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Il governo gira a vuoto. La sinistra non morde

Le vicende di questi giorni hanno reso evidente che Giorgia Meloni si muove più a suo agio sulla scena internazionale che su quella interna.

Ognuno può giudicare come vuole l’operato della presidente del Consiglio al vertice Nato dell’Aja e al Consiglio europeo di ieri a Bruxelles, ma è indubitabile che Meloni si sia fatta sentire – e non sempre è stato così – nelle discussioni che contano, dal Medio Oriente all’Ucraina, dalle spese militari alla questione dei dazi trumpiani.

Certo, tutto è avvolto nei fumi della propaganda: nessuno riesce a sapere quanto spenderemo in più ogni anno per gli armamenti, per dirne una. Troppa subalternità a Donald Trump, dice la sinistra. E dove sta la sorpresa? Seppure ondivaga ai limiti dell’incomprensibile, Trump è la guida della destra mondiale: perché la leader della destra italiana dovrebbe discostarsene, peraltro nel momento in cui nessuno nel mondo mette in discussione la centralità del tycoon?

Dunque il centrodestra è orgoglioso di questa due-giorni e del ruolo che vi ha avuto la loro leader e non ha difficoltà a dire che in questo frangente a non toccare palla è la sinistra, ad eccezione di un Sanchez che si è differenziato sul “quanto” dare alle spese militari ma non sul “se” contribuire agli impegni della Nato.

A quanto sembra adesso il Pd, per non farsi mancare niente, ha creato un altro nemico mettendo nel mirino Ursula von der Leyen facendo persino balenare lo spettro di una crisi politica: ma dopo, cosa succederebbe? Questo Elly Schlein non lo ha spiegato.

Detto questo però è lo stesso centrodestra che sul piano interno non riesce a cavare un ragno dal buco. Tanto è vero che lo stucchevole tema del terzo mandato per i governatori delle Regioni è finito come non poteva non finire: nel nulla. Una sconfitta della Lega che adesso tra l’altro dovrà trovare un sostituto per Luca Zaia.

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