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“Difficile una buona pace per l’Ucraina. Nato e Ue la difendono”

Fare previsioni sul summit di ferragosto tra Putin e Trump in Alaska è molto complicato. Ne è convinto pure lo storico Andrea Graziosi, docente all’Università Federico II di Napoli, che ammette: «Nessuno sa che cosa potrà succedere».

Professore, che cosa significa l’Ucraina per Putin?

«La vede come una parte della Russia. Nella tradizione della destra russa, cui Putin appartiene, il popolo russo ha tre teste: i russi, i russi bianchi o bielorussi e i piccoli russi che sono gli ucraini. È la stessa concezione della chiesa ortodossa che rivendica il controllo assoluto su queste tre parti. Per Putin gli ucraini sono dei russi che hanno smesso di essere coscienti di esserlo a causa di macchinazioni varie. Quindi vanno ricondotti alla loro vera natura. Lo prova pure il trattamento dei bambini ucraini. È la terribile notizia di questi giorni: esiste un “catalogo” digitale russo che permette di selezionare bambini ucraini rapiti e deportati per adottarli, perché considerati russi».

E che cosa si sente invece l’Ucraina oggi?

«La Russia è un Paese autocentrato, simile alla Francia con una sola città principale. Al contrario l’Ucraina è un Paese più simile all’Italia e alla Germania, con diversi città importanti come Leopoli, Kharkiv, Kyiv, Odessa. Ha avuto diverse dominazioni e religioni: è una realtà più varia rispetto a quella russa. Molte coscienze diverse che hanno maturato un’identità nazionale in momenti diversi: la guerra ha concluso questo processo. Gli ucraini però non erano contro i russi, molti di loro parlavano il russo o un misto di russo e ucraino. Ma questo conflitto segna una rottura molto forte, non rinunceranno alla loro indipendenza».

Perché Putin va in Alaska? 

«Putin ci va anche perché è messo male. Sta facendo uno sforzo militare enorme nonostante il quale non riesce a portare avanti la conquista. Ciò mi fa pensare che i russi siano in difficoltà. L’economia russa è messa molto male: all’inizio con la guerra puoi anche fare il boom ma poi le risorse finiscono». 

In più l’esercito russo registra gravi perdite…

«Le perdite non sono un problema. Sia l’Ucraina che la Russia hanno la leva, ma mandano al fronte dei volontari. In Russia parliamo di gente che riceve molti soldi (che però stanno per finire). Putin ha detto una cosa agghiacciante: gli ucraini mandano a morire al fronte i patrioti, noi mandiamo i quarantenni falliti della provincia, quindi ci rafforziamo. È la guerra come forma di selezione. Le famiglie per bene di Mosca non mandano i figli al fronte: è una grande differenza».

Per Putin è anche un modo per uscire dall’isolamento?

«Non direi. Putin non è isolato perché dietro di lui c’è Pechino, l’altra grande potenza mondiale. In più ha buoni rapporti con India, America latina e Iran. Di sicuro, piuttosto, pensa di poter usare la disponibilità di Trump».

È questo l’aspetto decisivo? 

«Certamente. Pare che Trump abbia promesso ai Paesi europei che la prima richiesta sarà il cessate il fuoco. Chissà se Putin glielo concederà. Se ci fosse un cessate il fuoco senza sfondamento russo, per Trump sarebbe un successo. Però non sappiamo se ci sia già un accordo. Intanto gli europei hanno ottenuto da Trump che i territori contesi saranno negoziati in presenza dell’Ucraina e che ci saranno garanzie militari per Kyiv. Ma la soluzione dipende anche dalla Cina. Come gli europei hanno parlato con Trump, così Putin ha parlato con Xi Jinping».  

Putin ha chiarito più volte le sue richieste: oltre ai territori, vuole la rinuncia ufficiale dell’Ucraina alla Nato, la sua smilitarizzazione e, perfino, la rimozione di Zelensky.

