L’allarme di 28 responsabili ospedalieri: bambini e adolescenti assenti nei piani politici e regionali
Identità fragili e sempre più isolate, di fronte a una società e a una politica sanitaria che li relega tra gli invisibili. La Generazione S è sempre più a rischio: l’iperconnessione crea identità solitarie e il rifugio disperato tra smartphone e social media sostituisce l’intimità reale, alimentando dinamiche di isolamento molto pericolose per sé stessi e gli altri.
Il disagio minorile appare ad un punto di non ritorno. Lo dicono le cifre, con una tragica impennata di casi psichiatrici tra bambini e adolescenti. E come se non bastasse, a questa emergenza silenziosa corrisponde una cronica carenza strutturale di posti letto dedicati. La domanda che va oltre l’emergenza del disagio psichico che divora i nostri giovani è: “Chi se ne prende cura?”
Ecco perché 28 responsabili ospedalieri – lanciando un allarme fino ad oggi inascoltato – hanno elaborato un documento per creare protocolli condivisi e denunciare il diritto negato ai più giovani: quello di cure adeguate a chi è affetto da disturbi mentali. Intere regioni sono senza posti letto – dalla Calabria all’Umbria, dall’Abruzzo al Molise, fino alla Valle d’Aosta – mentre in quelle dove ci sono, sempre troppo pochi (circa 140 in tutta Italia espressamente dedicati), esistono evidenti problemi di gestione.
Tra i primari scesi in campo c’è Stefano Vicari, professore di Neuropsichiatria Infantile dell’Università Cattolica e responsabile di Neuropsichiatria Infantile dell’ospedale Bambino Gesù di Roma, che già nel suo libro Adolescenti interrotti ha raccontato il malessere che dilaga in questa generazione disperata. Un disagio che si ritiene spesso erroneamente confinato all’adolescenza e che si supererebbe con l’età. Non è così. Anzi, rischia di aggravarsi e cronicizzarsi, ha spiegato Vicari, degenerando in vere e proprie malattie psichiatriche che fanno la differenza tra vite aperte al futuro e vite “interrotte”.
«Abbiamo deciso di dare vita al documento – afferma il neuroscienziato – poiché a fronte della grave carenza di posti letto per bambini e adolescenti, vanno fiorendo in Italia reparti che accolgono persone tra i 14 e i 25 anni. Minori e giovani adulti vengono messi insieme, e per noi è un problema. Prima di tutto credo che non sia degno, ma la cosa peggiore è che in questa ‘commistione’ non si possono garantire le necessità specifiche di un bambino o adolescente.»
«I bisogni sono diversi – prosegue – un 14enne ha necessità di frequentare la scuola regolarmente seppur in ospedale e ha la tutela genitoriale; una persona maggiorenne può decidere di firmare la cartella clinica e andarsene, un minore no. Prendiamo atto che la salute mentale dei più giovani è considerata di serie B.»
Vicari ha spesso parlato di questa emergenza silenziosa, che rischia di passare inosservata anche per la difficoltà nel distinguere i segnali d’esordio di un disturbo mentale dai comportamenti caratteristici del periodo adolescenziale, come rabbia e isolamento. Quel malessere può essere intercettato, o meglio ancora prevenuto, ma ci vogliono risorse che nessuno pare voler investire.
«Oggi parliamo di salute mentale – sottolinea il neuropsichiatra – ma nel piano appena redatto per i prossimi anni si parla solo di psichiatria dell’adulto e di quella dei minori c’è solo qualche accenno. Del resto, ed è emblematico, anche nel tavolo ministeriale sulla salute mentale c’è solo un neuropsichiatra, mentre sarebbe auspicabile una presenza maggiore, paragonabile a quella degli psichiatri per l’età adulta. Un diritto ancora negato.»
Ecco perché i presidenti delle varie Regioni dovrebbero, secondo gli specialisti, farsi carico del problema ed eliminare situazioni di disuguaglianza sanitaria: è inevitabile che dalle regioni senza posti letto si verifichi una migrazione a Roma, Milano, ed in altre città dove i posti ci sono, ma il sovraccarico non rende facile la gestione dei pazienti.
«La nostra non è una polemica – tiene a precisare Vicari – ma vogliamo aiutare la politica a trovare soluzioni adeguate. Occorre costruire una rete efficace senza ricorrere a soluzioni inadeguate come il ricovero dei minori in SPDC per adulti.» Il numero di accessi al pronto soccorso, ci dice il neuropsichiatra infantile, dimostra che, come mai in passato e già prima del Covid, una generazione di bambini e adolescenti sta manifestando un grave malessere psichico.
Un malessere che sfocia con crescente frequenza in atti violenti contro gli altri o autolesionistici, depressione, isolamento, ansie, dipendenze e disturbi alimentari di vario genere: dall’anoressia all’ARFID (disturbo evitante/selettivo dell’assunzione di cibo). «Il nostro compito – fa notare il neuroscienziato – è supportare i ragazzi e soprattutto le loro famiglie in questa fase di transizione, creando dialogo e incoraggiandoli ad esprimere le loro emozioni, aiutandoli a riconoscerle.»
Ma è un grande lavoro che si scontra con la grave difficoltà a reperire risorse sul territorio, con le strutture che siano in grado di continuare la presa in carico. E alla domanda: “Dove va una ragazzina di 14 anni che ha tentato il suicidio quando viene dimessa?” Molto spesso non ci sono risposte.