L’irresponsabile attacco di Elly Schlein al Garante della Privacy che elegge Ranucci oracolo della democrazia
La polarizzazione non è più una disputa tra partiti. È una lacerazione che attraversa la carne dello Stato. Lo mostra la richiesta della segretaria del Pd di azzerare l’Autorità garante della privacy: un atto di grave irresponsabilità, che riduce un organo di tutela a pedina di una battaglia politica.
La presidente del Consiglio risponde sullo stesso piano: se i membri furono nominati dal Pd, si possono sostituire. L’istituzione diventa quota, rotazione, proprietà di chi governa. Nessuno la difende. Nessuno la riconosce come limite.
L'EDITORIALE di A Barbano
La conseguenza potrebbe essere nelle prossime ore la resa del Garante. Per la gioia di chi ha condotto una campagna per indebolirlo.
Il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, è stato sanzionato con 150 mila euro per aver diffuso un audio rubato: una confessione privatissima dell’ex ministro Sangiuliano alla moglie, sottratta alla sfera più intima, trasformata in spettacolo e denuncia. Non si comprende di quali fatti notiziabili e di quali responsabilità ad essi connesse. Una violazione netta dei principi alla base della tutela della persona, riconosciuti da almeno vent’anni di giurisprudenza. Report ha reagito accusando l’Autorità di essere strumento del Palazzo.
Illazioni, sospetti, costruzioni narrative mirate a colpire chi ha avuto il compito di vigilare. Copione antico: delegittimare il Garante per legittimare la violazione.
La segretaria del Pd ha scelto di cavalcare quella narrazione, trasformando un caso di privacy violata in un capitolo della lotta contro il governo. E ha cancellato la domanda decisiva: la diffusione pubblica di un audio rubato è o non è una violazione? La risposta è sì.
Lo dice la legge, la giurisprudenza, la stessa idea moderna di dignità personale. Ma la politica ha deciso che la verità della norma conta meno dell’utilità del conflitto. Si finisce così per legittimare chi infrange consapevolmente i limiti e per trasformare l’indipendenza delle istituzioni in un dettaglio sacrificabile. Oggi si colpisce il Garante. Domani, con lo stesso metodo, si potrà colpire la Corte costituzionale, e qualunque altra autorità nata per essere terza.
Ogni istituzione di garanzia ha membri nominati dalla politica. Ogni membro ha appartenenze culturali, rapporti che sconfinano nella politica. Se il discrimine per valutarli smette di essere il merito delle decisioni, e diventa l’illazione sospettosa sulla natura di questi rapporti, il giudizio e la censura sconfinano su un terreno moralistico. Così la democrazia si consegna alla barbarie politica.










