Il cantore unico del mondo degli alberi scrive un vademecum su uno degli autori più prolifici del Novecento
V’è qualcosa di titanico nella vita e nell’opera di Georges Simenon, da più d’uno ritenuto tra i grandissimi scrittori del Novecento, financo il più grande. Non a caso sta riscuotendo grande successo la mostra in corso, fino all’8 febbraio del prossimo anno, a Bologna, negli spazi della Galleria Modernissimo, nel cuore della città, in Piazza Maggiore. Una mostra che giunge dopo un lavoro decennale svolto sull’archivio custodito dal figlio dello scrittore, John Simenon e che vede la stretta collaborazione di Adelphi, la casa editrice che dal 1985 è succeduta alla Mondadori nella pubblicazione della vastissima produzione simenoniana. Ma oggi v’è un altro protagonista, per certi versi inaspettato. Perché si scopre che Tiziano Fratus (1975), cantore unico del mondo degli alberi – ne scrive da una vita, li abbraccia, li conosce uno per uno, verrebbe da pensare – oltre che poeta raffinato è anche un simenoniano di ferro.
E da ieri è in libreria un suo saggio che lo certifica oltre ogni dubbio. Perché l’enciclopedico ed appassionato “L’affaire Simenon” di Tiziano Fratus (Solferino editore, 402 pagine, 22,90 euro) è uno di quei libri-mondo che fanno la felicità della larghissima pattuglia degli adepti simenoniani. Per cominciare: bellissima la copertina di Matteo Berton, una citazione omaggio delle mitiche copertine di Ferenc Pinter che negli anni Sessanta e Settanta hanno raccontato per immagini le inchieste del commissario Maigret. Poi, si viene guidati dalla introduzione di Fratus, i “Percorsi nel Labirinto Simenon” dove il camaleontismo dello scrittore belga (Liegi, 1903 – Losanna, 1989) viene esplorato attraverso luoghi, casi umani e curiosità. Una messe di notizie, citazioni, giudizi, retroscena che anticipano il ricco apparato bibliografico e la coraggiosa scommessa del nostro: che racconta nel dettaglio, uno per uno, “cento capolavori (o quasi)” di Simenon. Si va da “All’insegna di Terranova” a “Tre camere a Manhattan”, ovvero da un giallo di Maigret ad uno dei “romanzi duri” di Simenon che abbiamo imparato ad amare negli ultimi decenni.
Quello di Simenon è un caso editoriale eccezionale: un successo mondiale che dura da quasi un secolo. Tiziano Fratus ci accompagna in un viaggio nella sua vita e nei segreti della sua opera sterminata per conoscerlo meglio e orientarsi nella selva dei suoi scritti. Un’immersione nella voracità esistenziale di uno dei più prolifici autori del XX secolo quanto nella vasta “commedia umana” che ha imbastito, così ricca di volti, storie, ambientazioni, crimini e omicidi. Un vero e proprio vademecum letterario.
Scrive Fratus: “Entrare in un romanzo di Simenon vuol dire anzitutto ambientarsi tra oggetti, edifici, locande, vie, piazze, stanze, vecchi palazzi carichi di tappezzerie e mobilia e suppellettili. Simenon, lo si può ben dire, è stato un adoratore delle cose, un “cosaro” feticista: ha amato la realtà che ha tentato di possedere, tutta quanta, dal denaro, misura della nostra epoca, ai luoghi e alle distanze, e basti pensare ai tantissimi luoghi dove ha vissuto e dove ha scritto, per non parlare delle persone e in special modo delle donne, le tante che avrebbe amato”.
Già, le donne. Sulla voracità di Simenon nei confronti dell’universo femminile si è scritto di tutto e di più. Fratus sceglie di non avallare la corsa ai numeri e preferisce affidarsi ad una citazione di Goffredo Fofi, il grande critico che ci ha lasciato pochi giorni fa. Scriveva così riguardo alle “Memorie” di Simenon, dove la fine dell’unica figlia femmina, Marie Jo, suicida nel 1978 a 25 anni, ha una parte dolorosamente importante. “Sono pagine che certificano un Simenon introverso e infelice sempre: le piaghe dell’infanzia, del non-amore materno, della identificazione con la solitudine e la tristezza paterna, di un contesto di aridità e avidità che macinava i destini dei più sensibili e dei più deboli perseguitarono i suoi sogni e i suoi sentimenti. Esse spiegano in gran parte la sua ispirazione come l’amore così esclusivo per i figli, e il disincanto, la distanza e il cinismo nei confronti dell’ufficialità del suo tempo, e spiegano dall’altra parte la sua ricerca dell’uomo nudo, e la sua identificazione con i destini di altri infelici, solitari, diseredati e variamente falliti, che è il vero motivo dell’affezione che gli hanno portato, gli portano e gli porteranno milioni di lettori”.
Sì, in questo libro c’è davvero tutto (o quasi) su Simenon, l’uomo dei 400 romanzi e delle diecimila donne, come una biografia scandalistica lo ha a lungo dipinto. Fratus si congeda da lui ricordando come lo scrittore di genio, nell’ultima stagione della sua vita, si fosse ritirato a vita privatissima, rifiutando interviste. Addirittura, dopo una vita spesa tra i libri, non ne voleva più sapere. Basti immaginare che la sua nutrita biblioteca era stipata in un appartamento nel quale non metteva più piede. E se lo immagina, un anziano e musone Simenon, con la sua immancabile pipa in bocca, seduto su una poltrona nel salotto e su una panchina, protetto dall’ombra frusciante del grande albero del giardino di casa, attento al vento, alle foglie sui rami, recluso nel suo silenzio ostinato, capriccioso, senza più pensare a Maigret, ai suoi delinquenti o alle sue donne tatuate nell’inchiostro…