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Il caso Fiano e la deriva morale della sinistra italiana

L’attacco a Fiano è solo l’ultimo segnale di una sinistra che non reagisce più all’odio e alla violenza ideologica. Così si tradiscono le radici democratiche

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L’aggressione squadristica di un gruppuscolo pro-Pal che all’Università di Venezia ha impedito a Emanuele Fiano di partecipare a un convegno dedicato al Medio Oriente è stata esecrata da ogni settore della politica italiana.

A tutti è parso inaccettabile che si sia impedito di parlare a un uomo equilibrato, ragionevole, da sempre impegnato per la pace e per la coesistenza di due Stati per due Popoli. E, dunque, oportet ut scandala eveniant, se quella aggressione aprirà finalmente gli occhi sulla deriva estremistica penetrata sotto la pelle della società italiana.

Una sequenza di episodi inquietanti

Il gravissimo episodio, infatti, si colloca al culmine di una sequenza di atti diffusisi a macchia d’olio senza che vi sia stata una adeguata reazione democratica. Gli episodi non si contano: dal ristorante di Napoli che si rifiuta di accogliere due clienti perché israeliani al negozio di Milano che affigge alle sue vetrine “qui non si accettano ebrei”; dai turisti ebrei aggrediti in un autogrill perché indossavano la kippah ai senati accademici che interrompono collaborazioni con università israeliane e chiedono conto a ogni professore dei suoi rapporti con colleghi israeliani; dal boicottaggio a librerie che vendono opere di autori israeliani – tra cui uomini di pace come Grossman e Amos Oz – alle scuole che organizzano collettivi studenteschi autogestiti ispirati a parole d’ordine antisemite; dalle scritte “morte agli ebrei” comparse sui muri di sinagoghe e ghetti ebraici alla indizione di manifestazioni in cui si inneggia alla “Palestina dal fiume al mare”, parola d’ordine di Hamas; da chi paragona Hamas ai partigiani italiani a chi diffonde sui social parole d’odio invocando atti violenti contro i “sionisti”.

L’uso distorto delle parole

Una deriva di cui è simbolo l’uso generalizzato della parola “genocidio”. Così come abbonda il conferimento di cittadinanze onorarie e premi a Francesca Albanese, divenuta icona dei movimenti pro-Pal. Il tutto avviene senza che se ne colga la pericolosità e il declinare di quella deriva in atteggiamenti antisemiti che mese dopo mese sono cresciuti in modo impressionante. “Sì, ma è colpa di Netanyahu e di quel che fa a Gaza” è la giustificazione. Il che non riduce, ma aggrava la responsabilità di chi mette in essere atti antiebraici e antisemiti.

Criticare Israele non significa odiare gli ebrei

È del tutto legittimo criticare e contestare il governo Netanyahu per aver trasformato un legittimo diritto all’autodifesa in una inaccettabile punizione collettiva del popolo di Gaza. Così come è doveroso denunciare palesi violazioni di diritti umani a Gaza e in Cisgiordania. Ed è giusto respingere con fermezza il rifiuto della destra israeliana di riconoscere il diritto del popolo palestinese a una patria indipendente. Tutte critiche che Emanuele Fiano – e con lui gli aderenti a Sinistra per Israele (che non significa Sinistra per Netanyahu) – hanno sempre manifestato senza ambiguità.

L’errore dell’identificazione totale

Inaccettabile, però, è identificare l’intera società israeliana con il suo governo, quando da più di due anni le piazze delle città israeliane sono piene di donne e uomini che contestano la politica di Netanyahu. Così come ancor più inaccettabile è considerare ogni ebreo, ovunque viva nel mondo, complice del governo israeliano e corresponsabile delle sue politiche, legittimando così il diffondersi di pulsioni antisemite.

Il senso del sionismo

Per non parlare dell’assoluta ignoranza con cui si bolla il sionismo come una forma di colonialismo e di razzismo, quando invece il sionismo è stato il movimento di liberazione sociale e nazionale del popolo ebraico, nato e cresciuto dalla fine dell’Ottocento come parte del movimento socialista. E quando si parla di sionismo bisognerebbe sapere che quel movimento è stato attraversato da una dialettica tra un sionismo socialista – quello di Ben Gurion, Levi Eshkol, Abba Eban, Itzhak Rabin, Shimon Peres – che ha costruito un Israele democratico, e un sionismo revisionista, quello di Jabotinsky e Begin, di cui Netanyahu è l’ultimo erede, che persegue il “Grande Israele”, terra solo degli ebrei. Sono queste posizioni estreme che occorre contrastare con fermezza, sostenendo invece il mondo sionista democratico che vuole convivenza e pace.

La responsabilità della sinistra

Tutto questo fino ad oggi non è avvenuto. E anzi, chi – come Emanuele Fiano – con coraggio e generosità si batte per affermare le ragioni e i diritti di due popoli, è stato oggetto di contumelie e aggressioni. E dico con sofferenza che addolora vedere troppi a sinistra non solo non arginare la deriva estremistica, ma giustificarla o perfino assecondarla. Ed è ancor più avvilente vedere chi, dichiarandosi progressista, accetta quasi con soddisfazione che a difensore del mondo ebraico si erga strumentalmente quella destra che ha alle spalle una lunga storia antisemita ed è erede di chi ha concorso a inviare milioni di ebrei nelle camere a gas.

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