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Anm: «Nordio firmò contro separazione carriere». Il ministro: «Cambiai idea»

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La replica: «Firmai nel periodo di Tangentopoli». Il documento diffuso mentre al Csm divampa il caso Piccirillo e lo scontro politica-toghe

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Mentre il Csm, dopo la bagarre, approva a maggioranza la delibera per l’apertura di una pratica a tutela di Raffaele Piccirillo, sostituto procuratore generale della Cassazione, che in un’intervista aveva criticato la gestione Nordio sul caso Almasri – ed era stato poi a sua volta attaccato dal ministro della Giustizia – l’Anm lancia la bomba contro il Guardasigilli, Carlo Nordio.

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Una lettera del ’94 in cui Nordio, allora magistrato a Venezia, era contrario alla separazione delle carriere. Così, nel bel mezzo di uno scontro frontale senza precedenti tra politica e toghe, acuito anche dalle parole di fuoco della prima presidente della Cassazione Margherita Cassano, a difesa della sezione disciplinare del Csm, il sindacato delle toghe tira fuori dal cilindro il documento esclusivo che scotta.

Soprattutto perché arriva all’indomani dell‘approvazione – in seconda lettura al Senato – della madre delle riforme della giustizia. «Firmai con la separazione delle carriere; nel ’92 eravamo tra stragi e Tangentopoli. Io stesso ero oggetto di attacchi da parte della politica perché avevo arrestato democristiani e socialisti, e la magistratura doveva restare compatta», riporta sui social il ministro Nordio, riguardo l’appello da lui sottoscritto nel ’92 contro la separazione delle carriere dei magistrati. «Ma tre anni dopo scrissi che stavamo esagerando, e che erano necessarie riforme radicali – continua il titolare di via Arenula – Il Giornale e il Corriere uscirono con un titolo in prima pagina: ‘Il giudice Nordio si pente’. Da allora, non ho più cambiato idea».

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La missiva in questione, datata 3 maggio 1994 e inviata allora all’Anm è stata pubblicata sui social del sindacato delle toghe. Il contenuto è chiaro: «I sottoscritti Magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia – si legge – aderiscono al comunicato dell’Associazione Nazionale Magistrati in quanto contrari alla divisione delle carriere dei Magistrati con funzioni requirenti e con funzioni giudicanti».

Tra le firme, c’è proprio quella del ministro Nordio. In un articolo sul sito ‘La Magistratura’, rivista dell’Anm, viene pubblicato lo stesso documento e si aggiunge: «Fu inviato via fax alla sede romana dell’Associazione nazionale magistrati. I firmatari aderivano all’appello di pubblici ministeri, pubblicato sulla rivista La Magistratura nell’aprile 94, che raccolse in totale oltre 1500 adesioni e che elencava una serie di argomentazioni contrarie alla separazione tra magistratura requirente e e giudicante. Illuminante a questo proposito il primo punto del documento: ‘nella storia dell’Italia repubblicana l’indipendenza del Pm rispetto all’esecutivo e l’unicità della magistratura ha rappresentato in concreto una garanzia per l’affermazione della legalità e la tutela del principi di eguaglianza dinanzi alla legge’. Esattamente le stesse argomentazioni che porta avanti oggi l’Anm e che Nordio respinge, dopo averle condivise e sottoscritte nella veste di magistrato».

Una lettera che viene diffusa nelle ore in cui il caso Almasri e non solo, è finito al centro di uno scontro a Palazzo Bachelet, di fatto bloccando ieri i lavori del plenum per la pratica a tutela di Piccirillo. Il magistrato che, fino all’insediamento del governo Meloni, ha avuto ruoli chiave al ministero della Giustizia, da direttore generale della giustizia penale a capo del dipartimento degli Affari di giustizia fino a capo di gabinetto, in un’intervista a Repubblica aveva criticato la gestione del caso Almasri. Facendo infuriare Carlo Nordio: «Che un magistrato si permetta di censurare su un giornale le cose che ho fatto, in qualsiasi paese al mondo avrebbero chiamato gli infermieri. Potrebbe essere oggetto di valutazione», aveva detto il ministro durante un convegno di Fratelli d’Italia sulla mafia. Da qui l’apertura di una pratica, in prima commissione, sottoscritta venerdì scorso da 20 consiglieri a tutela della toga.

«Il Ministro ha deriso un magistrato per le opinioni espresse – si leggeva nel documento oggi approvato in plenum – in un’intervista su un caso giudiziario in corso, affermando che in qualsiasi Paese al mondo avrebbero chiamato gli infermieri; evocato un possibile intervento disciplinare, poi qualificato come inutile in quanto la sezione disciplinare del Csm sarebbe composta da persone elette da quelle che devono essere giudicate; affermato che la politica non ha mai riformato la giustizia ‘per paura’». Per tutta risposta i consiglieri laici di centrodestra del Csm Enrico Aimi, Isabella Bertolini, Daniela Bianchini, Claudia Eccher, Felice Giuffré, ieri in un primo momento avevano deciso di non partecipare né al dibattito, né al voto sulla proposta di delibera.

Parlando di una ‘turbo istruttoria’, con tempi record che non si ricordano nella storia del Csm, i consiglieri laici passavano al contrattacco: «Difficile non pensare che, grazie a questa tempistica accelerata, – scrivevano – si sia voluto discutere questa pratica proprio all’indomani dell’approvazione della riforma della giustizia per polemizzare così con il Guardasigilli».

Oggi i laici di centrodestra non hanno partecipato alla discussione in plenum, ma hanno comunque garantito il numero legale al momento del voto. Il «senso delle Istituzioni, che i togati molte volte dimenticano pensando che tutto ruoti intorno a loro, – sottolineano – ci ha imposto questa scelta per non bloccare i lavori del Consiglio superiore della magistratura in un momento molto delicato per la giustizia nel nostro Paese». Ma concludono il loro intervento con toni tutt’altro che concilianti: «Con la riforma della giustizia in dirittura d’arrivo gli italiani fra qualche mese non assisteranno più a pericolose invasioni di campo che non giovano alle nostre Istituzioni».

E all’orizzonte non si intravedono spiragli che possano allentare il livello di scontro: lo dimostrano le parole della prima presidente della Cassazione Margherita Cassano, nel suo intervento in plenum dove è stata approvata la pratica a tutela di Piccirillo. «Assistiamo per la prima volta nella nostra storia repubblicana ad affermazioni altamente lesive della onorabilità, del prestigio e della credibilità che riguardano l’esercizio delle funzioni disciplinari del Csm preposto dalla Costituzione a garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura».

Il ministro nel suo intervento aveva infatti rivolto critiche anche alla sezione disciplinare. «Avrei voluto non giungere mai a questo momento che segna l’ennesimo strappo istituzionale – ha sottolineato Cassano – in un momento in cui invece tutti siamo e vorremmo essere esclusivamente impegnati nel garantire un clima di serenità, di coesione per favorire l’impegno della magistratura tutta nel conseguimento degli obiettivi fissati dal Pnrr. Trovo assolutamente incomprensibile che un ministro attacchi la sezione disciplinare del Csm, e attacchi una funzione cui egli stesso concorre. Questo assoluto tristissimo inedito nella nostra storia repubblicana ha reso e rende particolarmente non solo urgente ma anche doveroso l’intervento del Csm – ha concluso – per la prima volta nella storia repubblicana non abbiamo assistito a un attacco al singolo magistrato nell’esercizio della funzione, abbiamo assistito all’attacco del ministro della Giustizia nei confronti dei giudici della sezione disciplinare».

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