Donald Trump ha incontrato ieri alla Casa Bianca il presidente ucraino Volodymyr Zelensky insieme ai principali leader europei, in un vertice che ha cercato di rilanciare la prospettiva di un accordo di pace con Mosca ma che si è concluso senza decisioni definitive. Al centro del confronto la questione cruciale delle garanzie di sicurezza per Kiev, con gli alleati europei che hanno insistito su un modello simile all’Articolo 5 della Nato, mentre Trump è rimasto sul vago, limitandosi ad assicurare che “gli Stati Uniti saranno coinvolti” e che l’Ucraina riceverà “un’ottima protezione”.
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha ribadito che nessun negoziato serio potrà avvenire senza un cessate il fuoco immediato, posizione appoggiata dal presidente francese Emmanuel Macron, che ha espresso scetticismo sulle reali intenzioni di pace di Vladimir Putin. Trump, invece, ha mantenuto un approccio più flessibile, sostenendo che una tregua non sia condizione necessaria per avviare i colloqui.
Durante la riunione, il presidente americano si è interrotto per telefonare a Putin, riferendo poi agli alleati di un “confronto costruttivo” con il leader del Cremlino e ventilando l’ipotesi di un futuro incontro diretto tra lo stesso Putin e Zelensky, con eventuale mediazione statunitense. Resta però incerta la disponibilità del Cremlino: pur non rifiutando apertamente l’idea, Putin continua a non riconoscere pienamente la legittimità del presidente ucraino.
Zelensky, intanto, ha ribadito che Kiev pretende “tutto” in termini di garanzie, chiedendo soprattutto il rafforzamento dell’esercito ucraino con nuove forniture militari, addestramento e intelligence. Ha inoltre annunciato l’intenzione di acquistare fino a 90 miliardi di dollari di armi statunitensi attraverso l’Europa, con particolare interesse per i sistemi di difesa aerea Patriot, mentre Washington dovrebbe a sua volta comprare droni ucraini.
Il vertice ha mostrato un fronte occidentale formalmente compatto, ma con differenze sostanziali sui tempi e le modalità del negoziato. Trump ha promesso che “entro una o due settimane” sarà chiaro se esistono i margini per un accordo, ma i leader europei hanno insistito che senza una tregua immediata e senza garanzie credibili la pace rischia di rimanere una chimera. Resta sul tavolo l’idea di un meccanismo multilaterale di difesa per Kiev, ma la strada verso una soluzione condivisa appare ancora lunga e incerta.
Mentre Macron spinge per un coinvolgimento diretto dei Paesi europei “sul campo”, Meloni ribatte che “la Russia ha 1,3 milioni di soldati: quanti ne dovremmo mandare per completare il compito?” E aggiunge: “Se uno dei nostri muore, faremo finta di nulla o dovremo reagire? Perché se reagiamo, dovrà farlo anche la Nato. Tanto vale attivare subito l’articolo”.
Un’argomentazione che avrebbe convinto Trump, ma non il presidente francese, che resta cauto di fronte a una posizione italiana considerata troppo assertiva. Intanto, Meloni continua a proporre Roma come sede per un possibile vertice trilaterale tra Trump, Zelensky e Putin, ricevendo l’opposizione netta di Macron, che preferirebbe Ginevra. Secondo fonti diplomatiche, il presidente francese si sarebbe detto “indignato” per l’iniziativa italiana.
Nel frattempo, da Berlino arriva una presa di posizione altrettanto decisa. Il ministro degli Esteri Johann Wadephul ha definito “troppo complicata” l’ipotesi di invio di truppe tedesche in Ucraina. “Ci sono altri modi per sostenere militarmente e tecnicamente l’Ucraina”, ha affermato Wadephul, ridimensionando l’idea di un impegno diretto sul fronte.