A gennaio, prima del giuramento, il presidente Usa ha ricevuto una bottiglietta commemorativa di Diet Coke. L’azienda: «Ci saranno novità»
Dazi e Fed, i due chiodi fissi del presidente Trump, che nel frattempo sta insidiando anche la Coca-Cola chiedendo un cambio di ricetta. «Ho parlato con l’azienda per l’utilizzo di vero zucchero di canna nella Coca-Cola (invece dello sciroppo di mais) e hanno accettato. Vorrei ringraziare tutti coloro che ricoprono ruoli dirigenziali in Coca-Cola». Coca-Cola, tuttavia, non conferma ufficialmente, limitandosi a far sapere che “ci saranno novità”.
Attualmente, nella ricetta statunitense è impiegato sciroppo di mais, ingrediente al centro della battaglia del ministro della sanità Robert F. Kennedy, promotore della campagna “Maha” (Make America Healthy Again), per rendere più sana l’alimentazione degli americani. La sostituzione dello sciroppo con lo zucchero di canna, già nelle versioni europee e messicane, potrebbe far lievitare i prezzi e colpire duramente l’industria del mais. L’allarme arriva direttamente dalle associazioni agricole, che parlano di migliaia di posti di lavoro a rischio, soprattutto in Iowa, lo Stato simbolo della produzione di mais e tradizionale roccaforte trumpiana.
Al contrario, il cambiamento favorirebbe la Florida, altro Stato repubblicano e tra i principali produttori di zucchero di canna. Ma buona parte di questo zucchero viene importata, in particolare dal Brasile, a cui Trump aveva imposto dazi del 50%.

Nonostante la sua nota passione per la Diet Coke, famosa la presenza del “bottone della Coca” sul Resolute Desk nello Studio Ovale, Trump ha avuto un rapporto complicato con l’azienda. Nel 2021, Coca-Cola criticò apertamente il tentativo dei Repubblicani di limitare l’accesso al voto in Georgia, suscitando l’ira dell’ex presidente. Già nel 2012, Trump aveva attaccato la Diet Coke sostenendo che “fa ingrassare”, salvo poi dichiarare che avrebbe continuato a “bere quella spazzatura”. A gennaio, poco prima del secondo giuramento, ha ricevuto dalla compagnia una bottiglietta commemorativa di Diet Coke, segnale di una possibile riconciliazione.
Nata in una farmacia di Atlanta, la Coca-Cola è diventata un’icona globale. Nonostante l’avanzata del salutismo, continua a mantenere fascino e successo. La lista degli ingredienti è nota, ma le dosi restano segrete. Inventata negli anni Ottanta dell’Ottocento dal colonnello confederato John Pemberton come tonico medico per curare la dipendenza da morfina, la ricetta originaria conteneva cocaina.
Dazi, l’apertura sull’Europa
Intanto il presidente Usa apre uno spiraglio sulla trattativa con l’Europa per i dazi. Mentre nel suo mirino resta il presidente della Fed, Jerome Powell, soprannominato «troppo tardi».
Due questioni su cui Trump insiste molto e che stanno destabilizzando i mercati globali, con forti ripercussioni sulle Borse. Il presidente ha nuovamente chiesto a Powell, tramite Truth Social, di abbassare i tassi d’interesse. «Grandi numeri. Tagliate i tassi» ha scritto, riferendosi ai dati positivi su disoccupazione, vendite al dettaglio e fiducia dei costruttori.
Sul fronte dei dazi, ieri ha lanciato un messaggio all’Ue: «È probabile raggiungere un accordo con l’Europa». Le Borse europee hanno reagito con entusiasmo: rialzi a Francoforte, Parigi e Milano, spinte dai settori industriale ed energetico. Ma l’ottimismo è moderato: «L’Unione Europea è stata brutale con noi, ora vuole un accordo. Sarà molto diverso da quello avuto finora», ha chiarito Trump.
Commissari Ue Sefcovic a Washington per trattare
Il commissario Ue al Commercio, Maros Sefcovic, si trova a Washington per trattare. L’obiettivo, almeno per ora, è chiudere entro il 1° agosto. Ma con Trump nulla è certo: con il Giappone ha già ipotizzato un rinvio, e anche con l’Ue potrebbe concedere più tempo. Bruxelles, intanto, prepara un elenco di controdazi da attivare in caso di fallimento. Trump ha inoltre dichiarato di voler inviare lettere a oltre 150 Paesi per notificare dazi tra il 10 e il 15%.
Paesi come India (vicina a un accordo) e Canada (in stand-by) restano osservati speciali. Lo scenario resta incerto. Giorgia Meloni, parlando al congresso della Cisl, ha ribadito: «Scongiurare una guerra commerciale con gli Usa è fondamentale. Colpirebbe i lavoratori». Daniela Fumarola (Cisl) ha espresso preoccupazione: «Le nuove tariffe potrebbero interessare 150mila lavoratori. Serve una strategia forte dell’Europa».
Confindustria stima, con dazi al 10%, perdite all’export verso gli Usa per circa 20 miliardi (12-13 miliardi netti). Con dazi al 30%, l’impatto arriverebbe al 43%, pari a 38 miliardi di export in meno, quasi la metà dei 65 miliardi dello scorso anno. E la capacità di recupero su altri mercati è incerta. Gli Usa restano un mercato strategico per l’Italia.
Formaggi, il settore più colpito
Il settore più colpito sarebbe l’agroalimentare, in particolare i formaggi. Mauro Frantellizzi (Lactalis): «Un dazio oltre il 60% penalizzerebbe formaggi come mascarpone e Pecorino Romano, fondamentali per la ristorazione italiana all’estero». Coldiretti stima un danno da 2,3 miliardi. «I rincari per i consumatori americani si tradurranno in richieste di sconto agli esportatori italiani». E aumenta il rischio di contraffazioni, con i “falsi” Made in Italy che già valgono 40 miliardi negli USA.
Intanto si registrano i primi effetti. In Gran Bretagna, uno dei primi Paesi a firmare un accordo con dazi al 10%, Jaguar Land Rover ha annunciato il taglio di 500 posti manageriali. Ad aprile aveva sospeso le spedizioni e nel secondo trimestre ha registrato un -15% di vendite. A maggio, l’export di auto britanniche è crollato del 55%.