La coalizione guidata dal premier Shigeru Ishiba sconfitta alle elezioni, perde la maggioranza poco prima della scadenza dei dazi Usa
«Resterò in carica e farò tutto ciò che è in mio potere per tracciare un percorso verso la risoluzione di queste sfide». Le prime parole del Premier giapponese Shigeru Ishiba dopo le elezioni alla camera superiore del Parlamento nipponico segnalano la volontà di resilienza del politico.
Nonostante la sconfitta subita dal suo partito, il Partito Liberal-Democratico, e dall’alleato di governo Komeito, Ishiba intende tenere duro e guidare il Paese attraverso la difficile fase di negoziazione sui dazi con gli Stati Uniti. Ma a prescindere dalla volontà di Ishiba, la sconfitta subita nel fine settimana rischia di togliere terreno da sotto i piedi alla sua coalizione, ormai costretta a governare senza la maggioranza alla Camera dei Consiglieri e dopo un voto dall’alto valore politico.

La coalizione di governo ha infatti faticato sia nelle elezioni per circoscrizione che in quelle con il sistema proporzionale e i risultati rappresentare una dura condanna pubblica della leadership del Primo ministro Shigeru Ishiba. Principale accusa contro il politico mossa dagli elettori, quella di non aver contrastato efficacemente l’aumento dei prezzi e di non esser riuscito a rispondere ai dazi statunitensi.
Queste “sconfitte” interne ed esterne non hanno permesso alla coalizione di raggiungere i 50 seggi che gli sarebbero serviti a consolidare la presa sulla camera alta del Parlamento, di cui solo metà dei seggi erano in ballo in questa tornata elettorale.
Con solo 47 seggi conquistati, Komeito e il Partito Liberal-Democratico di Ishiba mantengono ora appena 121 posti alla Camera dei Consiglieri, uno stato di cose che potrebbe persino costringere il Primo ministro a tentare di allargare la sua coalizione facendo entrare al governo qualche altra forza politica. Un’ipotesi per ora allontanata dallo stesso Ishiba, che però potrebbe cambiare idea con l’accentuarsi della crisi politica nel Paese.
L’altro dato rilevante, in senso politico, nelle elezioni appena concluse in Giappone è la crescita della destra, un fatto storico per il Paese uscito così drammaticamente devastato dall’ultimo conflitto mondiale. Alla tornata elettorale dello scorso fine settimana il partito di estrema destra “Sanseito” (Partito della Partecipazione Politica) ha ottenuto 14 nuovi seggi alla Camera dei Consiglieri, passando dall’averne solo uno a poterne vantare una quindicina, fatto che rende questo giovane movimento politico la sesta forza nella camera alta del Parlamento nipponico.
Il partito è nato nel 2020 durante la pandemia di Covid-19, dove ha acquisito notorietà grazie a dei video su YouTube in cui si diffondevano teorie complottiste sui vaccini e, più in generale, sull’intera gestione della pandemia da parte delle autorità di Tokyo. Più recentemente, ha costruito la sua piattaforma su un programma nazionalista basato sul principio «prima i giapponesi», non molto diverso dall’agenda politica di molti alti gruppi di estrema destra attualmente in crescita in molti altri Paesi del globo. Negli ultimi anni, un altro dei cardini dei programmi politici di Sanseito è stato quello legato all’immigrazione.
Il leader del gruppo, Sohei Kamiya, ha puntato molto su questo tema, mettendo continuamente in guardia contro «un’invasione silenziosa di stranieri» che a suo dire sarebbe in atto in Giappone, un Paese in procinto di diventare nient’altro che una «colonia». Una visione che, cavalcando l’onda lunga del tradizionale scetticismo della società nipponica verso gli stranieri residenti sulle isole giapponesi, mira a ricalcare quella già professata da partiti europei quali il tedesco AfD e l’inglese Reform UK di Nigel Farage. Kamiya, in tal senso, ha fatto più volte esplicito riferimento a questi gruppi come ad esempi «virtuosi» da emulare.
Il rapido ed esponenziale aumento di popolarità di Sanseito riflette, secondo gli analisti politici locali, il crescente disagio della popolazione nipponica nei confronti dell’immigrazione e del turismo di massa, questioni che il governo al potere ha cercato di affrontare anche tramite un nuovo comitato creato pochi giorni prima delle elezioni. Una risposta lanciata proprio per arginare la crescita di partiti come Sanseito ma non recepita positivamente da una parte della società giapponese che ha letto questa manovra come un mero tentativo di tamponare il problema in vista delle elezioni.
Per la coalizione al potere, ed in particolare per il Partito Liberal-Democratico, l’ascesa di Sanseito è un problema esistenziale. Gran parte della base elettorale del nuovo gruppo di estrema destra pesca infatti a piene mani tra i vecchi sostenitori dei liberl-democratici e in particolare tra quella frangia conservatrice rimasta legata alla retorica nazionalista del defunto ex-Primo ministro Shinzo Abe.
Per questa ampia fetta dell’elettorato conservatore le posizioni di Ishiba risultano fin troppo lontane da quelle tradizionali del partito e lo stesso Primo ministro è giudicato troppo poco carismatico e legato al passato da “grande potenza” del Giappone per poter gestire le difficili sfide geopolitiche che aspettano il Paese nel prossimo futuro. Tutto ciò, unito ad un’efficace campagna elettorale che ha spinto molto sulle questioni economiche che più premono ad una parte della popolazione cittadina giapponese, ha fatto sì che Kamiya riuscisse a sottrarre una quota non indifferente di sostenitori ai rivali conservatori.
Se questo stato di cose sia un cambiamento destinato a continuare anche in futuro o sia piuttosto una virata a destra momentanea dovuta ad un voto di protesta è però ancora presto per dirlo. Ciò che è chiaro, in questa fase, è che lo scenario politico nipponico è un mutamento e che gli antichi equilibri di potere che hanno governato le isole giapponesi dal dopo guerra sono ormai incrinati.