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Nato comprerà armi per Kiev. Trump: «Noi inviamo, Europa paga»

Zelensky e Trump

La strategia concordata con i Volenterosi europei. L’Ue prepara le sanzioni contro Mosca, pesa il veto slovacco

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Archiviata la riunione della “coalizione dei volenterosi” di giovedì, che per la prima volta ha visto la partecipazione di un inviato americano, in Europa è ricominciata la lotta per l’approvazione del 18esimo pacchetto di sanzioni alla Russia. Come più volte accaduto, i colloqui stanno andando per il lungo. A prolungarli i soliti noti, Slovacchia e Ungheria, con Bratislava, in particolare, che non sembra affatto convinta delle garanzie fin qui offerte per le sue aziende che importano petrolio russo.

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Al di là delle bagarre europee, giovedì è stato delineato nel dettaglio il piano operativo della “coalizione dei volenterosi”, è giunto il momento di tirare le somme e cercare di capire i meccanismi, i partecipanti, le tempistiche e soprattutto la realizzabilità del progetto portato avanti dalla coalizione.

Partiamo dall’obiettivo strategico, che incidentalmente risulta anche essere l’elemento più importante dell’intera faccenda. Lo scopo della coalizione, formata da quasi tutti i Paesi Ue, dal Canada e dagli alleati del Pacifico (Giappone, Australia e Nuova Zelanda), è fornire all’Ucraina una forza di rassicurazione che funga da deterrente contro possibili future aggressioni russe, da dispiegare in territorio ucraino dopo l’entrata in vigore di un cessate il fuoco.

Starmer e Macron, parlando congiuntamente da Londra, hanno spiegato che verrà creato un quartier generale operativo multinazionale a Parigi, guidato congiuntamente da Francia e Regno Unito. Dopo 12 mesi la sede cambierà, spostandosi a Londra.

In particolare, i leader hanno spiegato che saranno tre gli obiettivi delle forze della coalizione: primo, ripristinare e rafforzare le capacità operative dell’esercito ucraino tramite l’invio di addestratori e consulenti militari occidentali in Ucraina, fornendo al contempo armamenti e supporto logistico; secondo, garantire la sicurezza dei cieli ucraini, un obiettivo da raggiungere con il dispiegamento di caccia e sistemi di difesa aerea nei paesi Nato confinanti, con possibilità d’intervento in caso di violazione dello spazio aereo; terzo, proteggere le rotte commerciali verso i porti ucraini nel Mar Nero e procedere allo sminamento della zona.

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Lo scoglio da superare, al momento insormontabile, è che tutto il piano verrebbe attivato solamente in seguito all’entrata in vigore di un cessate il fuoco fra Russia e Ucraina. Il problema (di non difficile risoluzione) è che il divieto di dispiegamento di truppe occidentali in Ucraina e l’interruzione del flusso di aiuti sono due condizioni imprescindibili per Mosca al fine di implementare un cessate il fuoco.

Vladimir Putin ha iniziato l’invasione motivandola con il timore che l’Ucraina entrasse nella Nato, il fatto che quest’ultima assuma il nome di “coalizione dei volenterosi” non cambia le carte in tavola per Mosca. Sembra invece diversa l’aria che tira a Washington, dove il recente cambio di tono del Presidente americano nei confronti della Russia e di Putin inizia a intravedersi anche nei fatti.

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Prima di tutto, Trump ha dato il via libera all’invio di munizioni per l’artiglieria e di razzi GMLRS facenti parte degli ultimi pacchetti di aiuti militari approvati dalla Presidenza Biden. Adesso, il tycoon ha dato anche il via libera all’invio di armi, a patto che queste vengano pagate.

Intervistato dalla rete televisiva Nbc, Trump ha affermato: «Stiamo inviando armi alla Nato, e la Nato pagherà per quelle armi, al cento per cento. Invieremo sistemi Patriot, e poi la Nato li distribuirà». Non disponendo l’Alleanza Atlantica di un suo budget di spesa, il Presidente americano faceva riferimento ai Paesi europei dell’Alleanza. Alcuni membri, infatti, come confermato dallo stesso Zelensky durante la Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina, si sono proposti di acquistare alcuni sistemi di difesa aerea Patriot (ancora da produrre) da girare poi all’Ucraina.

La Germania avrebbe accettato di finanziare l’acquisto di due batterie, la Norvegia ben quattro e l’Italia una.
Questo nuovo metodo di aiuto militare all’Ucraina sarebbe l’ideale per gli Stati Uniti, che prenderebbero “due piccioni con una fava”: da una parte aumentando gli aiuti militari all’Ucraina, dall’altra facendolo senza dover spendere neanche un dollaro.

Non bisogna infatti dimenticare che uno dei punti forti della campagna elettorale di Trump riguardava lo stop all’invio di aiuti gratuiti (militari e finanziari) all’estero, Ucraina compresa, oltre che più in generale al porre fine agli interventi militari esterni, che fossero diretti o per procura.

Questo metodo di aiuto all’Ucraina, pagato fino all’ultimo centesimo, permetterebbe a Trump di salvarsi la faccia di fronte alla sua base elettorale, già fortemente in subbuglio per l’intervento contro l’Iran e l’affare legato al caso Epstein. Ma la base trumpiana dell’universo Maga (Make America Great Again) potrebbe presto dover fare i conti con un altro voltafaccia del Presidente.

Secondo Reuters, che cita due fonti vicine alla faccenda, Trump potrebbe annunciare a breve l’invio di armi americane all’Ucraina per un valore di 300 milioni di dollari, facendo uso del potere presidenziale noto come Drowdown Authority, che permette di trasferire rapidamente armi ed equipaggiamenti già presenti nei magazzini del Dipartimento della Difesa verso alleati stranieri in situazioni di crisi.

Giusto ieri, il comitato per i servizi armati del Senato ha approvato un emendamento al National Defense Authorization Act, per l’anno fiscale 2026, che include un pacchetto di 500 milioni di dollari di assistenza alla sicurezza per l’Ucraina. Trump ha promesso che lunedì prossimo verrà annunciata una sua decisione «molto importante» in merito al conflitto ucraino.

Un fatto confermato anche ieri, quando ad una domanda relativa ad un drone russo che ha causato danni collaterali a un ospedale a Kharkov il Presidente ha risposto: «Lo so, vedrete cosa succederà». Se l’invio di ulteriori aiuti militari, a questo punto molto probabile, contribuirebbe in maniera dirompente a rompere l’unità della base trumpiana, che vede negli isolazionisti una componente molto forte, lo stesso non accadrebbe in caso di imposizione di nuove sanzioni alla Russia.

Qui Trump potrebbe usare la tattica impiegata nel dossier dazi, annunciando l’entrata in vigore di nuove sanzioni entro una certa data in caso di mancato raggiungimento di una risoluzione del conflitto.
Lunedì avremo le nostre risposte.

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