegnante. Lili, nel 1913 è la prima donna a vincere il Prix de Rome di composizione musicale, con la cantata Faust et Hélène (premio diviso con Claude Delvincourt).

Alma Mahler, musa inquieta

Intrigante e sopra le righe la vita di Alma Maria Schindler in Mahler, Gropius e Werfel. Alma è la più bella ragazza di Vienna: compositrice (almeno 17 i Lieder da lei scritti) e scrittrice nata il 31 agosto del 1879. Chiamata “la vedova delle quattro arti” per via delle sue storie d’amore (coniugali e non), Alma era una seduttrice nata, fuori dalle regole. Aveva solo 18 anni quando s’innamora di Gustav Klimt. E se l’inizio è questo, la storia prosegue con tre matrimoni e un amante che non passa inosservato. La viennese, infatti, sposa in prime nozze il compositore e direttore d’orchestra Gustav Mahler di venti anni più grande di lei.

L’adagietto della Sinfonia n.5 del compositore – tra l’altro colonna sonora di “Morte a Venezia” di Visconti – è permeato dall’amore sofferto di Gustav per la bionda viennese che però nel 1910 si innamora di Walter Gropius, l’architetto rivoluzionario tra i fondatori della “Bauhaus”: leggendaria scuola di architettura, arte e design. Rimasta vedova di Mahler, Alma va a nozze con Gropius.

Ma ecco comparire sulla scena il pittore Oskar Kokoschka. Passione turbolenta. Viaggi, lettere, gelosie, fughe e possessività. Sono gli anni durante i quali Oskar crea alcune fra le sue opere più importanti. Su tutte La sposa del vento. L’irrequieta austriaca, interrompe brutalmente anche questa relazione. Il resto include una bambola che finisce pure in un racconto di Camilleri (“La creatura del desiderio”, edito da Skira). L’ultimo marito? Lo scrittore e drammaturgo austriaco, di origine ebraica, Franz Werfel.

Amy Marcy Cheney Beach

A questo punto, l’altra storia su spartito potrebbe continuare con Mrs. H. H. A. Beach pseudonimo di Amy Marcy Cheney Beach (1867-1944): compositrice e pianista statunitense. È lei la prima americana a cimentatasi nella produzione di musica colta.

Ethel Barns e Florence Beatrice Price

E ancora, ecco l’inglese Ethel Barns (1874-1948): pianista virtuosa nonché membro del primo consiglio della Society of Women Musicians: un gruppo fondato nel 1911 per creare legami tra compositrici donne e interpreti. Non manca all’appello la canadese Alma Clarke (1897-1935). Violinista e pianista inizia a comporre usando lo pseudonimo “Lozanne”. E poi la prima compositrice afroamercana: Florence Beatrice Price (1887–1953). Al suo attivo oltre 300 lavori.

Il jazz e la libertà, Carla Bley

A conclusione, questo inventario non completo con un salto quantico si concede una digressione a suon di jazz. E qui il nome che riaffiora è quello di Carla Bley, “signora dell’avanguardia” come qualcuno l’ha definita. A lei il successo e la notorietà, però, non sono mancati. Compositrice, pianista, organista e direttrice d’orchestra statunitense, Carla si è ritagliata uno spazio tutto suo. Iconica come poche, come quel suo caschetto di capelli biondi e frisé la cui frangia le arrivava fin sotto gli occhi.

Nata Lovella May Borg, l’eclettica Carla sposa il pianista jazz Paul Bley, del quale mantiene il cognome anche dopo il divorzio. Già a partire dal 1960, sue composizioni sono eseguite da diversi jazzisti di fama. Diventa un’importante figura del free jazz anni Sessanta, collaborando con la Liberation Music Orchestra di Charlie Haden…

Quella di Carla, però, è già un’altra storia. Il tuono degli anni Sessanta fa rumore e annuncia cambiamenti di usi e costumi che nel tempo incideranno sulla vita, sui diritti e sulla libertà delle donne, anche di quelle con gli spartiti in mano!

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