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Milano, se il fango copre lo schiaffo ai pm

Dovremmo almeno smetterla di chiamarla «Esclusiva», e di farne un motivo di orgoglio per il giornalismo, fingendo di ignorare che il privilegio di pubblicare per primi una notizia coincide con l’essere la buca delle lettere di poteri che confliggono e ci usano. Cos’altro è l’«Esclusiva» con cui il Corriere della Sera ieri ha presentato le chat tra l’ex assessore Giancarlo Tancredi e il costruttore Manfredi Catella, depositate dalla procura poche ore prima e interdette alla pubblicazione da un divieto che nessuno rispetta?

Quell’«Esclusiva» è un colpo di marketing in un processo ibrido che si gioca unicamente sui media, con cui lo schiaffo subito poche ore prima dalla procura per mano del gip, che scarcera i primi due arrestati, passa in secondo piano rispetto alle nuove «accuse» confezionate dai pm. Colpo riuscito, perché in un batter d’occhio il titolo sulle scarcerazioni scarroccia giù nella home page dei siti, sostituito da quello delle nuove intercettazioni. «Ma mi confermi come assessore?», scrive Tancredi su Whatsapp al costruttore con malcelata ironia. E l’altro gli risponde: «Voi siete i best ever. Io, se volete, vi faccio da segretario». Uno scambio totalmente privo di qualunque valore probatorio in qualunque tribunale di qualunque democrazia del pianeta. Ma che, a uomini privi di ironia e pregni di moralismo, pare la prova di uno «sconcertante mercimonio».

Il titolo di «Esclusiva» attribuisce a questa connotazione il primato della notiziabilità, in dispregio di qualunque regola del buon giornalismo, che imporrebbe una verifica autonoma delle parole, del contesto in cui sono pronunciate e della loro rilevanza. Se il «mercimonio è sconcertante» per il pm, ogni altra valutazione sul significato dello scambio dialettico tra assessore e costruttore è preclusa. Rassegniamoci. Fare un’esclusiva, al nostro tempo, vuol dire essere simili ad anelli di silicio, conduttori elettronici di un sistema eterodiretto che si limitano a trasmettere ciò che altri ha deciso nel momento più giusto ai suoi interessi. Altro che scoop.

Se proprio volessimo riappropriarci di un’Esclusiva, dovremmo iniziare a chiederci se risponda ancora a un qualche obiettivo astrattamente giudiziario mettere nel ventilatore dei media il fango di intercettazioni buone per indignarsi in tv, ma inutili per fondare colpevolezza. La risposta svelerebbe la finalità politico-morale di un’inchiesta condotta pervicacemente per produrre un ribaltamento a Palazzo.

Ma pur volendo evitare questi retropensieri, potremmo almeno chiederci e chiedere alla Procura da chi e perché quelle intercettazioni sono uscite, se è stata avviata un’indagine interna al sistema investigativo, chi ne risponde. Forse apriremmo un lumicino in uno dei luoghi più oscuri della democrazia, dove impera il potere di una polizia giudiziaria ormai fuori controllo. Con la quale, piuttosto che transigere il privilegio di una nuova «Esclusiva», varrebbe la pena ingaggiare una sfida, tutta giornalistica, a tutela della libertà. Siamo o non siamo giornalisti di una grande tradizione liberale? Allora svegliamoci!

La realtà è tutt’altra rispetto alle chat propinateci. Al vaglio di un tribunale terzo, i primi due arresti si sono sbriciolati nella loro fondatezza come neve al sole. Aspettiamo le motivazioni, ma di certo già sappiamo che quelle misure cautelari, su cui il palazzo ha vacillato, erano indebite, infondate, oltre che inutili. La nostra comunità politica è migliore di come la dipinge il racconto per intercettazioni.

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