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Goldrake in tv dopo 50 anni, record di ascolti: «Perché il bene tu sei, sei con noi»

Oggetto di culto per alcuni, corruttore di coscienze per altri. Il mito è una metafora umana. i circuiti di mille valvole non sono invecchiati

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I circuiti di mille valvole non invecchiano. Continua ad attrarre seguaci, curiosi e sognatori, la faccia spigolosa e metallica di Goldrake. Domenica scorsa, per l’anniversario dei 50 anni dalla nascita, Rai2 ha mandato in onda due puntate. È stato un successo.

Secondo i dati Auditel, i due episodi hanno ottenuto 583.000 spettatori (con il 4,2% di share) e 721.000 spettatori (con il 4,6%), numeri che hanno convinto mamma Rai a non fermarsi lì. E così il robot della serie formata da 71 episodi, restaurata e arricchita da 3 inediti mai trasmessi prima dalla tv nazionale, continua a mangiare «libri di matematica e insalata di cibernetica».

Ancora, anche oggi, a distanza di cinquant’anni. Non solo fra le stelle sprinta e va, Goldrake è tornato a essere metafora umana nel senso più paradossale e più grande. Go Nagai, il suo creatore, 80 anni, ha raccontato che «riflettendo sulla storia dell’umanità, figure eroiche di questo genere compaiono di tanto in tanto. In un certo senso lui è una vittima della guerra, no? È un uomo costretto a lasciare il proprio paese. Persone simili ci sono state in passato e, purtroppo, potrebbero esserci anche in futuro».

Il fenomeno Goldrake

Goldrake è sempre stato molto più di un semplice cartone animato. In Italia (come in Francia e in Svizzera) è stato un fenomeno di costume. Ha segnato l’immaginario di un’intera generazione.

Non è detto che succeda ancora. Oggi la Marvel ha fagocitato tutto e anche la moda dei robot sembra svanita. L’AI contro i circuiti, il mondo liquido contro i cavi analogici. Ma l’Italia è un buon posto per la nostalgia. Ufo robot scintillava nelle sere verso l’estate. La prima puntata venne trasmessa su Rete 2 (l’odierna Rai2) il 4 aprile 1978. Erano le 18.45. Non si era mai vista una cosa così. Goldrake era la prima serie robotica giapponese trasmessa nel nostro Paese. E per presentarla al pubblico fu addirittura organizzato uno spazio apposito: «Trasmettiamo a colori. Buonasera con Superman e Atlas Ufo Robot». Maria Giovanna Elmi introdusse Goldrake spiegandone le caratteristiche e raccontando il successo che i particolari cartoni animati giapponesi stavano riscuotendo all’estero.

«Dei cartoni animati giapponesi si sa molto poco. Noi per la verità sappiamo pochissimo. Ma tutte cose vere. Sono nati nel 1924». Parlò di Ofuji («Che realizzò il primo Pinocchio: naturalmente un Pinocchio giapponese»), della tecnica tradizionale, della carta colorata, delle ombre (cinesi). Mentre in sottofondo la sigla che sarebbe diventata un cult scorreva già all’impazzata.

C’erano le battaglie spaziali, i drammi e la suspense seriale. E gli ascolti Rai si impennavano. Per due anni, l’appuntamento con Goldrake divenne imperdibile. Vennero programmati gli episodi in più blocchi: i primi 24 episodi nel 1978, altri 25 durante le festività, e gli ultimi 20 tra dicembre 1979 e l’inizio del 1980. Era un appuntamento con un certo tipo di fantasia che avrebbe preso piede anni più tardi. E poi c’era la sigla. Ufo Robot, scritta da Luigi Albertelli, divenne un tormentone. Del cartone non ne sapeva granché. La scrisse di corsa, all’ultimo istante, con Ares Tavolazzi e Vince Tempera.

«Molte delle mie canzoni, per culo o perché in effetti se lo meritano, vengono ricordate e ancora cantate. Non parlo di sigle come Furia, Ufo Robot, Nano Nano, Goldrake, Daitan tre. Ma di Zingara, Non voglio mica la luna, Un giorno insieme, Ricominciamo, La notte dei pensieri».

Doveva essere il Lato B, la sigla di chiusura, invece Albertelli si impose: «No, sarà un successo». Molte di quelle sue sigle sono rimaste nel cuore e nell’anima della gente. Perché la musica, ha detto ancora Albertelli, «è sempre stata, e sempre lo sarà, lo specchio della società del proprio tempo. Abbiamo perciò la musica che ci meritiamo». Goldrake compreso. Vince Tempera racconterà che «ulteriore dignità musicale a quelle sigle arrivò più tardi da Guccini, che ci faceva suonare Ufo Robot durante i suoi concerti e poi faceva il finto offeso».

Goldrake nella politica

Alcune associazioni di genitori e ambienti conservatori guardavano con sospetto i cartoni giapponesi, accusandoli di essere troppo violenti o alienanti. Il caso Goldrake finì persino in Parlamento: il deputato Silverio Corvisieri, membro della Commissione di Vigilanza Rai, pubblicò su La Repubblica del 7 gennaio 1979 un articolo dal titolo “Un ministero per Goldrake”, in cui attaccava duramente la serie e chiedeva maggiore controllo sui contenuti per bambini. «Il bombardamento psicologico di Goldrake è devastante».

E ancora: «Mi chiedo quanto serva discutere in commissione di tribune politiche e sindacali e di programmi culturali che vedono in dodici, quando poi i contenuti veri che la televisione propone sono tutta un’altra cosa e non vengono mai pesati criticamente». Parlò di culto del superuomo al quale i più piccoli rischiavano di avvicinarsi. Anche alcuni intellettuali si divisero: il quotidiano

Lotta Continua difese Goldrake definendolo «un simbolo di ribellione» e «bambini tenete duro che arriva Goldrake contro i genitori babbalei». Il celebre scrittore per ragazzi Gianni Rodari ne parlò in termini positivi, riconoscendone l’impatto creativo. All’opposto, figure come Dario Fo (premio Nobel) e lo scrittore Alberto Bevilacqua si schierarono contro la trasmissione, ritenendola diseducativa. Non potevano immaginare che i circuiti di mille valvole non sarebbero invecchiati.

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