BOLOGNA – Dopo essere stato arrestato su mandato europeo originato dalla Procura federale tedesca, l’alloggio preso in affitto da Serhii Kuznetzov – il 49enne ucraino accusato di aver coordinato il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream – è stato oggetto di una perquisizione: i carabinieri hanno atteso mercoledì sera il suo rientro nel bungalow del residence di San Clemente (Rimini), dove era ospitato insieme alla famiglia, e hanno poi proceduto all’identificazione dopo aver mostrato al gestore della struttura le foto diffuse dalle autorità tedesche, riconosciute immediatamente.
L’uomo, descritto con corporatura robusta e aspetto curato – capelli rasati, occhi chiari, T-shirt nera aderente e pantaloni marroni –, è stato operato dalla polizia penitenziaria nella notte, fotosegnalato in caserma e trasferito nel carcere di Rimini. Successivamente, è comparso davanti alla Corte d’Appello di Bologna per l’udienza di convalida dell’arresto. In aula, affiancato da un interprete di lingua inglese, ha richiesto un traduttore in ucraino o russo, affermando di non padroneggiare sufficientemente l’inglese, e l’udienza è stata rinviata al pomeriggio per consentire la disponibilità di un interprete idoneo.
Presenti in aula la sostituta procuratrice generale Licia Scagliarini, che ha formalizzato la richiesta di custodia cautelare in carcere in vista dell’estradizione, e il nuovo legale di fiducia di Kuznetzov, l’avvocato Luca Montebelli. Durante una breve comparizione nel cortile del Palazzo di Giustizia, l’ucraino ha reso visibile il tridente con tre dita, simbolo nazionale dell’Ucraina.
Pur rifiutando la consegna alla Germania, Kuznetzov ha negato ogni coinvolgimento nelle esplosioni dei gasdotti, dichiarando: “Volevo leggere le accuse nella mia lingua. Ero in Ucraina nel periodo del sabotaggio, e sono venuto in Italia per motivi familiari.” Il giudice si è riservato la decisione sulla convalida dell’arresto e sulla richiesta cautelare.