di SIMONE MESISCA
Attualmente all’onore delle cronache per il suo ruolo di mediatore, assieme al Qatar, nella difficile risoluzione del conflitto a Gaza, l’Egitto rappresenta per l’Italia un partner fondamentale nel Mediterraneo orientale. Difesa, energia e investimenti, le relazioni fra Roma e il Cairo sono profonde e consolidate. Eppure solitamente non è ad Eni, Leonardo o al museo egizio di Torino che si pensa quando si fa riferimento all’Egitto, ma a Giulio Regeni e Patrick Zaki.
Le vicende di Giulio Regeni (il ricercatore torturato e assassinato al Cairo nel 2016) e di Patrick Zaki (studente italo-egiziano detenuto in Egitto fra il 2020 e il 2023) hanno certamente rappresentano punti di frizione fra Roma e il Cairo, basti pensare che dopo la morte di Regeni l’Italia ritirò il suo ambasciatore nella capitale egiziana nel maggio 2016. Tuttavia, si farebbe un errore a pensare che le relazioni bilaterali abbiano risentito di queste crisi, non solo i rapporti non hanno subito alcun contraccolpo, ma anzi si sono progressivamente rafforzati. Basti pensare che il Piano Mattei, lanciato nel 2023, ha elevato l’Egitto a “Paese pilota” per iniziative di “cooperazione allo sviluppo”.
La collaborazione economica fra Italia ed Egitto vede nel settore energetico una colonna portante. L’Eni gestisce infatti i giacimenti di gas più importanti del Paese africano: Zohr, scoperto nel 2015 e inaugurato nel 2018, che è il più grande del Mediterraneo con i suoi 850 miliardi di metri cubi di gas, e il complesso Nooros nel Delta del Nilo, entrambi fondamentali per l’export di gas verso l’Europa. Dalla scoperta record di Zohr, Eni è divenuta il primo produttore straniero in Egitto, coprendo oggi circa 60% della produzione nazionale.
Nel 2022 è stato anche siglato un accordo quadro fra Eni e la Egyptian Natural Gas Holding Company (EGAS), che punta a esportare in Europa fino a 3 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto all’anno, di cui una quota diretta ai rigassificatori italiani di Rovigo e Piombino. Il mutato scenario europeo post-invasione russa dell’Ucraina ha reso l’Egitto un ago della bilancia fondamentale nella strategia di diversificazione del gas. A questa cooperazione, già di per sé un successo, si aggiunge la dimensione regionale: il memorandum firmato nel 2025 da Eni con Egitto e Cipro per convogliare il metano di quest’ultimo verso gli impianti di Idku e Damietta (in Egitto) consolida il progetto di hub mediterraneo del gas, ridisegnando le rotte energetiche e inserendo l’Italia come porta d’ingresso dell’Ue.
Guardando al lato economico più generale, nel 2024 l’interscambio commerciale fra Italia ed Egitto si è attestato intorno a 5,25 miliardi di euro. Al di là del commercio, l’export di materiale bellico da Roma verso Il Cairo ha visto picchi significativi negli anni recenti. Questo è infatti un altro importante tassello delle relazioni fra i due Paesi. L’Egitto è da circa la metà degli anni Dieci il principale cliente dell’industria italiana d’armamenti. Nel 2020 Roma ha autorizzato la vendita di due fregate FREMM per 1,2 miliardi di euro; l’operazione rientra in una maxi-commessa fino a 11 miliardi che comprende pattugliatori, caccia Eurofighter Typhoon e satelliti. Dal 2019 Leonardo ha siglato la fornitura di 24 elicotteri AW149 e 8 AW189 per 871 milioni euro. La modernizzazione delle Forze Armate italiane passa anche da Roma.
Oltre al mero guadagno economico, il rafforzamento di una forza “stabilizzatrice” nella storicamente instabile regione del Medio Oriente e del Nord Africa è di vitale importanza per l’Italia, non solo perché direttamente connessa al tema migratorio, ma anche per salvaguardare traffici commerciali particolarmente importanti, basti pensare alle importazioni e alle esportazioni italiane che ogni giorno transitano nel Mediterraneo su navi mercantili. Come spesso accade, i calcoli da fredda raison d’État si scontrano con i principi etici, e i già citati casi riguardanti Giulio Regeni e Patrick Zaki ne sono una prova chiarissima.
Ma la collaborazione in materia di difesa ed energia sarebbe impossibile senza buoni rapporti politici. Una prova dei quali è arrivata dalla visita del ministro degli Esteri Antonio Tajani al Cairo lo scorso aprile. Durante la sua permanenza in Egitto, il ministro Tajani ha definito la sua visita come «una missione di pace per sostenere tutte le iniziative egiziane e arrivare a un cessate il fuoco duraturo» a Gaza, Roma vede infatti nel Cairo e nella sua mediazione l’unica via di uscita dalla tragedia umanitaria ora in atto a Gaza. Da questo punto di vista Italia ed Egitto sono mossi dallo stesso “imperativo strategico”, cercare di riportare nell’area mediterranea quella stabilità perduta in seguito alle cosiddette “primavere arabe”.
Sono quindi chiari i motivi per cui l’Italia voglia mantenere saldi i rapporti con Il Cairo: l’Egitto rimane l’unica “àncora di stabilità” in una regione che dal 2011 in avanti ha conosciuto solo crisi e guerre. Una di esse, quella libica, vede però (formalmente) Roma e il Cairo contrapposte. L’Egitto sostiene infatti il generale Khalifa Haftar, mentre Roma dialoga con il governo di Tripoli, pur tenendo canali aperti con la Cirenaica per proteggere il gasdotto Greenstream e le concessioni Eni nel Paese.
Forse gli ottimi rapporti con l’Egitto del Presidente Al-Sisi potranno anche facilitare il dialogo fra l’Italia e il governo orientale della Libia, che sembra al momento essere l’unica amministrazione stabile ora presente nel Paese.