«Chiunque va a fare una trattativa chiede il massimo poi bisogna vedere. Di sicuro Putin non potrà mai rinunciare al Donbass e alla Crimea perché equivarrebbe a ammettere la sconfitta. Ha messo quattro governatorati ucraini come russi nella costituzione. Agli ucraini chiederà gli altri che mancano. Intanto, se Putin accetta il cessate il fuoco ammette di essere debole. L’ipotesi dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato non è mai stata seria. Il problema che resta sul tavolo, invece, è quello dell’esercito. L’Ucraina continuerà ad averlo? Sarà indipendente? Chi lo sosterrà? Gli americani? La Nato? Gli europei? Zelensky prima o poi non sarà più presidente, ma adesso la domanda è un’altra».

Quale?

«L’Ucraina entrerà nell’Unione europea? Anche qui si entra all’unanimità, ma ci saranno polemiche enormi che riveleranno la fragilità dell’unione. Stare con l’Ue sarebbe un’enorme stabilizzazione per il Paese ma chi compra il voto di Orban e di Fico? Questo punto mi preoccupa».

Per molti osservatori l’unica vera opzione in Alaska sarà quella di congelare il conflitto lungo l’attuale linea del fronte: uno stallo post-guerra come in Corea.

«È ciò che, di fatto, ha chiesto l’Europa a Trump. È il punto su cui si gioca l’esito di questo vertice. Nel caso sarebbe una grande vittoria diplomatica. Ma se Trump non ottiene questa soluzione potrebbe stufarsi e dire: “è roba vostra”. Ma gli europei non sono in grado di produrre le armi e dovrebbero comprarle dagli americani…»

C’è chi sostiene che Putin vorrebbe dividere il mondo in sfere di influenza con Trump: una nuova Yalta?

«La nuova Yalta si fa con la Cina non con la Russia. Questa sottovalutazione del ruolo cinese mi lascia sempre stupito. C’è una difficoltà a riconoscere alla Cina lo status di superpotenza. Ma è illogico».

Zelensky teme che lasciare il Donbass a Putin significherebbe farne un trampolino di lancio per una nuova offensiva futura.

«Il Donbass è ormai in larga parte nelle mani della Russia. E Putin non lo darà indietro». 

Sempre Zelensky sostiene che, al di là delle pretese sui territori, Putin non vuole che esista una Ucraina sovrana. È questo il punto finale?

«Certo. E il principio della sovranità è avere un esercito proprio. Il vero nodo è questo. E per questo Zelensky continua a chiedere garanzie di sicurezza significative». 

Quali potrebbero essere? 

«Un esercito nazionale che abbia il sostegno della Nato, anche senza adesione. Poi la garanzia fornita dai Paesi europei e l’ingresso immediato nell’Unione europea. Sono molto favorevole al ruolo che può svolgere il gruppo dei “volenterosi” che comprende anche il Regno Unito. In fondo erano “volenterosi” anche i Paesi che hanno adottato l’Euro. Sono contento che Giorgia Meloni abbia partecipato alla riunione del gruppo che, a mio avviso, rappresenta il futuro della difesa molto più dell’Unione europea: lì infatti si possono prendere decisioni senza il veto di Orban e di Fico. Purtroppo è la prova della inadeguatezza dell’Ue dal punto di vista della sicurezza: perfino i condomini possono assumere decisioni chiave a maggioranza qualificata».

Qualcuno ha detto che “l’Ucraina potrebbe sopravvivere alla guerra, ma non alla pace”. È d’accordo?

«Penso anch’io che la pace sarà difficile. L’Ucraina perderà dei territori. Questo comporterà recriminazioni e milioni di persone sfollate. Dopo un impegno così sanguinoso servirà una pace sostenuta dall’aiuto altrui. Per questo serve farla entrare nell’Unione europea: sul piano militare l’Ue può far poco, ma sul piano economico, sociale e psicologico potrebbe svolgere un ruolo enorme. Ma bisogna sperare intanto che Trump tenga alla sua faccia e regga a Putin».

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