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Italia-Unione europea, partenariati salutari per l’America Latina


Il rapporto sanitario tra Italia, Unione Europea e Paesi dell’America Centrale e del Sud si basa su decenni di partenariati istituzionali, programmi bilaterali e interventi di Organizzazioni Non Governative. Le profonde disuguaglianze nell’accesso alle cure, secondo quanto emerge anche dalla pandemia di COVID19, e l’aumento delle malattie croniche hanno reso urgente un approccio più coordinato e mirato. Resta d’interesse internazionale l’impegno verso le vaste aree rurali di Paesi dell’America Latina e dei Caraibi – note mete turistiche – come Honduras, Nicaragua, Bolivia e Guatemala, in cui si affronta il deficit di offerta dei servizi sanitari di base: ospedali distanti, personale carente e scarsità di farmaci essenziali. Una quotidianità sanitaria carente che si riscontra anche dai racconti dei malcapitati turisti che si trovano ad affrontare emergenze sanitarie in questi luoghi. Inoltre, questi territori hanno ancora il problema delle malattie infettive come la dengue, il Chagas e la tubercolosi che sono ancora endemiche, mentre le malattie croniche non trasmissibili (come il diabete e le patologie cardiovascolari) crescono in modo preoccupante, spesso senza adeguate risposte di sistema.

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In questo contesto, l’Europa e l’Italia hanno rafforzato il proprio ruolo attraverso strategie multilivello con un dialogo aperto dal 2020 con i paesi dell’America Latina e dei Caraibi (CELAC). A livello UE, programmi come EU-LAC Health e la strategia Global Gateway puntano a rafforzare le infrastrutture sanitarie locali, promuovere la formazione continua degli operatori e stimolare la produzione regionale di vaccini e dispositivi medici. L’Italia, con il coordinamento dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) e la collaborazione del Ministero degli Esteri, ha sviluppato progetti mirati al potenziamento dei laboratori diagnostici, alla digitalizzazione della sanità e al sostegno alle popolazioni indigene e vulnerabili. L’esperienza maturata nella risposta all’emergenza COVID-19 ha inoltre permesso di condividere buone pratiche nell’ambito della gestione delle crisi sanitarie, della logistica ospedaliera e della medicina territoriale, delineando un approccio più integrato e sostenibile alla cooperazione sanitaria internazionale.
Attraverso il programma di cooperazione EULAC Health, l’Unione ha stanziato oltre 150 milioni di euro per il triennio 2022-2024, con l’obiettivo di rafforzare i sistemi di sorveglianza epidemiologica, promuovere la ricerca su malattie endemiche e migliorare le infrastrutture digitali per la salute. Progetti pilota di telemedicina hanno già preso il via in Argentina e Colombia: strutture sanitarie periferiche possono ora consultarsi in tempo reale con specialisti europei, riducendo i tempi di diagnosi in aree rurali.

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L’AICS coordina programmi sanitari in diverse nazioni latinoamericane: dai laboratori di microbiologia in Perù, capaci di monitorare nuovi ceppi virali, alle campagne di prevenzione oncologica in Brasile, articolate con il ministero della Salute di Brasília. Il portafoglio 2024-2026 supera i 60 milioni di euro, suddivisi tra formazione di medici e tecnici di laboratorio, acquisto di attrezzature e diffusione di buone pratiche cliniche. Grazie a partnership con le università di Roma Tor Vergata e di Bologna, sono attivi scambi di ricercatori con l’Universidad Nacional de Colombia e l’Universidad de Buenos Aires, focalizzati sullo studio delle malattie tropicali e dei meccanismi di resistenza antibiotica.
Il volto umano della cooperazione italiana è incarnato da ONG come Emergency e Croce Rossa Italiana. A Tegucigalpa, Emergency ha aperto un centro pediatrico nel 2018, erogando più di 30.000 visite gratuite e integrando percorsi di nutrizione clinica per bambini malnutriti. In Honduras, la Croce Rossa Italiana ha formato 200 operatori sanitari locali nel primo soccorso avanzato, equipaggiando ambulanze con Defibrillatori Automatici Esterni (DAE). Sempre in America Centrale, progetti di Tele-Health promossi da AVSI onlus collegano piccole cliniche guatemalteche con specialisti italiani per teleconsulti su casi complessi.
Nonostante i progressi, i divari tra UE e America Latina restano marcati. Nel 2023, l’indice di mortalità infantile in America Latina era pari a 12,5 decessi ogni 1.000 nati vivi, a fronte di 3,1 in Europa. Analogamente, la mortalità materna nella regione CELAC si è attestata a 75 morti per 100.000 nati vivi, mentre l’UE viaggia attorno a 6 per 100.000. Fattori come la carenza di personale, lo scarso finanziamento pubblico e la difficile logistica nelle zone rurali contribuiscono a queste differenze.

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Italia e UE condividono con i partner latinoamericani la priorità di potenziare la formazione del personale e la resilienza dei sistemi sanitari contro le future emergenze. La diffusione dei vaccini rimane un terreno di cooperazione ma anche di dialogo acceso: se da un lato l’UE supporta COVAX inviando dosi e finanziamenti, dall’altro permangono questioni legate ai brevetti e alle capacità produttive locali. Il fenomeno della migrazione dei sanitari latinoamericani verso l’Europa, incentivato da migliori prospettive di carriera, accentua la fuga di competenze dai paesi di origine. Guardando al 2025, il Summit EUCELAC in programma a Bruxelles si propone di rilanciare investimenti strategici in sanità, puntando su innovazione digitale, salute mentale e lotta alle malattie non trasmissibili. L’Italia può giocare un ruolo chiave, offrendo non solo risorse finanziarie ma anche know-how tecnico e programmi di capacity building. Fondamentale sarà coinvolgere comunità locali e associazioni di pazienti, per garantire soluzioni che rispondano alle reali esigenze del territorio e creino un modello di solidarietà transatlantica basato su scambi equi e sostenibili.

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