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“Bond resti uomo”. Mirren smaschera il ritorno della saga

In un’epoca in cui ogni star di Hollywood ha per contratto una causa da patrocinare – dall’antirazzismo alla salvaguardia della pulce d’acqua dolce – le dichiarazioni rischiano di sparire dentro il rumore di fondo. Poi, ogni tanto, arriva una frase che buca il chiasso. È successo con Helen Mirren, attrice premio Oscar, nonché icona femminista, che di recente ha espresso una posizione netta e forse sorprendente: il prossimo James Bond, contrariamente a quello che alcuni si sono augurati, non deve essere interpretato da una donna. Ha ragione.

La speculazione su un Bond in gonnella sembra una proposta audace ma non è. Si tratta invece dell’ultima, prevedibile tappa di una lunga debacle. È il sintomo di una trafila cinematografica che, avendo battuto più o meno tutti gli stratagemmi di sceneggiatura, vorrebbe ricorrere alla sostituzione di sesso come l’equivalente di una nuova macchina volante.

Il Bond delle origini, quello di Connery, era un dandy futuristico per il quale l’ultimo ritrovato della tecnica non aveva misteri. Là dove noi dobbiamo leggere una piccola bibbia di istruzioni per azionare un frullatore, di solito con un risultato catastrofico, a Bond bastava uno sguardo per destreggiarsi con la consolle di un satellite spia. Maneggiava gli oggetti più complicati con la disinvoltura dell’uomo di mondo che sa quale forchetta usare per il pesce e quali dita schioccare per far cadere la fatalona di turno tra le sue braccia. La Aston Martin con i tubi di scappamento superinquinanti, la stilografica che scatta fotografie e spara raggi laser, non erano semplici gadget, ma simboli di uno status sociale e intellettuale irraggiungibile per lo spettatore. La superiorità tecnologica di Bond era di per sé una superiorità antropologica e morale. La finzione reggeva perfettamente, soprattutto perché ciò che il pubblico chiedeva al cinema era di farsi sedurre.

Oggi, quella stilografica è uno smartphone da poche centinaia di euro, che funziona anche meglio. L’Aston Martin è ancora un’auto di lusso, ma la vediamo tutti i giorni con al volante calciatori tatuati e imprenditori cafoni. La tecnologia si è democratizzata, e spesso è comica, come quando l’assistente vocale dell’auto non capisce i comandi più elementari. Il fondamento del fascino di Bond – il dominio aristocratico sugli strumenti della potenza – è scomparso. Di fronte a questo collasso dell’impalcatura originale, gli autori hanno intrapreso la strada della umanizzazione. Al Bond di Daniel Craig è stato tolto il sorriso beffardo di Connery e Moore per dargli il broncio del malumore e occhiate cariche di angoscia esistenziale. Con il lessico dei nostri psicologi, potremmo dire che lo si è reso “vulnerabile”: possiede un fisico scolpito ma ha le sue rogne, perché è pur sempre “uno di noi”.

Questa evoluzione discende dalla incapacità del pubblico moderno di accettare la finzione pura, a meno che non sia debitamente etichettata e confezionata. Sopportiamo Iron Man&Co. perché è un fumetto, un universo fantastico con le sue regole. Ma quando sullo schermo ci sono degli esseri umani, invece di farci sedurre e sognare vogliamo identificarci. L’eroe non deve essere migliore di noi ma come noi, solo con più problemi e più risorse emotive per risolverli. È in questa cornice che nasce la tentazione di cambiare il sesso all’agente segreto più famoso del mondo: perché è vero che tutti gli esseri umani sono uguali, ma alcuni sono più umani degli altri, e questi alcuni sono le donne. O, almeno, così ci hanno raccontato. È lo stratagemma definitivo, il jolly da giocare per rinvigorire un brand allo stremo. Sarebbe un colpo di scena mediatico garantito, ma anche il colpo di coda di una saga morente.

Mirren dice giustamente che fare di lui una lei sarebbe la rovina. Soprattutto, non aiuterebbe il franchise a riproporre quella “distanza” che in passato lo ha reso desiderabile. La vera scommessa è semmai ritrovare un nuovo spazio di asimmetria. Non più la penna che fotografa, che ormai ce l’ha anche l’ultimo degli scalzacani, ma la calma aristocratica dentro i meccanismi che ci sopraffanno: reti, burocrazie, piattaforme. Ad esempio: per fermare l’ennesima soperchieria del perfido ministro delle tasse, Bond non spara ma invia una pec con tre virus e la cricca del villain è costretta alla resa. Se saprà risorgere come dandy dei sistemi, forse la sua stella tornerà a brillare. Farlo donna o gay o diversamente abile, sarebbe una scorciatoia per faciloni. Invece 007, lo sappiamo, è uno che ama le sfide.

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