24 Dicembre 2025

Direttore: Alessandro Barbano

23 Dic, 2025

Gianni Alemanno e quel tabù di Natale chiamato carcere

Gianni Alemanno

Mentre il Presidente Mattarella firma cinque grazie, Gianni Alemanno passa il Natale in carcere. Un caso che riaccende il dibattito rimosso sul sistema penitenziario


Mentre il Presidente della Repubblica firma la grazia per cinque condannati, Gianni Alemanno si appresta a terminare il suo primo anno nel carcere di Rebibbia. Era il 31 dicembre 2024 quando l’ex sindaco di Roma ed ex ministro, condannato per traffico di influenze illecite in uno dei due filoni del processo “Mondo di mezzo”, finiva in cella per la “gravissima e reiterata violazione delle prescrizioni imposte” nell’ambito dell’affidamento ai servizi sociali.

La riflessione sul carcere

Non è questa la sede per esprimere giudizi su un reato dai contorni non sufficientemente definiti né sulla “mostrificazione” di un esponente politico reo di non aver rispettato gli orari stabiliti e di aver falsificato documenti per spostarsi fuori dai confini del Lazio.

Né si intende contestare a Sergio Mattarella l’opportunità di graziare uno scafista libico e di lasciare Alemanno in cella. Ciò che merita una riflessione sono l’indifferenza, le contraddizioni e quella insopprimibile tendenza al populismo penale che la politica italiana di ogni colore mantiene davanti alle lettere con cui, da un anno a questa parte, lo stesso Alemanno denuncia le vergognose condizioni di vita dei detenuti.

Un disinteresse che nemmeno il monito del presidente del Senato, Ignazio La Russa, è riuscito finora a scalfire. Anzi, a dirla tutta, sembra che nemmeno il dramma di uno dei suoi storici esponenti sia servito alla destra italiana per accorgersi della “discarica sociale” alla quale il carcere si è ridotto.

L’altolà di Mantovano

Alfredo Mantovano ha alzato un muro davanti all’ipotesi di un indulto che consentisse ai detenuti a fine pena di trascorrere il Natale a casa. Non solo: il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e “alter ego” della premier Giorgia Meloni si è detto convinto che il governo risolverà il problema del sovraffollamento carcerario nel giro di due anni, attivando nuovi posti nei penitenziari e adottando una serie di misure strutturali.

Queste ultime, però, potrebbero non bastare. A fine settembre 2022, cioè all’indomani delle elezioni che sancirono il trionfo del centrodestra, i detenuti in Italia ammontavano a 55.835 con un tasso di sovraffollamento del 110%; oggi, a poco più di tre anni di distanza, il loro numero è lievitato a 63.868, con un tasso di sovraffollamento che tocca il 135% e casi come quello del carcere di Lucca in cui i reclusi sono 829 a fronte di soli 357 posti disponibili. Se la tendenza è quella conclamata dai numeri, i provvedimenti annunciati da Mantovano rischiano di rivelarsi tardivi e insufficienti.

Le contraddizioni di Nordio

Ma il governo di cui fa parte Mantovano è lo stesso di Carlo Nordio, ministro della Giustizia che pochi giorni fa, in occasione del congresso di Nessuno tocchi Caino, ha annunciato una riforma del codice di procedura penale ispirata a «presunzione di innocenza, certezza della pena che non può essere contraria al senso di umanità, rieducazione del condannato». Nella stessa circostanza, Nordio ha sostenuto la necessità di limitare la carcerazione preventiva e di sfoltire le presenze nei penitenziari cominciando dalle «oltre 15mila persone in detenzione che non scontano una condanna definitiva».

Ma il guardasigilli non avrà gioco facile, se è vero come è vero che nel 2022, in occasione del referendum promosso da Lega e Radicali, Fratelli d’Italia, oggi partito di maggioranza relativa, si schierò contro la limitazione del ricorso alla custodia cautelare.

La gaffe di Delmastro

Ancora, il governo di Mantovano e Nordio è lo stesso di cui fa parte Andrea Delmastro, che nel 2024, in occasione di una visita nelle carceri di Brindisi e Taranto, precisò di volersi rivolgere soltanto alla polizia penitenziaria e di non volersi «inginocchiare alla Mecca dei detenuti». Parole di certo non in linea col ruolo istituzionale di un sottosegretario alla Giustizia e col dettato di quell’articolo 27 della Costituzione che ammette la privazione della libertà ma non della dignità dei detenuti.

Le pulsioni securitarie

Insomma, in tre anni di governo la destra ha dimostrato quanto ancora troppo forti siano le sue pulsioni securitarie, la tendenza a regolare le questioni sociali azionando la leva penale e l’indisponibilità ad adottare un impopolare ma necessario atto di clemenza nei confronti dei detenuti. Paradossalmente, però, questa caratteristica accomuna i governi conservatori e quelli di matrice apparentemente più liberale o dichiaratamente progressista.

Perché se è vero che al governo Meloni va addebitata l’introduzione di decine di nuovi reati, in aperto contrasto con l’ampia depenalizzazione a suo tempo promessa da Nordio, è altrettanto vero che gli esecutivi precedenti si sono comportati allo stesso modo.

I governi precedenti

Nel 2022, con Mario Draghi premier, il Partito democratico propose una riforma dei reati contro il patrimonio culturale che introdusse ben undici nuovi illeciti col sostegno di tutti i partiti. Nel 2019 il governo Conte I, frutto del diabolico patto tra il moralismo giustizialista del Movimento Cinque Stelle e il populismo penale della Lega, varò la riforma del cosiddetto Codice rosso che al suo interno conteneva quattro nuove fattispecie di reato col dichiarato (e sacrosanto, per carità) intento di tutelare le vittime di violenze di genere. Senza dimenticare l’abrogazione della prescrizione, il no al processo abbreviato per i reati puniti con l’ergastolo e le nuove norme in materia di legittima difesa e lotta alla corruzione.

E a politiche di impostazione securitaria fecero ricorso anche governi progressisti come quelli di Amato e Prodi con i “pacchetti Sicurezza” approvati rispettivamente nel 2001 e nel 2008.

L’uso demagogico del diritto penale

Ciò che accomuna destra e sinistra, dunque, è quello che un grande giurista come Luigi Ferrajoli ha definito «uso demagogico e congiunturale del diritto penale», cioè la tendenza della politica nazionale a servirsi dello strumento penale per assecondare gli umori dell’elettorato e guadagnare qualche voto in più. Ma «la criminalizzazione scriteriata» di cui ha parlato anche Denis Salas spiana la strada non solo al sovraffollamento carcerario e alle disumane condizioni di vita in cella denunciate da Alemanno, ma anche e soprattutto alla spettacolarizzazione della giustizia, al ruolo moralizzatore della magistratura, alla riduzione degli spazi di manovra della (buona) politica, all’esasperazione della paura, allo sgretolamento della presunzione di innocenza e del giusto processo, alla demolizione di principi come inviolabilità della libertà umana, funzione rieducativa della pena e divieto di trattamenti degradanti. In altre parole, al crollo dei valori sui quali si reggono le democrazie liberali e che sono sanciti dalla Costituzione.

Una narrazione da ribaltare

Tutto ciò dimostra quanto sia indispensabile ribaltare la narrazione populista e giustizialista oggi dominante. Il che significa sostenere che sì, il sistema penitenziario è allo stremo, che l’uso della custodia cautelare è troppo largo, che la pena può ben essere scontata al di fuori del carcere come oggi avviene per circa 50 mila persone, che il diritto penale non può regolare ogni aspetto della vita senza che ciò comporti il rischio di sfociare nell’autoritarismo e di ledere i principi della Costituzione. Un compito, quest’ultimo, che Gianni Alemanno sta portando avanti con dignità e tenacia ormai da un anno, ma che spetta a tutti gli esponenti politici. A cominciare da chi incarna i valori costituzionali.

Perciò sarebbe il caso che, dopo aver firmato i cinque provvedimenti di grazia, il presidente della Repubblica rivolgesse alle Camere un messaggio per sollecitare non solo un atto di clemenza nei confronti dei detenuti, che già i soli numeri rendono non più differibile, ma soprattutto il rientro della politica nel perimetro della Costituzione.

Una voce delle notizie: da oggi sempre con te!

Accedi a contenuti esclusivi

Potrebbe interessarti

Le rubriche

Mimì

Sport

Primo piano

Nessun risultato

La pagina richiesta non è stata trovata. Affina la tua ricerca, o utilizza la barra di navigazione qui sopra per trovare il post.

EDICOLA