Il campione italiano vince in un’ora e 55 minuti: “Guardavo questo torneo in TV da piccolo. Dietro questo risultato c’è tanto lavoro”
WIMBLEDON – Trentacinque giorni dopo il Philippe Chatrier del Roland Garros si rincomincia nel Centre court di Church road. Esattamente dove eravamo rimasti, Jannik e Carlos, di nuovo loro, una nuova finale. Saranno il numero uno e il numero due del mondo a decidere il vincitore degli Championships 2025.
E nelle teste di entrambi si ricomincerà esattamente da quei tre match ball e due set avanti che a Parigi Sinner non seppe trasformare in vittoria. E’ probabile che la rabbia di quella sconfitta – o di quella vittoria lasciata andare via – si trasformi in benzina in più nella testa e nel braccio di Jannik. Vista dall’Italia, quattro anni dopo l’Italia torna in finale a Wimbledon.
Nel 2021 fu Matteo Berrettini a fronteggiare Djokovic a cui riuscì a strappare un set. Nel 2023 fu la prima volta di Sinner in semifinale a Wimbledon e fu sempre il serbo a chiudergli la strada. L’anno scorso fu Medvedev ad eliminarlo nei quarti in un partita thriller al quinto set, Sinner ebbe ad un certo una crisi di respirazione e solo un paio di mesi dopo capimmo che razza di macigno si portava dentro (l’inchiesta per il Clostebol).
“Sei il quinto giocatore nell’era open con Federer, Nadal, Djokovic e Murray ad aver raggiunto la finale in tutti gli slam” ha detto l’intervistatore a fine match. “Sono in buona compagnia” ha scherzato Sinner.
Sinner e Djokovic sono entrati in campo alle cinque del pomeriggio conoscendo già il primo finalista: Carlos Alcaraz aveva appena vinto in quattro set contro Taylor Fritz. Una partita “facile” per l’azzurro: 6-3/6-3/6-4 in un’ora e 55 minuti. Nessun pathos né incertezza anche perché, senza nulla togliere a Sinner, è stato subito evidente che il serbo non era al massimo nei movimenti in genere e soprattutto nei laterali.
Non era il solito uomo di gomma che arriva in allungo dovunque e riesce a caricare il colpo anche con la testa a terra. La caduta-scivolata alla fine del match contro Cobolli mercoledì sera ha lasciato il segno all’altezza dell’inguine e dei muscoli dell’interno coscia soprattutto nella gamba destra. Motivo per cui Djokovic giovedì non si è allenato e ieri mattina, prima del match, ha fatto un lunghissimo riscaldamento.

Un Djokovic al 60% insomma: soprattutto sul lato del dritto il serbo ha mostrato un deficit evidente negli appoggi laterali, cioè scivolava ma non riusciva a risalire con le gambe in tempo per colpire. In pratica gli è mancato il suo marchio di fabbrica. Tanto che ha cercato di andare spesso a rete per evitare scambi da fondo campo dove veniva puntualmente travolto dalla potenza di Sinner.
Tutto questo non toglie nulla al gioco di Sinner (che pure si è scusato con Nole a fine match). “Ho servito molto bene e mi sentivo solido sugli appoggi” ha detto a fine partita alzando le braccia al cielo verso il suo angolo. La rivincita contro Carlos è l’appuntamento cui Jannik ha iniziato a lavorare un secondo dopo aver lasciato Parigi un mese fa.
Oggi sono arrivati babbo Hanspeter e il fratello Mark. Non si è vista mamma Siglinde ma è probabile che si rifiuti di vivere un’altra esperienza come quella della finale di Parigi. Sinner ottimo anche nei recuperi in avanti e nel tocco: il serbo ha provato a spezzare il ritmo – era anche l’unica cosa da fare – ma l’azzurro è sempre stato pronto negli spostamenti e nelle scelte, lob, palle angolate, passanti.
I primi due set sono stati una pratica fin troppo semplice per Jannik: doppio 6-3 con i break nel terzo e nel secondo game, ripetuti sul 4-2. Djokovic ha cercato, per limitare gli scambi da fondo campo, di andare spesso a rete, non esattamente la sua cifra, dove però è stato puntualmente travolto dalla potenza e dalla precisione dei passanti di Sinner.
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Unplayable” ingiocabile, il commento dei giornalisti stranieri nella tribuna stampa. Nel terzo set Djokovic ha avuto un sussulto complice anche un calo di tensione per Sinner, lo ha breakkato ed è arrivato sul 3-0. Il controbreak dell’azzurro è arrivato al quinto game e la pratica si è chiusa lì.
Anche l’altra semi non è stata così tanto emozionate. Alcazar se l’è presa in poco più di tre ore (6-4/5-7/6-3/7-6). Il gioco di Fritz è monocorde e poco si presta alla variazioni di una superficie viva come l’erba. L’americano, la cui arma è il servizio, aveva solo una chance: cercare di evitare lo scambio dove lo spagnolo è nettamente superiore perché sa comandare così bene la palla che la racchetta sembra la mano.
Il secondo set lo ha vinto Fritz 7-5 perché non ha ceduto mai il servizio. Alla lunga però lo spagnolo ha saputo salire in cattedra con la sue variazioni e traiettorie “magiche”. Nel terzo set Carlos-Carlitos ormai per tutti “Charlie” ha vinto sedici punti su diciassette nel suo servizio. L’unico che ha perso è stato per un doppio fallo.
Il pubblico del Centre court, con il suo humour british, ha sorriso più per la voce della macchinetta guarda linee che chiamava “out” anche palle ormai fuori gioco che non per le emozioni del campo. Si è scaldato poco in applausi e cori. Forse anche perché assai impegnato con i ventagli per cacciare via un caldo afoso molto pesante.
Due parole su Djokovic per dire che non sarà questo il suo ultimo match a Wimbledon, “magari l’anno prossimo ma non ho ancora pianificato nulla, ne parlerò con la mia famiglia e con il team”. L’analisi del serbo è lineare e secca: “Io mi alleno e se sto bene arrivo tra i best four in tutti gli slam. Solo che poi mi trovo davanti Jannik (a Parigi) o Carlos e loro sono troppo più giovani, in forma e prestanti. Io voglio giocare ma il mio corpo non risponde più come vorrei. E’ con questo che mi devo confrontare”.
Domenica quindi, ore 16, Centre court, Sinner vs Alcaraz, per la finale che tutti aspettano e per una rivalità che è già epica.