Home / Notizie / The Herds, il viaggio di un branco per salvare il mondo

The Herds, il viaggio di un branco per salvare il mondo

di FRANCESCO ZARDO


Che ci fa una giraffa al Polo Nord? Non è l’inizio di una barzelletta: tutto vero. Per meglio dire, gli animali sono sculture animate: il termine “pupazzi” non renderebbe giustizia a un progetto artistico di respiro mondiale che, partito dal Congo, ha attraversato venti città e dieci nazioni, tra Africa ed Europa, e in questi giorni arriva alla sua destinazione, nel Circolo polare artico. Si chiama “The Herds”, il branco, ed è partito da Kinshasa, la capitale della Repubblica Democratica del Congo, il 9 aprile scorso.
Elefanti, giraffe, gorilla, leoni, antilopi, zebre: tutti gli animali sono stati realizzati in cartapesta e altri materiali di recupero, con grande attenzione all’anatomia, sono snodabili e si spostano nei centri urbani delle varie tappe del viaggio, mossi e animati dagli artisti del collettivo. Sembrano proprio vivi gli animali selvatici quando si muovono attraverso le strade di Kinshasa, Lagos, Dakar, Marrakech, Casablanca, Rabat, e poi in Europa, a Cadice, Madrid, Marsiglia e Arles, Venezia, Parigi, Londra, Manchester, e ancora al Nord, Aarus, Copenhagen, Stoccolma, fino a Trondheim, in Norvegia, dove si trovano proprio ora in attesa di partire per l’ultima tappa, sempre in Norvegia dalle parti di Capo Nord.
L’idea è stata di Amir Nizar Zuabi, artista e producer originario di Gerusalemme Est, che un qualche anno fa, nel 2021, era stato l’ideatore di una performance non meno impegnativa, “The Walk”, scultura animata di tre metri e mezzo che raffigurava una bambina, profuga siriana, e che era stata portata in Europa attraverso la Turchia, in Italia, Francia, Svizzera, Germania, Belgio e Regno Unito. Little Amal, così si chiamava il personaggio, era stata accolta a Roma nientemeno che da Papa Francesco ed era stata al centro, in Asia ed Europa, di numerose performance concepite per lei o all’interno della quale era stata ospitata.
L’ispirazione politica di “The Walk”, forte e suggestiva, ha convinto Zuabi a moltiplicare i suoi sforzi, concentrandosi sul nodo ecologico che ispira “The Herds”. Soffocati da caldo e siccità, e afflitti da alluvioni sempre più violente, noi europei siamo inclini a obliterare, storicamente, la proporzione di eventi che, se toccano noi, si manifestano in maniera ancor più violenta e devastante in paesi nei quali il problema climatico è stato sempre un elemento a dir poco critico. Come l’Africa centrale per esempio, e nella fattispecie la Repubblica Democratica del Congo.
Da qualche anno in Rdc, alle forti tensioni politiche e militari si sono sommate una serie di devastazioni connesse al mutamento climatico che si è manifestato da quelle parti con un peggioramento della siccità e un aumento d’intensità delle piogge stagionali che colpiscono il paese da settembre a maggio. Alla fine del 2024 le inondazioni hanno distrutto oltre trenta presidi sanitari, più di 120 scuole e oltre 40mila abitazioni: interi villaggi sono stati inghiottiti dal fango.
Una situazione che è peggiorata nell’autunno e inverno scorso, alimentando fra l’altro un’emergenza sanitaria già al limite. Manca l’acqua potabile, il colera imperversa. La deforestazione è un altro problema, in una nazione molto ricca sul piano botanico e della fauna, in cui guerre e catastrofi hanno spinto all’abbandono di molti parchi naturali, dove il personale ormai latita: leoni, elefanti, scimpanzé, gorilla, giraffe, ippopotami, zebre, tutti gli animali che ci fanno pensare all’Africa sono abbandonati. E rischiano l’estinzione le specie più rare, come il bonobo, lo scimpanzé nano considerato l’animale evolutivamente più vicina all’essere umano, o l’okapi, metà zebra metà giraffa che vive nel bacino del fiume Congo: gli okapi sono sempre di meno, prima o poi non ce ne sarà più nessuno.
Così Amir Nizar Zuabi ha messo insieme un team di una quarantina di persone fra progettisti, tecnici, scultori, performer e artigiani: il primo passo è stata la realizzazione delle sculture, a grandezza naturale e in grado di riprodurre molto fedelmente, grazie all’accuratezza per la struttura anatomica di ciascun animale, andatura e movimenti delle specie considerate.
È stato un gruppo di artisti sudafricani, l’Ukwanda Puppetry and Designs Art Collective, a curare progetto e realizzazione dei modelli. Ma “The Herds”, nel suo viaggio, è un progetto aperto, e tutte le città e nazioni toccate dall’itinerario sono state invitate a contribuire, oltre che alle performance, anche alla composizione del branco.
È importante ricordare che il percorso attraversa tutte le fasce climatiche del nostro mondo, dal deserto ai ghiacci, e fra leoni e antilopi c’è spazio per tutti, una lezione di inclusività e democrazia che viene dal Sud del mondo e porta un messaggio che, urgentissimo per l’Africa, è vitale per tutti.
Dopo Kinshasa, “The Herds” ha attraversato il fiume Congo e raggiunto Lagos, in Nigeria, da dove tutti si sono imbarcati per andare a Makoko, la baraccopoli costruita sull’acqua detta anche la “Venezia nera”. Poi Dakar, in Senegal e ancora verso nord in Marocco, a Marrakech, Casablanca e Rabat. Da lì, gli animali e i loro animatori sono sbarcati in Europa e dopo Spagna e Francia, a metà giugno sono arrivati a Venezia (qualche giorno prima che ci arrivasse Jeff Bezos per sposarsi): sulla Laguna Zuabi e il suo branco sono stati accolti dalla Biennale di Danza che, iniziata in luglio, ha concepito per loro un’anteprima, dando vita a una performance unica grazie ai ballerini della Biennale College Danza e alla partecipazione di Anthony Matsena, star internazionale dell’hip hop, nato in Zimbabwe e cresciuto in Galles che ha raccontato l’esperienza come “senza uguali”, sottolineandone il carattere artistico ma anche quello civile: «The Herds osa dire la verità senza il peso della precisione dei fatti. Ci dice qualcosa di più profondo, qualcosa di spirituale, emotivo, innegabile. Questa è la natura che riprende il suo palcoscenico. L’eco finale di un mondo che stiamo perdendo».
Il viaggio è stato realizzato, naturalmente, con il minor impatto ambientale possibile, scegliendo di volta in volta la forma di trasporto più sostenibile (le stesse scatole di cartone che trasportano le sculture possono essere riutilizzate per costruirne altri animali in caso di danni).
Dopo Parigi, Regno Unito, Danimarca, Svezia e Norvegia, l’ultima tappa è imminente: fra pochi giorni si svolgerà l’ultima performance, il cui contenuto è ancora segretissimo, nel Circolo Polare Artico, destinata a chiudere un’esperienza suggestiva ed esemplare, con l’arte che, attraverso la bellezza, fa l’ennesimo sforzo per separarci da un abisso che siamo noi stessi ogni giorno a rendere più profondo.

Tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *