16 Dicembre 2025

Direttore: Alessandro Barbano

15 Dicembre 2025

Bondi Beach e quell’odio trasmesso di padre in figlio

C’è un dettaglio della strage di Bondi Beach che più di ogni altro, forse, interroga in profondità il nostro tempo: il legame familiare dei due attentatori. Sajid Akram, il cinquantenne di origini pakistane ucciso sul posto dalla polizia, era il padre di Naveed, il secondo terrorista che è stato ferito ed è ricoverato ora sotto custodia delle forze dell’ordine.

Padre e figlio verso la morte

È molto più di un semplice dato biografico, è – potremmo dire – una figura simbolica. Un padre che prende per mano il figlio non per accompagnarlo alla vita, ma per condurlo nella morte. Un figlio che non si ribella, non fugge, ma accetta quella traiettoria come destino condiviso. Di fronte a ciò sia la radicalizzazione individuale sia la retorica del “lupo solitario” si rivelano insufficienti a interpretare questa nuova fenomenologia del crimine di massa.

La violenza ereditata

Qui l’ideologia ha infatti attraversato il legame più intimo, ha colonizzato la relazione primaria, trasformando la famiglia da luogo di protezione a camera di risonanza dell’odio. La violenza nasce dentro la vita privata, viene preparata, allevata tra le mura domestiche. La storia del terrorismo ci consegna molti esempi di militanze ereditarie, di ambienti familiari segnati da radicalità politiche o religiose, ma raramente la coincidenza tra legame di sangue e atto di sterminio si presenta in forma così nuda, così esplicita come in questo caso. Padre e figlio insieme significano una cosa precisa: l’ideologia non è più solo convinzione, ma trasmissione, educazione, una sorta di cupa continuità.

Una visione totalitaria del mondo

Le indagini australiane stanno ancora chiarendo i profili dei due attentatori, ma gli elementi emersi – i materiali rinvenuti, i legami con ambienti riconducibili all’Isis – indicano una dinamica ormai riconoscibile: l’odio antisemita come parte di una visione del mondo totale, capace di fornire identità e scopo. Una visione che adesso, evidentemente, non chiede soltanto di essere creduta, ma di essere anche consegnata alla generazione successiva. È un aspetto inedito nella storia moderna dell’umanità. Nei grandi totalitarismi del Novecento il potere cercava di spezzare i legami primari per ricostruirli dall’alto. La delazione tra figli e genitori, l’educazione statale, la militanza giovanile servivano a questo: a sostituire l’autorità familiare con quella ideologica. Il legame di sangue doveva essere reciso o, quantomeno, neutralizzato. Il bambino doveva appartenere prima alla causa, poi ai genitori.

Il legame sacro tra jihadisti

Oggi accade qualcosa di diverso: l’ideologia jihadista – e più in generale le ideologie identitarie radicali – non chiede di scegliere tra famiglia e causa, ma di far coincidere l’una con l’altra, sacralizzando il legame. Questo totalitarismo è pertanto così pervasivo da indurre i genitori a consegnare i propri figli all’ideologia, facendo della famiglia una cellula autosufficiente ma allo stesso tempo funzionale. Bondi Beach è l’esempio più netto di questa trasformazione. Padre e figlio non vengono reclutati separatamente, ma condividono un orizzonte di senso, riconoscono nello stesso nemico – l’ebreo – il punto di condensazione del male.

Il 7 ottobre

Il 7 ottobre segna, da questo punto di vista, una soluzione di continuità ancora non abbastanza analizzata in quanto tale. Ricordiamo tutti l’audio agghiacciante della telefonata del giovane terrorista di Hamas che durante il pogrom chiama la sua famiglia per vantarsi con il padre di aver ucciso dieci civili ebrei con le sue mani e chiede a entrambi i genitori di vedere le immagini che ha postato sul cellulare. Il padre risponde: «Allahu Akbar, che Dio ti protegga figlio mio!». Se il terrorista chiama a casa per essere approvato, il padre diventa il tribunale ultimo. Se lui approva, il mondo allora può anche condannare.

La legittimazione

Quella scena ci dice qualcosa di essenziale: la violenza cerca oggi legittimazione non più nello Stato o nella Storia, ma nell’intimità familiare. Uccidere è un compimento a cui la famiglia, invece di opporre un argine, offre una consacrazione o, addirittura – come nel caso di Bondi Beach -, una collaborazione attiva. Nella strage di Sydney, infatti, padre e figlio non agiscono come due individui isolati, ma come un’unità compatta, un microcosmo in cui il confine tra bene e male è stato riscritto. Vanno a uccidere e a farsi uccidere insieme.

Ma se la famiglia in una tale deriva epocale e antropologica invece di trasmettere anticorpi li disattiva, sarebbe un errore – e una comoda autoassoluzione – fermarsi qui. Perché questa ideologia nichilista, funerea, questo “familismo immorale”, non prospera nel vuoto, non nasce solo nelle reti clandestine o nella propaganda jihadista, ma trova risonanza in un contesto occidentale che ha gradualmente abbassato le difese simboliche contro l’antisemitismo, rendendolo di nuovo dicibile e contestualizzabile.

La nuova “giudeofobia”

È la “nuova giudeofobia” di cui parla lo storico e filosofo francese Pierre-André Taguieff, una mutazione moderna dell’antisemitismo classico, che si presenta mascherato da antirazzismo e antisionismo, che parla il linguaggio progressista dei diritti e dell’emancipazione, ma che riproduce intatto il meccanismo antico dell’ebreo come problema, come nodo irrisolto della Storia. Quando la distinzione tra governo e popolo, tra politica e identità, tra critica e accusa collettiva viene erosa, il salto verso la violenza si fa inevitabile. Non perché tutti si trasformino in terroristi potenziali, ma perché il terrorista smette di apparire come un corpo estraneo, diventando l’esito estremo di una narrazione già metabolizzata e normalizzata.

Un segnale storico

Quando questo accade, quando l’antisemitismo cioè smette di sembrare una devianza, allora il passaggio di testimone tra padre e figlio non è più un’eccezione mostruosa. È una possibilità strutturale. Per questo Bondi Beach è un segnale storico. Ci dice che l’odio ha superato una nuova soglia: non ha più bisogno di spezzare i legami, ma li usa per il suo scopo. E quando un’ideologia genocida riesce a farsi trasmettere come un patrimonio, quando diventa parte della genealogia, nessuna risposta puramente securitaria può bastare.

La Storia da riconoscere

La Storia non si ripete mai identica. Ma torna, sempre, quando muta forma e noi non la riconosciamo. Padre e figlio a Bondi Beach sono un avvertimento. Sta a noi decidere se riconoscerlo come tale o archiviarlo come eccezione, fino al prossimo passaggio di testimone.

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